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'PViìI Ma^J'f.i
HARVARD COLLEGE
LIBRARY
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<E.B DO
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From the Bequest of
MARY P. C NASH
IN MEMORY OF HBR HUSBAND
BENNETT HUBBARD NASH
Instructor «ad P ro fm oc of Italian and Spaoiah
I 866-1894
^
BIBLIOTECA DI CULTURA
MODERNA
BENEDETTO CROCE
CIÒ CHE È VIVO
li CIÒ CHE È MORTO
DELLA FILOSOFIA 01 HEGEL
CON IN SAilQK) DI BIBLIOGRAFIA
HECELIANA.
^N
K't-fl.
J<
FILOSOFIA DI HEGEL.
DELLO STESSO AUTORE:
Materialismo storico ed economia marxistica, Saggi
critici, 1900, 2 a edizione, con l'aggiunta di nuovi
saggi sul principio economico. Palermo, Sandron,
1907.
Traduzione franoese: Paris, Giard et Brière, 1901.
Estetica come scienza dell'espressione e linguistica gè-
nerale, Teoria e storia, 1902 ; 2 a edizione, Palermo,
Sandron, 1904.
Traduzione francese: Paris, Giard et Brière, 1904; tedesca,
Leipzig, Seemann, 1905.
Lineamenti di una Logica come scienza del concetto
puro. Napoli, tip. Giannini, 1905 (estratto dagli
« Atti delF Accademia Pontaniana », voi. XXXV).
LA CRITICA
RIVISTA DI LETTERATURA, STORIA E FILOSOFIA
DIRETTA DA B. CROCE
ANNO IV
Si pubblica ogni due mesi
Direzione: Via Atri, 23 - Napoli
GIUS. LATERZA & FIGLI, Editori - BARI,
BENEDETTO CROCE
CIO CHE E VIVO
E CIÒ CHE È MORTO
DELLA FILOSOFIA DI HEGEL
STUDIO CRITICO
SEGUITO
DA UN SAGGIO DI BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
1907
GIUS. LATERZA & FIGLI
TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI
BARI
piai 3+z5.io°>.i\
PROPRIETÀ LETTERARIA
/ HARVARD
•'N'VERSITYl
IIRDAPV
! JAN-21 1966
A '<■• /
SETTEMBRE MCMVI - 14601
AVVERTENZA
Insieme con questo volumetto vien fuori,
presso lo stesso editore, V Enciclopedia delle
scienze filosofiche di Hegel, da me tradotta
per la collezione dei Classici della filosofia mo-
derna, che si pubblica a cura mia e del mio
amico prof. G. Gentile.
Secondo il disegno di quella collezione, le
introduzioni ai singoli testi debbono avere puro
carattere filologico; e ne resta affatto esclusa
ogni discettazione di carattere critico- filoso fico.
Ma io non ho saputo resistere al desiderio di
mettere in iscritto l'introduzione critico-filoso-
fica, che mi s 9 era formata in mente, relativa
all'opera di Hegel; cioè il mio modo di vedere
circa il valore e le manchevolezze di quella
filosofia. E poiché, — com'è ben naturale, —
non ho pensato neppure per un istante a vio-
lare la legge da me stesso stabilita, pubblico
ora quel mio scritto, non come introduzione,
ma come libro che sta da sé.
Ciò valga a chiarire lo scopo, l'indole e i
limiti della presente trattazione.
VI
Nella speranza che Ut traduzione dell'Enci-
clopedia,, e queste mie indagini critiche, possano
concorrere a risvegliare in Italia lo studio di
quel gigante del pensiero che fu Hegel, faccio
seguire al mio scritto una bibliografia delle
opere di Hegel e dei lavori intorno ad esse:
che è sorta da una serie di appunti presi dap-
prima per mio uso personale, ed è certamente
meno di quello che occorrerebbe per una com-
pleta Bibliografia hegeliana; ma, a ogni modo,
è qualcosa di più degli elenchi bibliografici,
che si hanno finora.
Napoli, marzo 1906.
B. C.
SOMMARIO
i.
La dialettica
o la sintesi degli opposti.
Il dominio di Hegel : la logica della filosofia — Diffi-
coltà che incontra questo concetto — Tratti fondamentali
della dottrina logica di Hegel — Ma noi ci fermeremo sul
punto capitale e più controverso : la dialettica o il pro-
blema degli opposti — I distinti e gli opposti — Esigenza
dell'unità nel dissidio degli opposti — Tentativi unilate-
rali di risolvere il problema — Impossibilità di eluderlo
— Il pensiero ingenuo e il pensamento degli opposti —
La poesia e la visione della realtà — Esigenza di una
forma logica, analoga alla forma estetica — La scoperta
di Hegel : la sintesi degli opposti o la dialettica — Verità
di questa soluzione — Impossibilità di pensare altrimenti
— La dialettica positiva, e la dialettica negativa — La
confusione tra le due dialettiche, e la consequente obie-
zione circa la sterilità della dialettica — La falsa idea
della logicità, e l'obiezione circa l'indebito elemento in-
tuitivo introdotto da Hegel — L'obiezione circa la pazzia,
della quale sembra presa la realtà per effetto della dia-
lettica — L'obiezione, che Hegel rifiuti il principio di
identità — Ciò che Hegel rifiuta è, invece, la falsa appli-
cazione del principio d'identità — La dialettica è il trionfo
del principio d'identità, rettamente inteso.
vni
IL
Chiarimenti
CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA.
La storia del principio dialettico e la storia generale
della filosofia — Precedenti della scoperta hegeliana —
Zenone e la dialettica del movimento — Eraclito e il di-
venire — I dialoghi dialettici di Platone — Gnostici e
neoplatonici — Niccolò da Cusa e la coincidentia oppo-
sitorum — Giordano Bruno — Jacopo B6hme — La dia-
lettica e la filosofia dopo Cartesio — Barlumi in Vico e
in Hamann — La rivoluzione kantiana: germi dialettici
nella filosofia di Kant — Fichte e Schelling — Progresso
di Hegel su Schelling — Superiorità e originalità del
pensiero di Hegel, che comprende e corregge i punti di
vista dei suoi predecessori.
III.
La dialettica
E la concezione della realtà.
Hegel come pensatore dialettico effettivo — La ricon-
quista dell'unità e compattezza del reale — La critica dei
falsi distinti e dei falsi opposti : del falso infinito e della
cosa in sé — La sintesi dei veri opposti — Il negativo come
molla del reale — L'identificazione del razionale e del
reale — - Superamento dell'ottimismo e del pessimismo —
Concezione drammatica e tragica della vita — Hegel giù-
IX
stifica non il male, ma la funzione del male — Polemica
contro gli scontenti della vita, gli umanitarii, i predica-
tori di virtù — La « commedia della virtù » — Le passioni
dell'uomo e V astuzia della ragione — I grandi uomini —
La concezione di Hegel è di là dai partiti politici ; ma
è la base razionale di ogni vera politica — Conseguenza
della sintesi degli opposti e della distruzione dei falsi
opposti: T importanza data alla storia nel sistema di
Hegel — Tutta la storia diventa storia sacra — Negazione
della trascendenza: irreligiosità, e insieme religiosità
profonda del sistema — Paragone con Giambattista Vico
—7 Vico e la religione — Vico e il senso storico — "L'astu-
zia della ragione di Hegel, e la Provvidenza vichiana —
La Fenomenologia dello spirito e la Scienza nuova.
rv.
Il nesso dei distinti
e la falsa applicazione della forma dialettica.
Malgrado il grande elemento di verità esposto di so-
pra, diffidenza e ripugnanza che suscita il sistema di
Hegel — La ripugnanza è fondata; e non si spiega
con gli errori storici e naturalistici di Hegel, e con al-
trettali piccole cause — La causa della ripugnanza de-
v'essere in un errore filosofico — Giustamente, quanto
al metodo, è stata cercata nella sua dottrina logica — Ma
Terrore non è nella dialettica — La teoria dei concetti
filosofici distinti — Impossibilità di ordinarli col metodo
classificatorio delle scienze naturali — Hegel, e non Her-
bart, è il vero critico della dottrina delle facoltà del-
V anima — Nella logica filosofica, alla teorìa della classi-
ficazione si sostituisce la teoria dei gradi — Precedenti
storici : Vico ; il sensismo e Condillac; Fichte ; Schelling"
e il metodo delle potenze — Paragone tra il nesso dei
distinti e la sintesi degli opposti, tra la teoria dei gradi
e la dialettica — Differenze logiche profonde tra i due
rapporti — Nella teoria dei gradi manca la negazione o
contradizione, che appartiene alla teoria del concetto in
generale — Erroneità del trasportare il procedere dialet-
tico ai concetti distinti — Hegel confonde le due teorie,
e cade neir errore di far la dialettica dei distinti. —
Questo è il primo grande caso di abuso della dialettica,
che si trova in lui — Esempii della confusione — Da
questo errore discendono tutti gli altri del sistema.
V.
La metamorfosi degli errori
IN concetti particolari e gradi della verità.
(La struttura della Logica).
Doppia conseguènza della falsa applicazione della for-
ma dialettica: 1°) gli errori filosofici, mutati in concetti
particolari (Logica) ; 2°) i concetti particolari, mutati in
concetti di errori filosofici (Estetica, Filosofia della storia,
Filosofia della natura) — Il concetto dell'errore progres-
sivo — Chiarimento: il progresso non è nell'errore, ma
nella parte di verità, cui aderisce l'errore — L'errore
è lo stimolo del divenire del pensiero, ma non è pen-
siero — Il problema della Logica di Hegel: la critica
delle definizioni inadeguate dell'Assoluto, e cioè dei
XI
sistemi filosofici — Doppio modo in coi si poteva svol-
gere questa critica: 1*) in una storia della filosofia;
2°) in un sistema filosofico, che insieme mostrasse le
fonti perpetue degli errori — Hegel lavora nell'uno e nel-
l'altro modo di esposizione. La Logica hegeliana e la Me-
tafisica di Aristotile. La Storia della filosofia di Hegel —
Ma, per la commessa confusione, tenta un terzo modo: la
deduzione a priori degli errori come gradi necessari! del
vero — Compito ineseguibile; e, per conseguenza, arbitrii
nella struttura della Logica —r Arbitrio nel cominci a-
mento — Arbitrio nella connessione delle parti — Ten-
denze, che si mostrano nella Logica, verso le due forme
genuine di trattazione in essa immanenti : tracce di una
Storia della filosofia; tracce di una Filosofia dello spi-
rito — Importanza dei contenuto della Logica, e artifi-
ciosità del suo ordinamento — In qual modo quel libro
sia da leggere.
VI.
La metamorfosi dei concetti particolari
in errori filosofici.
I. L'arte e U linguaggio (Estetica).
La seconda conseguenza : la negazione dell'autonomia
dell'arte, della storia, delle discipline naturalistiche —
L'importanza dell'estetica di Hegel, come estetica roman-
tica — Ma erroneità del suo concetto dell'arte — Il punto
di partenza della Fenomenologia — Resta nascosta ad He-
gel la forma originaria e ingenua dello spirito teoretico,
che è l'arte — La coscienza immediata, primo grado della
Xlt
Fenomenologia, è già coscienza intellettiva — Gli resta
nascosta l'indole del linguaggio, ed egli considera il
linguaggio come forma logica, e quindi come imperfe-
zione rispetto alla verità filosofica — Non sapendo che
cosa fare dell'arte, la colloca, in conformità delle ve-
dute del suo tempo, nella sfera della religione e della
filosofia — Ma l'arte si differenzia per Hegel dalla filo-
sofia, perchè è filosofia in forma sensibile, e quindi im-
perfetta — Perciò l'arte è fenomeno, e muore nel mondo
storico — Di qui il carattere antiestetico, che assume il
sistema di Hegel — Mancandogli una filosofia del lin-
guaggio, impossibilità per Hegel di criticare e distrug-
gere la logica aristotelica, in quanto logica verbalistica.
VII.
La metamorfosi dei concetti particolari
in errori filosofici.
II. La storia (Idea di una filosofia della storia).
Diversamente dall'arte, la storia presuppone il pensiero
filosofico ; ma, come l'arte, ha per suo soggetto proprio
l'elemento intuitivo — Appunto perciò, contradizione del-
l'idea di una filosofia della storia, intesa come elabora-
zione storica di secondo grado — Questa importerebbe
l'annullamento della storia degli storici — Hegel doveva
porre, e pose, una storia diversa da quella degli storici,
e l'idea di una filosofia della storia, con un piano deter-
minato a priori — Le sue riserve e le sue dichiarazioni,
circa il rispetto che si deve ai fatti, non mutano nulla
al suo pensiero fondamentale, benché ne documentino
xm
l'impossibilità — Riprove della negazione della storia
fatta da Hegel — La filosofia della storia è per Ini la sola
storia pensante — Disprezzo di Hegel per gli storici di
professione — Sua teoria sui fatti degni di storia e sa
quelli inessenziali, da rimandare al romanzo storico —
Perniciosità di questa distinzione, per la quale, logica-
mente, tutti i fatti verrebbero ad esser dichiarati inu-
tili; e significato negativo del rinvio al romanzo — Per
la posizione di una filosofia della storia, la filosofia
di Hegel, che ha cosi forte carattere storico, finisce col
disconoscere la funzione storica ; e dalla scuola di Hegel
escono, insieme, grandi scrittori di storie, e garruli di-
spregiatori della storia.
Vili.
La metamorfosi dei concetti particolari
IN errori filosofici .
III. La natura.
{Idea di una filosofia della natura).
Difficoltà di penetrare l'indole dei concetti naturali-
stici — I tempi moderni, e la scienza esatta della natura —
Inizio della ribellione contro il dominio delle scienze na-
turali e matematiche — Ma pure, nella ribellione, per-
siste il vecchio concetto di esse — Anche in Schelling
ed in Hegel, che le considerano come una semifilosofia —
La soluzione del dissidio non può trovarsi sé non nel ri-
conoscimento del carattere meramente pratico delle disci-
pline naturalistiche e matematiche — Tracce in Hegel di
simile concezione : la tautologia delle leggi scientifiche;
XIV
le finzioni e gli arbitrii; la negazione della possibilità
di una matematica filosofica — Tracce di un concetto
meramente gnoseologico della parola natura — La tesi
di Hegel, che la natura non abbia storia — Malgrado tutti
questi accenni, Hegel seguita a considerare i concetti
naturalistici e matematici come fatti teoretici imper-
fetti, errori filosofici, da inverarsi nella filosofia della
natura— Insostenibilità dell 1 idea di una filosofia della na-
tura — Nessuna differenza sostanziale tra quella hegeliana
e la schellinghiana — Nessun rapporto intimo tra il di-
venire hegeliano nella concezione della natura e il dar-
vinismo — Il libro della Filosofia di natura, e la sua parte
sana, che è la critica della metafìsica naturalistica e mec-
canica — Tenerezza di Hegel per le discipline naturalisti-
che e matematiche, e sua ostilità contro i naturalisti e
matematici di professione — Hegel contro Newton — Ten-
tativi di un' impossibile conciliazione tra metodo natura-
ralistico e metodo speculativo — Imbarazzi di Hegel nel-
T intrapresa di razionalizzare le categorie naturalistiche;
e sua escogitazione dell'impotenza della natura ad at-
tuare il concetto.
IX.
La costruzione delle false scienze
e l'applicazione della dialettica all'individuale
e all'empirico.
Hegel non si ferma ai mero programma, ma esegue di
fatto la filosofia della storia e della natura— In questo
passaggio all'attuazione, è costretto a trattar dialettica-
mente i fatti individuali e i concetti empirici — Questo il
XV
secondo grande abuso, derivante dal primo, del metodo
dialettico — Il quale abuso, danneggiando gli studii sto-
rici e le scienze empiriche, provoca una reazione — Ma
considerazioni da fare: Hegel come naturalista e come
storico — Valore grande dei libri storici di Hegel : idee
di essi, entrate nel patrimonio della nostra coltura — Er-
rori nascenti da altri presupposti filosofici — Fatte queste
riserve, resta sempre vero che Hegel commise queir abuso
della dialettica — In grado minore, nei libri di storia:
pur tuttavia, esempii di applicazioni dialettiche alla sto-
ria della poesia, dell'arte e della religione, e alla geo-
grafia — In maggior copia, nella filosofia della natura —
Esempii presi dalla geometria, dalla cosmografia, dalla
fisica, dalla botanica, dalla fisiologia — Esempii di ap-
plicazione dialettica ai concetti empirici dell 1 estetica,
della logica, della filosofia dello spirito — Caricatura,
che Hegel fa inconsapevolmente, della sua grande sco-
perta — Hegel e il mito.
X.
Il dualismo non superato.
Il panlogismo di Hegel deriva dalla sua falsa applica-
zione della dialettica — Logica e metafisica — Accusa
di dualismo — L'oscuro passaggio dall' idea alla natura —
Interpolazioni varie, che se ne son date, e che non sono
conformi al pensiero genuino di Hegel — Il passaggio
come nient'altro che il rapporto tra filosofia ed esperienza;
il rapporto di natura e spirito come quello d' individuale e
d'universale; o come quello di negativo e positivo; o
XVI
come distinzione empirica nel seno del Logo — Critica di
queste varie interpetrazioni — Per Hegel, natura e spirito
sono concetti realmente distinti — Tentativo di superarne
la dualità con l'aggiunta del termine Logo, che dà la
tesi all'antitesi Natura, e alla sintesi Spirito assoluto —
Vanità del tentativo — Il Logo come il fondo oscuro della
vecchia metafisica — Dualismo non superato — Eagione
della divisione della scuola hegeliana in una destra e in
una sinistra, la prima teistica, la seconda materialistica —
L'opposizione delle due scuole era già in Hegel stesso.
XI. •
La critica e la continuazione
del pensiero di hegel.
Conclusione.
Quale compito sarebbe spettato ai critici e ai continua-
tori di Hegel : serbar il nuovo concetto del concetto e la
sintesi degli opposti, rifacendo, in base ad essi, la co-
struzione del sistema — La scuola hegeliana fallisce a
questo compito; e, nei suoi diversi indirizzi, persiste
sempre nella falsa applicazione della dialettica — Es empii
tolti da hegeliani di destra: Michelet, Eosenkranz, Vera
— e di sinistra: F. Engels —Altri esempii — Gli sco-
lari critici e cauti, e il riportamento di Hegel a Kant:
K. Fischer, Spaventa, Stirling — Gli avversarli di Hegel :
critica insufficiente, perchè meramente negativa — Il so-
pravvenire della barbarie filosofica: Hegel, aborrito come
simbolo della Filosofia stessa — Migliori disposizioni ai
tempi nostri : rinascita di romanticismo filosofico e di
xvn
altre condizioni favorevoli all' intelligenza di Hegel — Il
problema gnoseologico, che si vien formulando da scrit-
tori recenti, era stato già formulato e oltrepassato da
Hegel — Impossibilità di accettare tutto Hegel e di tutto
rifiutarlo — Hegel in Germania, in Italia e in Inghil-
terra — In qual senso si può e si dev'essere hegeliani
— Intanto, è debito d'onore far cessare l'ignoranza circa
il pensiero di Hegel.
s'
La dialettica
o la sintesi degù opposti.
Hegel è di quei filosofi, che hanno fatto oggetto
del loro pensiero non solo la realtà imme-
diata, ma la filosofia stessa, contribuendo per tal
modo a stabilire una logica della filosofia. Anzi, a
me sembra, la logica della filosofia, — con le tante
conseguenze, che ne discendono per la soluzione
dei problemi particolari e per la concezione della
vita, — fu il segno a cui egli rivolse lo sforzo
maggiore della sua mente. In essa trovò, o con-
dusse a perfezione e fece valere, principii di alta
importanza, che erano stati ignorati o appena ac-
cennati dai filosofi anteriori, e che perciò pos-
sono considerarsi come vere sue scoperte.
È strana l'avversione che incontra questo con-
cetto, — che pure è assai semplice e dovrebbe
esser accettato per evidenza irresistibile, — di una
logica della filosofia : cioè a dire, in altri termini,
che la filosofia si muova secondo un suo proprio
2 LA DIALETTICA
metodo, di cui sia da indagare e formulare la teo-
ria. Nessuno mette in dubbio che le matematiche
abbiano un lor metodo, che si studia nella lo-
gica delle matematiche; che le scienze naturali
abbiano il loro, e quindi sorga la logica dell'os-
servazione, dell'esperimento, dell'astrazione; che
abbia il suo la storiografia, e vi sia perciò una
logica del metodo storico; la poesia e l'arte in
genere, e si abbia la logica della poesia e dell'arte,
l'estetica; che nell'operosità economica sia insito
un metodo, il quale appare poi in forma riflessa
nella scienza economica; e che un metodo suo
abbia, infine, l'attività morale, e in forma ri-
flessa si presenti come etica (o logica della vo-
lontà, secondo è stata talvolta chiamata). Ma,
quando poi si giunge innanzi alla filosofia, mol-
tissimi recalcitrano alla conseguenza: che dunque
anche la filosofia, — una volta che la si fa, — debba
avere un metodo suo proprio, che occorre de-
terminare. E, per converso, pochissimi si meravi-
gliano del fatto, che i trattati di logica, concedendo
larga parte alla considerazione delle discipline
matematiche, naturalistiche e storiche, non diano
di solito alcun rilievo alle discipline filosofiche,
e spesso le passino addirittura sotto silenzio.
Che una logica della filosofia venga negata da
chi, — o per irriflessione o per confusione mentale
O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 3
o per bizzarria, — nega la filosofia in genere, è
ben naturale: non potendosi pretendere che si
ammetta la teoria di un oggetto, del quale si è
discQnosciuta la realtà. Non esiste la filosofia, non
esiste perciò neppur la logica della filosofia, e
buona notte: chi si contenta, gode. Ma, se io ho
parlato di sopra di uno spettacolo strano, gli è per-
chè troppe volte si vedono gli stessi filosofi, o
filosofanti, che sieno, mostrarsi privi di qualsiasi
coscienza di quella ineluttabile necessità. E di essi
alcuno asserisce che la filosofia debba seguire il
metodo astratto-deduttivo delle matematiche : ed
altri non scorge per lei altra via di salvazione, che
l'attenersi rigorosamente al metodo sperimentale;
e sogna e vanta una filosofia che si studii nei
gabinetti e nelle cliniche, una metafisica empi-
rica, e via dicendo. Perfino, — ed è l'ultimissima
moda, se non nuova, rimessa a nuovo, — si suole
ora raccomandare una filosofia individuale e fan-
tastica, che si produca come arte. Cosi, tutti i
metodi sembrano buoni per la filosofia (dal com-
passo e dal bisturi, via via fino alla cetra!), —
salvo quello filosofico.
Contro siffatte vedute sarebbe bastevole una
sola osservazione: che cioè, se la filosofia deve
dar l'intelligenza, ed esser come la coscienza
riflessa dell'arte e della" storia, della matematica
4 LA DIALETTICA
e delle indagini naturalistiche, e dell'attività pra-
tica e morale, non s'intende com'essa possa far
ciò, conformandosi al metodo di uno di quegli
oggetti particolari. Chi, innanzi a una poesia, si
limiti ad applicare il metodo poetico, risentirà
in sé la creazione del poeta, questa o quella
opera d'arte determinata; ma non sarà giunto,
per questa strada, alla cognizione filosofica della
poesia. Chi, innanzi a una teoria matematica, si
limiterà a matematicheggiare, sarà il discepolo,
il critico, il perfezionatore di quella teoria; ma
non sarà pervenuto alla cognizione dell'indole
del lavoro matematico. Se l'oggetto della filosofia
non è la produzione o la riproduzione dell'arte
e della matematica e delle altre varie attività
dell'uomo, ma è la comprensione — l'intelli-
genza — di esse tutte, questa comprensione è essa
stessa un'attività, che ha un suo metodo infuso
o implicito, il quale importa rendere esplicito.
Comunque sia, è vana speranza il poter in-
tendere e giudicare l'opera di Hegel, se non si
tien sempre fermo innanzi alla mente, che il pro-
blema che abbiamo enunciato, fu il suo princi-
pale, il suo grande problema : il problema cen-
trale della Fenomenologia dello spirito, e delle
nuove forme con cui questo libro si presentò nella
Scienza della logica e nell'Enciclopedia delle
LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 5
scienze filosofiche. E un'esposizione compiuta
del pensiero di Hegel, un'esposizione intima e
critica, che non consista, come in quasi tutte le
storie della filosofìa, e nelle stesse monografie
speciali intorno a lui (per esempio, nella recente
ed amplissima di Kuno Fischer), in una ripeti-
zione riassuntiva del contenuto dei suoi libri, pe-
dissequa fin nelle ripartizioni per sezioni e ca-
pitoli, — dovrebbe, in prima linea e in massima
parte, esser consacrata alla sua dottrina intorno
alla natura dell'indagine filosofica, e alle diffe-
renze di tale indagine rispetto alle altre forme
teoretiche e non teoretiche.
Si dovrebbe, anzitutto, mettere in chiaro il
triplice caràttere che assume, secondo Hegel,
il pensamento filosofico, di fronte ai tre modi o
atteggiamenti spirituali, coi quali più facilmente
si suole scambiarlo, il pensamento filosofico è, per
Hegel: 1°, concetto; 2*, universale; 3°, concreto.
È concetto, e cioè non è sentimento o rapimento
o intuizione trascendentale, o altro simile stato
psichico alogico e indimostrabile. Ciò stabilisce
la differenza della filosofia rispetto alle dottrine
del misticismo e del sapere immediato; le quali
hanno, tutt'al più, un significato negativo, in
quanto riconoscono che la filosofia non può co-
struirsi col metodo delle scienze empiriche e
6 LA DIALETTICA
naturali, delle scienze del finito: ma non già un
significato positivo. Sono, se si vuole, profonde,
ma di una « profondità vuota ». Contro il mi-
sticismo, le smanie, i sospiri, il levar gli occhi
al cielo e piegare i colli e serrar le mani, gli
sdilinquimenti, gli accenni profetici, le frasi mi-
steriose da iniziati, Hegel diventa ferocemente
satirico; e mantiene sempre che la filosofia deve
avere forma intelligibile e ragionata; dev'essere
« non esoterica, ma essoterica », non cosa di
setta, ma di umanità. — Il concetto filosofico
è universale, e non già meramente generale:
non è da confondere con le rappresentazioni
generali, quali, ad esempio, la casa, il cavallo,
Y azzurro, che per un uso, come Hegel dice,
barbarico, si denominano ordinariamente con-
cetti. Ciò stabilisce la differenza della filosofia
rispetto alle scienze empiriche e naturali, che
si soddisfano di tipi e di generalità rappre-
sentative, e dei loro aggregati. — L'universale
filosofico, infine, è concreto, vale a dire non
consiste di astrazioni arbitrarie: non è ischele-
trimento della realtà, ma comprensione di essa in
tutta la sua ricchezza e pienezza: le astrazioni
filosofiche sono necessarie, e perciò si adeguano
al reale, e non lo mutilano o falsificano. E ciò
stabilisce la differenza della filosofia rispetto alle
6 CA SINTE8I DEGLI OPPOSTI T
discipline matematiche; le quali non giustificano
i loro punti di partenza, ma « li comandano » ; e
bisogna — dice Hegel — ubbidire al comando
di tirar proprio queste e queste linee, senza sa-
per altro che aver la buona fiducia che la cosa
sarà « opportuna » per l'andamento della dimo-
strazione. La filosofia invece ha per oggetto ciò
che realmente è; e deve giustificare pienamente
sé stessa, senza ammettere in sé, o lasciare fuor
di sé, nessun presupposto (*).
E alla dilucidazione di questa triplice diffe-
renza, onde il vero concetto, il concetto filoso-
fico, appare logico, universale e concreto, biso-
gnerebbe, in un'esposizione compiuta, far seguire
quella delle minori dottrine, che si collegano alla
prima e fondamentale: alcune delle quali impor-
tantissime, com' è la ripresa dell'argomento onto-
logico (la difesa di S. Anselmo contro Kant), della
tesi cioè che nel concetto filosofico l'essenza im-
plica l'esistenza, e non ne è staccata secondo,
accade nelle rappresentazioni del particolare ; la
dottrina del « giudizio », inteso come nesso di
soggetto e predicato, e che perciò, in quanto si
appoggia su un sostrato non analizzato, vien ri-
ci) Si vedano in particolare l'introduzione alla Fenomenologia , e 1
preliminari dell' Enciclopedia.
8 LA DIALETTICA
conosciuto inadeguato alla filosofia, la cui vera
forma è quella del « sillogismo », inteso come
la piena logicità che si ricongiunge con sé stessa;
la critica della teoria, che pone il concetto come
un complesso di note (il che Hegel chiama la vera
nota della superficialità della logica ordinaria);
la critica delle divisioni per specie e classi; la
dimostrazione della nullità di ogni calcolo logico
(dimostrazione, che ai tempi nostri può avere di-
retta efficacia curativa); ed altre dottrine, non
meno importanti.
Ma non è mio proposito di fare in queste pa-
gine un'esposizione completa del sistema di He-
gel, e neppure della sola sua dottrina logica;
sibbene di concentrare tutta l'attenzione su quella
parte, che è la più caratteristica del suo pen-
siero; e sui nuovi aspetti di verità da lui rive-
lati e, per conseguenza, anche sugli errori che
non seppe distruggere, e in cui, per quella parte,
egli incorse. Onde, lasciando da banda le tesi
ora brevemente accennate, — contro le quali la
ribellione non mi par possibile, benché ricono-
sca che sia da promuoverne l'apprendimento,
costituendo esse come l'abbiccì, ora spesso tra-
scurato, della filosofia; — vengo senz'altro al
punto, intorno a cui si sono accese tutte le di-
spute e contro cui si sono appuntate le nega-
O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 9
zioni recise degli avversarti : che è la trattazione
hegeliana del problema degli opposti.
È un problema del quale occorre chiarir bene
i termini, per intenderne tutta la gravità e la
difficoltà. Il concetto filosofico, — che, come si è
ricordato, è universale concreto, — in quanto tale,
in quanto concretezza, non esclude, anzi include
in sé le distinzioni : è l'universale in sé distinto,
e risultante da quelle distinzioni. Come i concetti
empirici si distinguono in classi e sottoclassi, cosi
quello filosofico ha le sue forme particolari; ma non
ne è l'aggregato meccanico, sibbene l'organismo,
in cui ogni forma si congiunge intimamente con le
altre e col tutto. Per esempio, la fantasia e l'in-
telletto sono concetti filosofici particolari, rispetto
a quello di spirito o attività spirituale; ma non
sono fuori o sotto dello spirito, anzi sono lo spi-
rito stesso in quelle forme particolari; né poi l'uno
è separato dall'altro, come due entità chiuse
ciascuna in sé stessa ed estranee tra loro, ma
l'uno passa nell'altro; onde la fantasia, come
volgarmente si dice, per quanto distinta dall'in-
telletto, è il fondamento dell' intelletto, indispen-
sabile a questo.
Se non che, il nostro pensiero nell' indagare
la realtà, si trova innanzi non soltanto i con-
cetti distinti, ma anche gli opposti; che non pos-
10* £A DIALETTICA'
soncflé&fcerè idfentìficati coi primi, riè Considerati *
come oasi speciali dei primi, quasi una sorta di 1
distinti. Aitila* è la categoria logica d'ella distin-
zione; altra quella dell'opposizione. Due concetti
distinti si congiungono, come si è detto, tra loro,
pur nella loro distinzione; due concetti opposti
sembrano escludersi: dove entra l'uno, sparisce
totalmente l'altro. Un concetto distinto è pre-
supposto e vive nell'altro, che segue ad essfr
nell'ordine ideale: un concetto opposto è ucciso
dal suo opposto: per essi vale il detto: mors
tua, vita mea. Esempii di concetti distinti sono
quelli, già recati, della fantasia e dell'intelletto, e
gli altri, che potrebbero aggiungersi, del diritto,
della moralità, e simili. Ma gli esempii dei con-
cetti opposti si traggono da quelle tante coppie di
parole, di cui è pieno il nostro linguaggio, e che
non costituiscono certamente coppie pacifiche e
amichevoli. Sono le antitesi del vero e del falso,
del bene e del male, del bello e del brutto, del
valore e del disvalore, della gioia e del dolore,
dell'attività e della passività, del positivo e del
negativo, della vita e della morte, dell'essere
e del nulla; e via enumerando. Non è possibile
scambiar le due serie, quella dei distinti e quella
degli opposti; tanto sono spiccatamente diverse.
Ora, se la distinzione non impedisce, anzi rende
LA SINTESI DEGÙ OPPOSTI 11
possibile l'unità concreta del concetto filosofico,
non sembra che possa pensarsi il medesimo del-
l'opposizione. Questa dà origine a scissure pro-
fonde nel seno dell'universale filosofico e di cia-
scuna delle sue forme particolari, e a dualismi
inconciliabili. Invece dell'universale concreto, del
ricercato organismo della realtà, il pensiero par
che urti dappertutto in due universali : l'uno di
fronte all'altro, l'uno minacciante l'altro. Il com-
pimento della filosofia ne è impedito ; e, giacché
un'attività, che non possa raggiungere il suo com-
pimento, mostra con ciò stesso di essersi pro-
posta un compito assurdo, la filosofia stessa, tutta
la filosofia, è minacciata di fallimento.
La realtà di questa esigenza ha fatto si che
la mente umana si è sempre travagliata, — pur
senza rendersene conto sempre in modo espli-
cito, — nel problema degli opposti. E una delle
soluzioni, alle quali si è andata appigliando nel
corso dei secoli, è stata quella di escludere Top-
posizione dal concetto filosofico; sostenendo la
non esistenza della perigliosa categoria logica
degli opposti o contrarìL II fatto mostrava, a dir
vero, proprio l'opposto; ma al fatto si dava una
smentita, e dei due termini si accettava uno
solo, dichiarando l'altro illusione, o, che è lo
stesso, mettendo tra l'uno e l'altro una differenza
12 LA DIALETTICA
insensibile e meramente quantitativa. Siffatta
dottrina logica degli opposti è inclusa nei si-
stemi filosofici del sensismo, dell'empirismo, dei
materialismo, del meccanismo, o come altro si
chiamino. Cosi il pensiero e la verità son dive-
nuti, secondo meglio è piaciuto, una secrezione
del cervello o un effetto di associazione e di
abitudine, la virtù un miraggio dell'egoismo, la
bellezza un assottigliamento della sensualità,
l'ideale non so qual sogno voluttuoso o di ca-
priccio; e via dicendo.
Contro questa prima, ha spiegato, anche nel
corso dei secoli, la sua forza l'altra dottrina
logica, che colloca come categoria fondamentale
quella dell'opposizione. È la dottrina che si ri-
trova nei varii sistemi dualistici : i quali riasse-
riscono l'antitesi, fatta sparire dai primi con un
giuoco di bussolotti; ed accentuano entrambi i
termini, l'essere e il non essere, il bene e il male,
il vero e il falso, l'ideale e il reale, i termini
dell'una serie in. contrasto, appunto, con quelli
dell'altra. E, senza dubbio, contro la prima, la ve-
duta dualistica ha valore; ma non più che valore
polemico, per negare la negazione dell'altra. In-
trinsecamente, essa contenta cosi poco come l'al-
tra; perchè, se la prima sacrifica l'opposizione al-
l'unità, la seconda sacrifica l'unità all'opposizione.
LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 13
Al pensiero entrambi questi sacrifica riescono
tanto impossibili, che si vedono poi continua-
mente i sostenitori dell'una dottrina convertirsi,
in modo più o meno consapevole, in sostenitori
dell'altra. E gli unitaristi introducono surretti-
ziamente la dualità degli opposti, chiamandola
dualità di realtà e di illusione; ma dell'illusione
saprebbero far di meno così poco come della
realtà; anzi dicono talvolta, perfino, che l'impulso
della vita è nell'illusione. E gli opposizionisti am-
mettono tutti un' identificazione o unità degli op-
posti: inattingibile alla mente umana a cagione
dell'imperfezione di questa, ma necessaria per
la concezione della realtà. A questo modo, gli
uni e gli altri si avviluppano in contradizioni e
vengono a riconoscere apertamente che il pro-
blema, che essi si erano proposti, non è stato
risoluto, e rimane come problema.
Perchè la « necessaria illusione » , o la « necessa-
ria imperfezione della mente umana » , sono suoni,
ai quali, per quanto si cerchi, non si riesce a dare
un significato. Noi non conosciamo se non illusioni
accidentali e relative; imperfezioni individuali
e relative. Una realtà fuori della realtà, una mente
fuori della mente umana, non si può concepirla,
né farla termine di paragone. E la realtà e la
mente ci mostrano così l'unità come l'opposizione;
14 LA DIALETTICA
e gli unitaristi, in quanto affermano la prima,
gli oppo8Ìzionisti, in quanto affermano l'altra,
hanno (secondo il motto di Leibniz a proposito
dei sistemi filosofici) ragione in ciò che affermano
e torto in ciò che negano. Hegel non si stancò mai
d'ammirare la virile fermezza dei materialisti
e sensisti e monisti di ogni sorta, nell'asserire
l'unità del reale; e se, per le condizioni storiche
in cui si svolse il suo pensiero, ammirò meno
le forme dualistiche, e anzi non tralasciò occa-
sione di testimoniar loro la sua antipatia, non
dimenticò per altro mai, che la coscienza del-
l'opposizione è altrettanto giustificata e invinci-
bile, quanto quella dell'unità.
Il caso sembra, dunque, disperato; e disperato,
si potrebbe dire, perfino della disperazione: giac-
ché il partito del dichiarare la questione inso-
lubile sarebbe un partito da pensarci, se, v col
pensarci, non avessimo già tagliato il nodo a
favore del pensiero, e cioè della speranza. L'os-
servatore indifferente, che guardi alla storia della
filosofia, vede ad ogni affermazione di monismo
seguire una restaurazione di dualismo, e vice-
versa: l'uno impotente a soffocar l'altro, ma
potente temporaneamente ciascuno a tener in
rispetto l'altro. Par quasi che l'uomo, quando
è sazio dell'uniformità del monismo, si divaghi
. O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 15
nella varietà del dualismo; e, quando è stanco
di questo, si ri tuffi nel monismo; ed alterni i due
movimenti, temperando igienicamente l'uno con
Faltro. L'osservatore indifferente, a ogni epide-
mia di materialismo, dice sorridendo: — Aspet-
tate; ora verrà lo spiritualismo. — E, quando
questo celebra i suoi maggiori trionfi, sorride allo
stesso modo e dice: — Aspettate; fra poco tornerà
il materialismo ! — Ma il sorriso è sforzato o fug-
gevole, perchè non è veramente allegra la con-
dizione di chi, senza requie, è sballottato da un
estremo all'altro, come per opera di una forza
a lui superiore e indomabile.
Eppure tra le difficoltà, che ho voluto mettere
in luce in tutta la loro asprezza, c'è nel fondo
del nostro animo, una tenace persuasione, che
quel dualismo indomabile, quel dilemma irridu-
cibile sia, in fondo, domabile e riducibile: che
il pensiero dell'unità non sia inconciliabile con
quello dell'opposizione, e che l'opposizione si possa
e si debba pensarla nella forma del concetto,
che è suprema unità. Il pensiero ingenuo, —
il quale si suol chiamare non filosofico, e me-
glio forse si chiamerebbe sommariamente, o ger-
minalmente, filosofico, — non s'imbarazza in-
nanzi alla difficoltà: pensa l'unità e, tutt' insieme,
l'opposizione. Il suo motto è non già il mors
16 LA DIALETTICA
tua, vita mea, ma la concordia discors. Esso
riconosce che la vita è lotta, eppure è armonia;
che la virtù è un combattimento contro noi stessi,
eppure è noi stessi; che, superata un'opposizione,
dal seno stesso dell'unità nasce una nuova opposi-
zione, e quindi un nuovo superamento e poi una
nuova opposizione, e via di séguito: ma che que-
sto appunto è la vit^. Non sa di sistemi esclusivi:
la sapienza dei proverbii dà un colpo al cerchio e
un altro alla botte, e ci ammonisce con osserva-
zioni ottimistiche e pessimistiche, che si negano
e si compiono a vicenda. — Che cosa manca al
pensiero ingenuo, alla filosofia germinale? Im-
plicitamente, nulla; e perciò, tra il fumo e la
polvere delle battaglie della scienza, si sospira
sempre al buon senso, alla verità che ognuno
trova immediatamente in sé stesso, senza gli
stenti e le sottigliezze e le esagerazioni dei filo-
sofi di professione. Ma il sospiro è sterile: la
battaglia è impegnata, e non si può tornare alla
pace se non con la vittoria. Il pensiero ingenuo, —
questo è il suo difetto, — non è in grado di ren-
der conto delle sue affermazioni: ad ogni obie-
zione vacilla e si confonde e si contradice: le
sue verità non sono verità compiute, perchè si
trovano poste l'una accanto all'altra, e non già
connesse tra loro: c'è la giusta posizione, manca
O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 17
il sistema. Ben venute le contradizioni e i dub-
bii e la coscienza dolorosa delle antitesi; ben
venuta la guerra, se è necessaria per raggiun-
gere la verità compiuta e sicura di sé. La quale
verità, dunque, diversissima da quella del pen-
siero comune ed ingenuo pel grado di elabo-
razione, non potrà non essere sostanzialmente
la stessa; ed è certo cattivo segno, quando una
filosofia è in contrasto con la coscienza ingenua.
Anzi, per questo appunto accade che, innanzi
alla semplice enunciazione conclusiva di verità
filosofiche, le quali sono costate sforzi di secoli,
si veda spesso la gente scrollare le spalle ed
osservare, che la vantata scoperta è poi una
cosa facilissima e a tutti nota. Proprio il me-
desimo di quel che accade per le più geniali
creazioni dell'arte; le quali si svolgono con tanta
semplicità e naturalezza, che ognuno ha l'illu-
sione di averle fatte, o di poterle far lui.
Se il pensiero ingenuo ci dà la speranza e
l'indizio della conciliabilità dell'unità con l'op-
posizione, un altro fatto ci sta innanzi, che ce
ne porge come il modello approssimativo. Il filo-
sofo ha accanto a sé il poeta. E anche il poeta
cerca il vero; anche il poeta ha sete di realtà;
anch'egli, còme il filosofo, ripugna alle astrazioni
arbitrarie, perchè tende al vivo e al concreto:
18 LA DIALETTICA
aborre anch' egli le mute smanie dei mistici e
dei sentimentali, perchè ciò ch'egli sente dice,
e fa suonare all'orecchio in belle parole, limpide
ed argentine. Ma il poeta non è condannato al-
l'inconseguibile: questa realtà, che è dilaniata
da opposizioni, egli la contempla e la rende, vi-
brante di opposizione,, eppure una e indivisa.
Non potrà il filosofo fare il medesimo? Non è
la filosofia contemplazione, come la poesia? Per-
chè al concetto filosofico, analogo in tutto al-
l'espressione estetica, dovrà mancare questa per-
fezione che ha l'altra, questa potenza di risolvere
e rappresentare l'unità nell'opposizione? Certo,
la filosofia è contemplazione dell'universale, e
perciò pensiero; e la poesia, contemplazione del-
l'individuale, e perciò intuizione e fantasia. Ma
perchè l'universale filosofico non potrà, come
l'espressione estetica, essere insieme diverso e
uno, discorde e concorde, discreto e continuo,
preciso e mobile? Perchè, nel salire che fa la
mente dalla contemplazione del singolo a quella
del tutto, la realtà dovrebbe perdere il suo ca-
rattere proprio? Non è l'Uno cosi vivo in noi
come il singolo?
Ed ecco Hegel manda il suo grido di giubilo,
il grido dello scopritore, l'eureka, il suo prin-
cipio di risoluzione del problema degli opposti:
O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 19
principio semplicissimo, e che par tanto ovvio da
meritar di esser messo con gli altri, che si simbo-
leggiano nell'uovo di Colombo. Gli opposti non
sono illusione, e non è illusione l'unità. Gli opposti
sono opposti tra loro, ma non sono opposti verso
l'unità; giacché l'unità vera e concreta non è altro
che unità, o sintesi, di opposti: non è immobilità,
è movimento; non è stazionarietà, è svolgimento.
Il concetto filosofico è universale concreto; e per-
ciò è pensamento della realtà come, tutt' insieme,
unita e divisa. Solo cosi la verità filosofica ri-
sponde alla verità poetica; e il palpito del pen-
siero al palpito delle cose.
È, infatti, la sola soluzione possibile; e tale
che non respinge le due precedenti, che ho de-
nominate del monismo e del dualismo degli op-
posti, ma le giustifica entrambe, considerandole
come verità unilaterali, frammenti di verità, che
aspettano la loro integrazione in una terza, con
la quale sparisce la prima, la seconda e la terza
medesima, fondendosi nell'unica verità. E l'unica
verità è, che l'unità non ha di fronte a sé l'op-
posizione, ma l'ha in sé stessa; e che, senza
l'opposizione, la realtà non sarebbe realtà, per-
chè non sarebbe svolgimento e vita. L'unità è
il positivo, l'opposizione è il negativo; ma il ne-
gativo è anche positivo, positivo in quanto ne-
20 LA DIALETTICA
gativo; e, se tale non fosse, non si comprende-
rebbe la pienezza del positivo. Se l'analogia tra
poesia e filosofia non piacesse; se il concetto
concreto, rispondente, come forma logica dello
svolgimento, all'intuizione, forma poetica di esso,
sembrasse poco chiaro; ora che i paragoni e le
metafore si pigliano più volentieri dalle scienze
naturali; si potrebbe dire, — sacrificando la
esattezza dell'analogia all'opportunità del para-
gone, — che l'universale concreto, con la sua
sintesi degli opposti, coglie la vita e non il cada-
vere della vita: dà la fisiologia, e non V anato-
mia del reale.
Hegel chiama la sua dottrina circa gli oppo-
sti la dialettica, rifiutando, come atte ad inge-
nerare equivoci, le altre formule dell' unità e
della coincidenza degli opposti, perchè in queste
si dà rilievo all' unità e non già anche, insieme,
all'opposizione. I due elementi astratti, ossia gli
opposti presi da sé, nella loro separazione, sono
da lui detti momenti, con immagine tratta dai
momenti della leva; e momento vien detto tal-
volta anche il terzo termine, quello della sin-
tesi. Il rapporto dei due primi col terzo è espresso
con la parola risolvere o superare (aafheben),
che, come Hegel avverte, importa che i due mo-
menti sono negati in quanto si prendono staccati,
O LA SINTESI DEGÙ OPPOSTI 21
ma vengono conservati nella sintesi. Il secondo
termine rispetto al primo si configura come nega-
zione, e il terzo rispetto al secondo come nega-
zione della negazione, o negatività assoluta, che
è poi assoluta affermazione. Applicando, per co-
modo di esposizione, a tale rapporto logico i
simboli numerici, la dialèttica si può chiamare
una triade o trinità, perchè risulta composta di
tre termini; ma Hegel non cessa di mettere in
guardia circa il carattere estrinseco ed arbitrario
di codesta simbolica numerica, affatto impropria
ad esprimere la verità speculativa. E, in effetti,
esattamente parlando, nella triade dialettica non
si pensano tre concetti, ma un solo, che è l'uni-
versale concreto, nella sua intima costituzione. —
Giacché poi, per ottener questa sintesi, bisogna
porre anzitutto l'opposizione dei termini ; se l'at-
tività, che pone l'opposizione, si chiama V intel-
letto, e l'attività che dà la sintesi, la ragione;
è evidente che l'intelletto è necessario alla ra-
gione, è un momento di essa, le è intrinseco; e
cosi infatti Hegel talvolta lo considera.
Chi non si solleva al modo anzidetto di pensar
gli opposti, non può fare alcuna affermazione
filosofica che non si contradica e non si converta
nella sua contraria, come si è già accennato nel
toccare le antitesi del monismo e dualismo, e
22 LA DIALETTICA
come può vedersi nella prima triade della Lo-
gica hegeliana: la triade, che compreude in sé
tutte le altre, e che è costituita, come è noto, dei
termini: essere, nulla, divenire. Che cosa è Tes-
sere senza il nulla? Tessere puro, indeterminato,
inqualificato, indistinguibile, ineffabile; Tessere,
beninteso, in universale, non questo o quelTes-
sere particolare? in che modo si distingue dal
nulla? E che cosa, d'altra parte, è il nulla senza
Tessere, il nulla concepito in sé, senza determi-
nazione e qualifica alcuna, il nulla in generale,
non il nulla di questa o quella cosa particolare?
in che modo si distingue da quell'essere? Chi
prende Tun solo dei due termini, gli è come se
prendesse solo l'altro; giacché l'uno ha signifi-
cato solo nell'altro e per l'altro. Cosi chi prende
il vero senza il falso, o il bene senza il male, fa
del vero qualcosa di non pensato, — perchè pen-
siero è lotta contro il falso, — e quindi qualcosa
di non vero; del bene qualcosa di non voluto, —
perchè volere il bene è negare il male, — e
quindi qualcosa di non buono. Fuori della sintesi,
i due termini astrattamente presi si confondono
tra loro e scambiano le loro parti: la verità è
soltanto nel terzo; e cioè, per la prima triade,
nel divenire, che perciò, come Hegel dice, è
« il primo concetto concreto ».
O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 23
Pure, questo errore, che consiste nel pigliare
gli opposti fuori della sintesi, risorge sempre; e
ad esso deve sempre contrapporsi la polemica
che mostri, come si è or ora fatto, che, fuori
della sintesi, gli opposti sono impensabili. Que-
sta polemica è la dialettica, che potrebbe dirsi
soggettiva o negativa; e non è da scambiare
col contenuto vero e proprio della dottrina, con
la dialettica oggettiva o positiva, la quale si po-
trebbe anche designare come la dottrina logica
dello svolgimento. Nella dialettica negativa, il
risultato non è la sintesi, ma l'annullamento
dei due termini opposti, l'uno in forza dell'altro;
e perciò anche la terminologia, che abbiamo
chiarita di sopra, acquista, come la parola stessa
dialettica, un significato alquanto diverso. U in-
telletto, in quanto non è più un momento in-
trinseco alla ragione e da essa inseparabile, ma
è qui invece l'affermazione che pretende star
da sé, come verità ultima, degli opposti sepa-
rati, vien inteso in senso dispregiativo e peg-
giorativo; ed è Y intelletto astratto, il nemico
perpetuo della speculazione filosofica, cioè, in
fondo, la ragione stessa, che manca al proprio
assunto. « Non è colpa dell'intelletto se non si
procede più oltre; ma è una soggettiva impo-
tenza della ragione, che lascia stare quella
24 LA DIALETTICA
determinazione a quel mòdo ( l ) ». La stessa
triade cede il posto a una quatriade di termini:
a due affermazioni e due negazioni. La ragione
interviene come ragione negativa, per portar lo
scompiglio nella dimora delP intelletto; ma, se
con questa negazione prepara e rende necessaria
la dottrina positiva, non la produce e pone.
La confusione, tra l'aspetto meramente ne-
gativo della dialettica di Hegel, e il suo conte-
nuto positivo, ha dato origine ad un'obiezione
contro la dottrina hegeliana degli opposti, che è
il cavallo di battaglia tante volte inforcato da-
gli avversarii: un Brigliadoro o un Baiardo as-
sai vecchio e sfiancato, sul quale non so come
si riesca a tenersi ancora in sella. Si è detto: — Se
Tessere e il nulla sono identici, — secondo che
Hegel prova o crede di provare, — in qual modo
possono essi costituire il divenire, che dev'es-
. sere, — secondo la teoria di Hegel, — sintesi di
opposti, e non già d'identici, dei quali non si dà
sintesi? A — a resta a, e non diventa 6. — *• Ma l'es-
sere è identico col nulla, solo quando essere e nulla
sono pensati male, ossia non sono pensati davvero:
solo allora accade che l'uno valga l'altro, non co-
me a = a, ma piuttosto come = 0. Nel pensiero
(1) Wt8sen8ch. der Logik, III, 48.
O LA SINTESI DEGÙ OPPOSTI 25
che li pensa veramente, essere e nulla non sono
identici, ma recisamente opposti, in zuffa l'uno
con l'altro; e questa zuffa (che è insieme comu-
nanza, giacché due lottatori, per lottare, deb-
bono abbracciarsi !) è il divenire: non già concetto
aggiunto o derivato dai due primi separatamente
presi, ma unico concetto, che ha oltre di sé due
astrazioni, due spettri irreali, Tessere e il nulla
separati, e, in quanto tali, accomunati non dalla
lotta, ma dalla loro comune vacuità.
Un'altra obiezione, che anche è sembrata trion-
fale, consiste nelTosservare che l'universale con-
creto, con la sua sintesi di opposti, che ne sug-
gella il carattere di concretezza, non è un mero
concetto, logico, perchè introduce tacitamente un
elemento sensibile o intuitivo, vale a dire la
rappresentazione del movimento e dello svolgi-
mento. — Sensibile e intuitivo ? Ciò dovrebbe im-
portare, parlando filosoficamente, singolo, indivi-
duale, storico. E quale è, di grazia, l'elemento
singolo, individuale, storico, che si possa additare
e distaccare dal concetto dell'universale di Hegel;
al modo per esempio che si riesce a determinare
e a distaccare l'elemento singolo, individuale,
storico, dal concetto empirico di quercia, di ba-
lena o di regime feudale? Il movimento o svol-
gimento non è niente di singolo e di contingente,
26 LA DIALETTICA
ma è un universale; non è niente di sensibile,
ma è un pensiero, un concetto, e per l'appunto
il vero concetto della realtà ; e la teoria logica di
esso è l'universale concreto, sintesi di opposti.
Che se poi, con la critica accennata, si volesse
riferirsi al carattere, che ha il concetto, nella lo-
gica di Hegel, di essere non qualcosa di vuoto
e d'indifferente, non un mero « recipiente »,
pronto a ricevere qualsiasi contenuto, ma la
forma ideale della realtà stessa; se per « logica »
s'intendesse soltanto l'astrazione inconcepibile,
l'astrazione che « si comanda », com'è quella
delle matematiche, e per « intuitivo » , il concetto
speculativo; codesta non sarebbe più la dimostra-
zione di un errore di Hegel, ma la celebrazione
della sua gloria: essendo sua gloria l'aver di-
strutto quel falso concetto della logicità, identi-
ficata con l'astrazione arbitraria, e dato al con-
cetto logico un carattere di concretezza, che può
anche dirsi « intuitivo », per significare, come
si è fatto di sopra, che la filosofia deve nascere
dal seno della divina Poesia, matre pulchra fitta
pulchrior.
La filosofia, cosi messa in relazione e amicizia
con la poesia, entra in quello stato che ora, per
la moda della fraseologia nietzschiana, si suol
chiamare « dionisiaco », e che è tale da spa-
O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 27
ventare i pensatori timidi: i quali poi, senza sa-
perlo, si trovano anch'essi, per quel tanto che filo-
sofano, nelle medesime condizioni. Cosi il nostro
Rosmini esclamava esterrefatto, innanzi alla dia-
lettica dell'essere e del non essere: « E tuttavia
fosse anche vero, quanto è falso, che Tessere può
negare sé stesso, tornerebbe sempre in campo la
dimanda: che cosa il movesse a negare sé stesso?
qual ragione si potesse assegnare di tal vaghezza
elle Tessere avrebbe di negare sé stesso, di disco-
noscersi, di fare insomma questo pazzo tentativo
di annullarsi ; poiché il sistema di Hegel non fa
niente meno che far divenir 'pazzo l 9 esse?*e 9 che
introdurre la pazzia in tutte a/fatto le cose. Cosi
egli pretende di dar loro la vita, il moto, il pas-
saggio, il diventare. Non so se s'udì mai al mondo
un somigliante tentativo di far che le cose tutte,
Tessere stesso, sia divenuto pazzo ( A ) » . E pro-
babilmente il Rosmini non ricordava che la me-
desima sua descrizione era stata fatta, con stile
in verità assai migliore, dallo stesso Hegel, al-
lorché, nella Fenomenologia, dopo avere rappre-
sentato il movimento della realtà, — quel sorgere
e perire, che, esso stesso, non nasce e non Peri-
ci) Saggio storico-critico sulle categorie e la dialettica, opera postuma
(Torino, 1883), p. 371.
28 LA DIALETTICA
sce mai, — concludeva con le parole: « Il vero
è il delirio bacchico, nel quale non vi ha alcuno
dei componenti che non sia ebbro ; e, poiché cia-
scuno, con l'appartarsi dagli altri, immediata-
mente si dissolve, — quel delirio è, insieme, la
semplice e trasparente quiete (*) » . La realtà sem-
bra folle, perchè è vita: la filosofia sembra folle,
perchè rompe le astrazioni e vive col pensiero
quella vita. È una follia, dunque, che è somma
sapienza; e i veri e non metaforici pazzi son co-
loro, che folleggiano con le vuote parole della se-
mifilosofia, e scambiano gli schemi per la realtà,
e non riescono a sollevarsi a quel cielo, donde il
loro operare si chiarisce per quel che veramente è;
anzi, vedendo il cielo sopra le loro teste, e da essi
inconseguibile, son pronti a chiamarlo manicomio.
Un'altra manifestazione della stessa paura ir-
ragionevole è il grido che, con la veduta logica
di Hegel, venga sottratto all'uomo la base stessa,
ola regola, del suo pensiero: il principio d'iden-
tità e con tradizione; del che si recano in prova
le frequenti effusioni di Hegel contro quel prin-
cipio, e la sua sentenza, che occorra sostituirlo
col principio contrario: che tutto si contradice.
Ma le cose non stanno precisamente a questo
(1) Phànom. d. Oeistes*, p. 37.
O LA SINTESI DEGÙ OPPOSTI 29
modo. Hegel non nega il principio d'identità, per-
chè altrimenti avrebbe dovuto ammettere che,
per esempio, la sua teoria logica sia vera e non
vera insieme, vera e falsa; che, filosoficamente,
Tessere e il nulla si possano pensare nella sin-
tesi, e anche ciascuno per sé, fuori della sintesi.
E tutta la sua polemica, tutta la sua filosofia,
non avrebbe più nessun significato, non sarebbe
stata fatta sul serio; laddove ci vuol poco a ri-
conoscere, che è seriissima. Anziché distruggere
il principio d'identità, Hegel lo rinvigorisce, lo
potenzia, lo rende quale veramente dev'essere,
e nel pensiero ordinario non è. Giacché nel pen-
siero ordinario, nella semifilosofia, la realtà resta
divisa, come si è veduto, in due pezzi; ed essa
è ora l'uno, ora l'altro, e, quando è l'uno, non
è l'altro; e tuttavia, in questo sforzo di esclu-
sivismo, l'uno passa nell'altro e si confondono in-
sieme nel nulla. E codeste contradizioni, davvero
impensabili, si preteDde giustificare e decorare
con l'addurre il principio d'identità. Se si bada
soltanto alle parole di Hegel, si potrà dire che
egli neghi fede al principio d'identità; ma, se si
guarda addentro, si scorge che Hegel nega fede
semplicemente alla falsa applicazione del prin-
cipio d'identità: all'applicazione che se ne fa
dagli astrattisti, col ritenere l'unità cancellando
30 LA DIALETTICA
l'opposizione o col ritener l'opposizione cancel-
lando l'unità; o, com'egli dice, al principio di
identità in quanto « legge dell'intelletto astratto » .
La falsa applicazione ha luogo, perchè non si
vuol riconoscere che l'opposizione o contradi-
zione non è già un difetto, una macchia, un
male delle cose, eliminabile da esse; né è il no-
stro errore soggettivo; ma è l'essere vero delle
cose: tutte le cose si contradicono in loro stesse,
e il pensiero è il pensiero della contradizione.
Questa scoperta serve a stabilire, davvero e so-
lidamente, il principio d'identità, che trionfa del-
l'opposizione col pensarla, e cioè con l'afferrarla
nella sua unità. L'opposizione pensata è opposi-
zione superata, e superata appunto in virtù del
principio d'identità: l'opposizione disconosciuta,
o l'unità disconosciuta, è l'apparente ubbidienza
a quel principio, ma, effettivamente, la sua con-
tradizione. C'è tra il modo di Hegel e quello del
pensare ordinario la stessa differenza, che tra
colui il quale affronta un nemico e lo vince, e co-
lui che chiude gli occhi per non vederlo, e crede
cosi di sopprimerlo, e ne è poi soppresso. « Il
pensiero speculativo consiste nel fissare, che il
pensiero fa, l'opposizione, e, in essa, sé stesso:
non già, come accade al pensiero rappresenta-
tivo, nel lasciarsene dominare, e per mezzo di
O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 31
essa risolvere le proprie determinazioni soltanto
in altre o nel nulla (*). » La realtà è nesso di op-
posti, e non si sfascia e dissipa a cagion dell'op-
posizione: anzi si genera eternamente in essa e
da essa. E non si sfascia e dissipa il pensiero che,
come suprema realtà, realtà della realtà, coglie
l'unità nell'opposizione e logicamente la sinte-
tizza.
Come tutte le scoperte di verità, la dialettica
di Hegel non viene a cacciar di seggio le vecchie
verità, ma ad arricchirle e rassodarle. L'univer-
sale concreto, unità nella distinzione e nell'oppo-
sizione, è il vero e compiuto principio d' identità,
che non lascia sussistere separatamente, — né
come suo compagno né come suo rivale, — quello
delle vecchie dottrine; giacché l'ha assorbito in
sé, e trasformato in suo succo e sangue.
(1) Wissensch. d. Logik, n, 67-8.
IL
Chiarimenti
circa la storia della dialettica.
È parso ad alcuni storici della filosofia, che il
problema degli opposti sia tutto intero il pro-
blema filosofico; onde la storia delle varie solu-
zioni, che se ne son tentate, è stata talvolta presa
come l'intera storia della filosofia, e si è narrata
questa per narrar quella. Ma la dialettica, non-
ché essere tutta la filosofia, non è neppure tutta
la logica; quantunque ne sia una parte impor-
tantissima, e quasi il coronamento.
La ragione dello scambio apparirà forse già
anche dalle cose dette di sopra: essa consiste
nell'intimo legame che c'è tra il problema logico
degli opposti e le grandi dispute dei monisti e dei
dualisti, dei materialisti e degli spiritualisti, le
quali formano il corpo principale dei trattati di
filosofia e delle storie della filosofia, sebbene non
costituiscano il compito primo e fondamentale
della filosofia, che viene meglio espresso dal « cq-
34 CHIARIMENTI
nosci te stesso » . Ma anche quella parvenza in-
gannatrice sparirà, se si rifletta che altro è pensar
logicamente, altro costruire logicamente la teoria
della logica; altro pensar dialetticamente, altro
aver la coscienza logica del pensamento dialet-
tico. Se così non fosse, la soluzione hegeliana sa-
rebbe già bella e data nei molti filosofi che hanno,
di fatto, pensato dialetticamente la realtà, o al-
meno tutte le volte che l'hanno pensata a quel
modo. Senza dubbio, ogni problema filosofico ri-
chiama tutti gli altri; in ciascuno possono trovarsi
impliciti tutti gli altri, e nelle soluzioni vere o
false di uno le soluzioni vere o false di tutti. Ma,
se è impossibile isolare del tutto tra loro le storie
dei singoli problemi filosofici, è anche vero che
questi problemi sono distinti; e non bisogna met-
tere insieme alla rinfusa le varie membra dell'or-
ganismo, se non si voglia smarrire ogni idea del-
l'organismo stesso.
Ciò è da tener presente per circoscrivere esat-
tamente T indagine circa lo svolgimento storico .
della dottrina dialettica degli opposti, e, per con-
seguenza, circa il merito peculiare e l'origina-
lità del pensiero di Hegel. È un'indagine che, nei
limiti precisi che si sono fissati, non- è stata forse
ancora eseguita al modo che si dovrebbe; anche
per questo che, non essendo la convinzione dei-
CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 35
l'importanza e verità di quella dottrina entrata
nella coscienza generale dei cultori di studii filo-
sofici, è mancato il necessario interessamento e il
criterio direttivo per costruirne la storia. H me-
glio che si sia raccolto sul proposito si trova negli
stessi libri di Hegel, in ispecie nella sua Storia
della filosofia (*); ed è opportuno riassumere qui
rapidamente quei tratti sparsi, facendovi, dove
occorra, qualche aggiunta e qualche comento.
È stato Hegel il primo a formulare il prin-
cipio logico della dialettica e dello svolgimento?
O ebbe antecessori, e quali? Per quali forme
ed approssimazioni quel principio passò, prima
di raggiungere in Hegel il suo perfezionamento?
La dottrina dialettica è opera di pensiero ma-
turo, risultato di una lunga incubazione filosofica.
Nell'antichità ellenica si trova, nelle confutazioni
di Zenone di Elea circa la realtà del movimento,
la prima rivelazione delle difficoltà, a cui l'af-
fermazione degli opposti dà luogo. Il movimento
è il fatto stesso dello svolgimento, nella forma
in cui più facilmente si offre alla riflessione. E
(1) 8i vedano anche l'introduzione storica alla Logih u. Metaphysik
di Kono Fischer (2* ediz,, 1866), e la Prolusione e introduzione alle
lesioni di filosofia di B. Spaventa (Napoli, 1862). Per gli antecedenti
prossimi della dialettica hegeliana e per le sue varie fasi di svolgi-
mento, si legga di preferenza Al. Schmid, EntwicKlungsgeschichte
der hegeUchen Logik (Begensburg, 1858).
36 CHIARIMENTI
Zenone, dato gran rilievo alle difficoltà, risolve
il contrasto col negare la realtà del movimento
(argomenti della contradizione tra spazio e tem-
po, della freccia, di Achille e della tartaruga, ecc.):
il movimento è un'illusione dei sensi; l'essere, il
reale è uno ed immobile. All'opposto di Zenone,
Eraclito fa del movimento, del divenire, la vera
realtà. I suoi detti: « l'essere e il non essere sono
il medesimo » , « tutto è, ed anche non è » , « tutto
scorre » ; i suoi paragoni delle cose a un fiume,
dell'opposto che è nel suo opposto, come il dolce e
l'amaro sono nel miele, dell'arco e della lira; le
sue vedute cosmologiche sulla. guerra eia pace,
la discordia e l'armonia, mostrano quanto pro-
fondamente Eraclito sentisse la realtà come con-
tradizione e svolgimento. Hegel diceva, che non
c'era affermazione di Eraclito che egli non avesse
incorporato nella sua propria logica. Ma è da av-
vertire che, pel fatto stesso dell'incorporarle nella
sua dottrina, egli conferiva a quelle affermazioni
un ben più deciso significato logico di quel che
da sole non avessero. Così come ci sono state tra-
mandate, bisogna senza dubbio ammirarle quale
ingenua e limpida visione del vero; ma non insi-
stervi troppo sopra, per non incorrere nel pe-
ricolo di una falsificazione storica, facendo di un
presocratico un post-kantiano.
CIKCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 37
Lo stesso è da osservare circa la dialettica
platonica del Parmenide, del Sofista, del Filebo,
di quei dialoghi di cui l'interpretazione e il col-
locamento storico sono assai controversi, e che
Hegel considerava come contenenti l'essenziale
della filosofia platonica: cioè, il tentativo di passar
dall'universale ancora astratto all'universale con-
creto, di porre la forma speculativa del concetto
come unità nella diversità. Le questioni ivi agi-
tate sull'uno e i molti, l'identità e la non iden-
tità, il riposo e il movimento, il nascere e il
morire, l'essere e il non essere, il finito e l'in-
finito, il limitato e l'illimitato; e il risultato del
Parmenide, che l'uno è e non è, è sé stesso ed
altro, e tutte le cose rispetto a sé e verso le altre
sono e non sono, appaiono e non appaiono; tutto
ciò mostra un travagliarsi in difficoltà, ma mette
capo a un risultato d'indole negativa; e, ad ogni
modo, come Hegel notava, in Platone si trova
la dialettica, ma non già la completa coscienza
circa la natura della dialettica. È una trattazione
speculativa, di valore grandemente superiore alle
argomentazioni dei sofisti o ai posteriori tropi de-
gli scettici; ma non raggiunge il livello di una
trattazione logica. — Quanto ad Aristotile, la sua
coscienza logica è in dissidio con la sua coscienza
speculativa: la sua logica è meramente intellet-
38 CHIARIMENTI
tualistica; la sua metafìsica, invece, indagale ca-
tegorie.
Non più che l'esigenza o, meglio, la coscienza
dell'impotenza e l'indicazione della lacuna, si
può scorgere nelle dottrine di Filone giudeo e
dei gnostici; pei quali la realtà vera, Tessere
assoluto, è considerato irraggiungibile dal pen-
siero, come il Dio ineffabile, l'imperscrutabile,
l'abisso, dove tutto è negato; ed egualmente in
Plotino, pel quale tutti i predicati sono inadeguati
all'assoluto, esprimendo ciascun d'essi una deter-
minazione. In Proclo, si sviluppa l'idea della
trinità o della triade, già accennata in Platone; e
questa idea, e il pensamento dell'assoluto come
spirito, è il grande progresso filosofico implicito
nel cristianesimo.
Erede di tradizioni neoplatoniche e mistiche,
il Cusano fu, a capo del mojido moderno, il pen-
satore che più energicamente espresse il bisogno
dello, spirito umano di uscir dai dualismi e dai
contrasti, ed elevarsi a quella semplicità dove
coincidono gli opposti. E il Cusano si accorse
pel primo che questa concidenza degli opposti
è in antitesi con la logica meramente astratta di
Aristotile; il quale concepiva la contrarietà come
differenza perfetta ( 4 ), non ammetteva che nel-
(i) *H tvavTirfnjc lori 8ia<popà t&eio$. Meta P hy$. f 1055 b.
CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 39
l'uno potessero essere i contrarli, e a ciascuna
cosa riconosceva la privazione della sua opposta.
Contro di ciò il Cusano sosteneva, che l'unità è
prima della dualità, la coincidenza degli opposti
prima della loro scissione. Se non che, per lui,
il nesso degli opposti, pensato come semplice
coincidenza, è inafferrabile dall'uomo, sia col
senso sia con la ragione sia con l'intelletto, che
sono le tre forme della mente umana: rimane un
semplice limite; e di Dio, che è complicazione
di tutte le opposizioni, non è possibile altra cono-
scenza se non una comprensione incomprensibile,
una dotta ignoranza ( 4 ).
Sembra che in Giordano Bruno, il quale si
proclama discepolo del « divino Cusano », quel
pensiero assuma una funzione più positiva. An-
ch'egli celebra la coincidenza degli opposti come
l'ottimo principio di una filosofia dimenticata e
da risuscitare; e fa un'eloquente descrizione del-
l'unificarsi dei contrarii: del massimo cerchio e
della linea retta, dell'angolo acuto e dell'ottuso,
del caldo e del freddo, della corruzione e della
generazione, dell'amore e dell'odio, del veleno e
e dell'antidoto, dell'orbicolare e del piano, del
concavo e del convesso, dell' iracondia e della
(1) Sai Cusano, si veda Fiorentino, Il risorgimento filosofico nel
Quattrocento (Napoli, 1886), cap. II.
40 CHIARIMENTI
pazienza, dell'umiltà e della superbia, dell'ava.-
rizia e della liberalità. E scrive, riecheggiando
il Cusano, le memorabili parole: « Chi vuol sa-
pere massimi secreti di natura riguardi e con-
templi circa gli minimi e massimi degli contrarli
e oppositi. Profonda magia è saper trar il con-
trario, dopo aver trovato il punto de l'unione.
A questo tendeva con il pensiero il povero Ari-
stotele, ponendo la privazione, a cui è congionta
certa disposizione, come progenitrice, parente e
madre della forma: ma non vi potè aggiungere.
Non ha possuto arrivarvi, perchè, fermando il pie
nel geno de l'opposizione, rimase inceppato di
maniera, che, non descendendo alla specie de la
contrarietà, non giunse, né fissò gli occhi al
scopo; dal quale errò a tutta passata, dicendo
i contrarli non posser attualmente convenire in
soggetto medesimo. » Nella sua intuizione natu-
ralistica il principio della coincidenza degli op-
posti diventa come un principio estetico di con-
templazione : « Noi ne delettamo nel colore, ma
non in uno esplicato, qualunque sia, ma massime
in uno che complica tutti colori. Ne delettamo
nella voce, non in una singularè, ma in una
complicante, che resulta da l'armonia di molte.
Ne delettamo in uno sensibile, ma massime in
quello che comprende in sé tutti sensibili; in
CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 41
uno cognoscibile, che comprenda ogni cognosci-
bile; in uno apprensibile, che abbraccia tutto
che si può comprendere; in uno ente, che com-
piette tutto, massime in quello uno, che è il tutto
stesso ( A ). » Non è più un limite, è già una potenza
della mente umana; pure, non è ancora una po-
tenza rigorosamente logica. Manca la sua giustifi-
cazione in una dottrina del concetto.
Anche nel philosophus theutonicus, in Jacopo
Bdhme, l'unità degli opposti è asserita con forza:
egli — dice Hegel — pone rigidamente le anti-
tesi, ma da questa rigidezza non si lascia poi
arrestare, e pone l'unità. Per lui, il si è incono-
scibile SQnza il no; l'uno, Dio, è in sé incono-
scibile: perchè sia conosciuto, è necessario che
si distingua, che il Padre si sdoppii nel Figlio.
Il Bóhme vede la triade in tutte le cose, e ap-
profondisce il significato della trinità cristiana.
Ma non riesce a mettere i suoi pensieri nella
forma propria del pensiero.
In questa forma propria del pensiero, la filosofia
dei secoli XVII e XVIII, che si svolgeva sotto l'in-
flusso della scienza matematica della natura, non
era in grado neppur di proporsi il problema. Per
Cartesio, pensiero ed estensione si congiungono
(1) De la causa principio e uno, dial. V, in fine (▼. Dialoghi meta-
fisici, ed. Gentile, Bari, Laterza, 1907, pp. 255-257).
42 CHIARIMENTI
in Dio, inmaniera incomprensibile; per Spinoza,
nella sostanza: il modo, che è il terzo termine
dopo la sostanza e l'attributo, non costituisce
sintesi dialettica; Leibniz naufraga nel problema
del male e riesce ad un poco filosofico ottimismo;
la filosofia popolare del secolo decimottavo risolve
tutte le antitesi in Dio, che diventa cosi un insieme
di contradizioni, il problema dei problemi. — Ap-
pena in qualche solitario si trovano accenni e
germi della soluzione dialettica. Così nel philo-
sophus italicus, in Giambattista Vico, che non
solo pensa di fatto la vita e la storia dialettica-
mente, ma anche è animato di avversione contro
la logica aristotelica, e contro quella della mate-
matica e fisica cartesiana; e, da una parte, fonda
una logica della fantasia (logica poetica) e della
storia (logica dell'autorità) ; dall'altra, dà impor-
tanza alla logica induttiva dell'osservazione e
dell'esperimento, come a presagio di una logica
più concreta. Un altro solitario, per molti rispetti
affine a Vico, Giovan Giorgio Hamann, — un
uomo, diceva Jacobi, che riuniva in sé in alto
grado tutti gli estremi, — fin dalla gioventù si mo-
strò insoddisfatto dei principii d'identità e di ra-
gione, e attirato da quello della coincidentiaoppo-
sitorum. Era un principio, che Hamann aveva
incontrato nel De triplici, minimo et mensura di
CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 43
Bruno; e lo ebbe « per anni nel cervello senza po-
terlo né dimenticare né comprendere » . Pure gli
sembrava « Tunica ragion sufficiente di tutte le
contradizioni e il vero processo della loro risolu-
zione ed appianamento » , che avrebbe posto ter-
mine a tutte le contese degli astrattisti ( 4 ). Da
Hamann la notizia di questo principio passò a
Jacobi, che divulgò i brani ad esso relativi, che
si leggono nelle opere di Bruno; ma Jacobi, con
la sua teoria del sapere immediato, mentre addi-
tava anch'egli la lacuna, si metteva neir impos-
sibilità di colmarla col pensiero logico.
Gli è che, per giungere alla posizione vera-
mente logica del problema degli opposti, e per
sfuggire alla soluzione (che non era poi una so-
luzione) mistica ed agnostica, bisognava si com-
piesse la rivoluzione kantiana; e quel Kant, — la
cui Critica della ragion pura sembrava ad Ha-
mann Valer tutta quanta assai meno del solo
enunciato di Bruno circa il principium coinci-
dentice oppositorum, — fu invece, appunto per
quella Critica, il vero progenitore della nuova
coincidenza degli opposti, della nuova dialettica,
cioè della dottrina logica della dialettica.
(1) Bull 'Hamann, cfr. Hegel, Vermischte Schriflen, II, 36-7, 87-8; e
ciò che io ne ho detto nella Critica, IV, 87-84.
44 CHIARIMENTI
È vero che Kant anch'egli, come i suoi pre-
cursori immediati, da Cartesio a Leibniz e ad
Hume, è sotto il dominio dell'intellettualismo e
dell'ideale della scienza-matematica della natura:
donde il suo agnosticismo, il fantasma della cosa
in sé, l'astrattezza dell'imperativo categorico,
l'ossequio verso la logica tradizionale. Ma, nel
tempo stesso, egli mantiene e rende più efficace
la differenza tra l'intelletto e la ragione; prean-
nunzia, nella Critica del giudizio, un modo di
pensar la realtà, che non è più quello meramente
meccanico, e non è neppure la finalità esterna
del secolo XVIII, ma è la finalità interna; in-
travede, oltre il concetto astratto, l'idea. Meglio
ancora, Kant dà una nuova avviata al problema
degli opposti nelle sue antinomie; le quali ap-
paiono, si, insolubili, ma tali che la mente umana
deve impigliarvisi di necessità. E. quel ch'è più
importante, — ed è la sua vera gloria, — scopre
la sintesi a priori; la quale che cosa è altro, —
come Hegel notava, — se non « una sintesi ori-
ginaria di opposti »? Questa sintesi non riceve
in lui tutto il suo valore, non si svolge nella
triade dialettica; ma, messa al mondo, non po-
teva tardare a manifestar tutta la ricchezza, che
chiudeva in sé. La sintesi a priori fa sorgere,
accanto alla vecchia logica, la logica trascen-
CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 45
dentale : parallela dapprima all'altra» ma che do-
veva finire col dissolvere l'altra. Anche è dato
in Kant gran rilievo alla forma della triplicità,
usata bensì tuttavia in modo estrinseco, ma con
insistenza, e quasi col presentimento dei suoi pros-
simi e migliori destini.
Appare a noi ormai chiaro qual dovesse essere
il compito della filosofia dopo Kant: svolgere la
sintesi a priori, creare la nuova logica filosofica,
risolvere il problema degli opposti annullando i
. dualismi lasciati intatti, anzi potenziati, da Kant.
In Fichte c'è poco più di quel che era in Kant; ma
già tutto in lui diventa più semplice e trasparente.
La cosa in sé è negata; sebbene, d'altra parte, l'io
fichtiano serbi ancora un senso soggettivo, e non
sia vera unità di soggetto ed oggetto; cosicché
Fichte non riesce a giustificare la natura di fronte
allo spirito, e termina, come Kant, nell'astrattismo
morale e nella fede. L'idea di una nuova logica si
determina meglio; tanto che la filosofia è con-
cepita come dottrina della scienza. La forma
della triplicità prende un posto fondamentale,
e si atteggia come tesi, antitesi e sintesi. Ancora
un passo innanzi è fatto da Schelling, il quale
perviene alla convinzione che non si possa filo-
sofare se non col principio dell' identità degli op-
posti; e l'assoluto concepisce quale identità di op-
46 CHIARIMENTI
posti. Se non che, l'assoluto è in lui indifferenza
di soggetto ed oggetto, con differenze meramente
quantitative; non è ancora soggetto e spirito.
E la sua gnoseologia è priva di logica, perchè
organo della filosofia è, per lui, la contempla-
zione estetica. Questa la deficienza, che Schelling
non giunse mai a superare; e le cui conseguenze
furon tanto gravi, da dar luogo a ciò che si è
chiamata la sua seconda maniera, la metafisica
dell'irrazionale.
Hegel, com'è noto, si presentò nel mondo filo-
sofico più tardi del suo più giovane contempo-
raneo Schelling, di cui può dirsi discepolo. Ma
quello che per Schelling fu il punto d'arrivo,
fu per Hegel un punto di passaggio: quella che
per Schelling fu la fase finale, donde s' iniziò la
degenerazione, per Hegel fu una fase giovanile.
Anch'egli, per qualche tempo, non conobbe altro
organo della filosofia che la contemplazione este-
tica, l'intuizione come intuizione intellettuale,
né altro sistema filosofico che l'opera d'arte: an-
ch'egli, — nel primo abbozzo che si serba del suo
sistema, — metteva al culmine dello svolgimento
spirituale non la filosofia, ma la religione. Ma il
profondo spirito logico di Hegel lo condusse via
via a riconoscere, che la filosofia non può aver
altra forma che quella del pensiero, nella diffe-
CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA ' 47
renza peculiare che esso ha verso la fantasia e
l'intuizione. Certo, non più l'antico pensiero logico-
naturalistico: dopo Kant, dopo Fichte, dopo Schel-
ling, ciò non era più possibile: l'intellettualismo
dei secoli XVII e XVIII era stato colpito a morte.
Doveva essere una forma logica, che serbasse e
rafforzasse le conquiste recenti della filosofia:
una forma logica, che fosse la forma del reale
nella sua integrità. Tutto spingeva Hegel in que-
sta via e ricerca: la sua ammirazione per l'ar-
monia del mondo ellenico; la sua partecipazione
al movimento romantico, cosi ricco di antitesi; i
suoi studi teologici, pei quali l'idea cristiana della
trinità, stremata o resa vuota dal razionalismo
protestante, gli pareva dovesse trovare il suo ri-
fugio e il suo significato vero nella nuova filoso-
fia; i suoi studii speculativi intorno alla sintesi e
alle antinomie kantiane. E, con la Fenomenologia
dello spirito (1807), compi il suo distacco dagli
indirizzi filosofici, ai quali aveva aderito finallora;
e mise in luce il suo principio di risoluzione del
problema degli opposti : — non più semplice coin-
cidenza in un terzo ignoto od impensabile; non
più unità immobile; non più intuizione schellin-
ghiana; ma unità e diversità insieme, movimento
e dialettica. La prefazione alla Fenomenologia
è stato definita; « l'addio di Hegel al romanti-
48 CHIARIMENTI
cismo »; ma la verità è, che il romanticismo,
solo mediante quel distacco, era salvato per la
filosofia. Solo un romantico, che avesse in certo
senso superato il romanticismo, poteva coglierne
il frutto filosofico 0).
La logica della dialettica è perciò scoperta
originale di Hegel, non solo rispetto ai suoi più
remoti precursori, ma anche rispetto a coloro, che
gli son prossimi. Se si vuole di ciò una riprova,
si veda come Hegel si conduce verso questi ul-
timi. Kant, che rinnegò Fichte, avrebbe anche.più
recisamente rinnegato Hegel: la sua filosofia non
conteneva le condizioni necessarie per intenderlo,
e cioè per criticarlo davvero. Ma Hegel, che com-
battette in modo definitivo le tendenze e gli
aspetti erronei della filosofia kantiana, e tutto il
vecchiume che questa si trascinava dietro, fu an-
che colui che ne mise in mostra tutto ciò che of-
friva di veramente nuovo e fecondo: tanto che si è
potuto dire, che nessun altro ha inteso Kant, fuori
di Hegel (*). Schelling rimase sempre sordo e ostile
alla concezione del suo ex-amico; e, durante un
(1) Si cfr. la mia nota: Le definizioni del romanticitmo, in Critica,
IV, 241-245.
(2) « For my part, I bave to declare that, so far as It has been
given me to see, I nave no evidcnce that any man has thoronghly
understood Kant except Hegel, or -that this later himself remai ns aught
else then a problem whose solution has bcen arrogated, but never
effectuated » (J. H. Stirling, The secret of Hegel, Londra, 1865, 1, 14).
CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 49
mezzo secolo che ancora visse, le contrappose osti-
natamente la sua propria, invecchiata e peggio-
rata; e talvolta, — come nella celebre prefazione
aìFragments del Cousin, — respingendo violente-
mente la filosofia di Hegel, si lamentò insieme di
essere stato derubato: senza per altro riuscir mai
a formulare chiaramente, né quale fosse il furto
commesso dall'altro, né quale Terrore. Hegel, in-
vece, seguitò a venerare Schelling, come il « pa-
dre della nuova filosofia » ; riconobbe il barlume
di dialettica, ch'era già in lui; ne mostrò sempre
lucidamente i pregi e i difetti. Se un punto di
vista superiore si dimostra tale, perchè comprende
in sé quelli inferiori; se la riprova della verità
di una dottrina è nella giustificazione, che essa è
in grado di fornire, delle verità scoperte da altri,
e nella spiegazione dei loro errori; anche siffatta
riprova, dunque, non mancò alla dottrina di Hegel.
Kant non comprese pienamente sé stesso, ed è ca-
scato tra le braccia dei neocritici, che dalla sua
logica trascendentale sono tornati alla mera lo-
gica naturalistica; Schelling non comprese pie-
namente sé stesso, e fini, con poca sua gloria,
nel secondo Schelling. Ma per Hegel l'uno e l'altro
finivano nella gran mente di lui, che era il loro
figlio spirituale: fine più degna che non il servir
da esercitazione agli scolaretti, o il sopravvivere
a sé stessi nel misconoscimento di sé stessi.
ni.
La dialettica
e la concezione della realtà.
Pensar dialetticamente, e pensare la teoria lo-
gica della dialettica, sono, dunque, due atti
mentali distinti. Ma è evidente, d'altra parte, che
il secondo pensamento rafforza il primo, dandogli
coscienza di sé e sbarazzandogli d'innanzi gli
ostacoli, che nascono dalle false idee intorno alla
natura della verità filosofica. Ciò per l'appunto
accadde in Hegel, che fu non solo il gran teorico
di quella forma di pensiero, ma il maggior pen-
satore dialettico effettivo, che sia apparso nella
storia. La concezione ordinaria della realtà, dia-
letticamente trattata da lui, si modifica in più
i parti e cangia l'aspetto totale. Tutte le dualità,
tutte le scissioni, tutti i hiatus, e, per cosi dire,
tutte le squarciature e le ferite onde la realtà si
presenta straziata per opera dell'intelletto astrat-
to, si colmano, si chiudono, si rimarginano: la
realtà diventa tutta unita, un'unità compatta (gè-
52 LA DIALETTICA
diegene Einheit); la coerenza dell'organismo si
ristabilisce, e dentro di esso circolano di nuovo
il sangue e la vita.
E bisogna notare che spariscono anzitutto una
serie di dualismi, che non sono veramente di op-
posti e neppure di distinti: sono falsi opposti e
falsi distinti, termini che non possono essere pen-
sati né come elementi costitutivi del concetto in
universale, né come sue forme particolari, per
la semplice ragione che, cosi come sono formulati,
non esistono. Hegel, — che nel criticarli accenna
pure qua e là a questa loro differenza dagli al-
tri, — ne determina benissimo la genesi, che è
nelle fantasmagorie dell'astrazione. Sono dualità
di termini, che nascono dalle scienze empiriche,
dalla coscienza percettiva e legislatrice, dalle
scienze del fenomeno; le quali, appunto perchè
si aggirano nel fenomeno, quando fanno il conato
di sollevarsi all'universale, sono costrette a spez-
zare la realtà in apparenza ed' essenza, esterno
ed interno, accidenti e sostanza, manifestazione
e forza, finito ed infinito, molti ed uno, sensibile
e soprasensibile, materia e spirito, ed altrettali
termini. Se questi termini fossero veri distinti (o
allorché designano veri distinti), darebbero luogo
al problema della connessione dei distinti nel con-
cetto concreto. Se fossero veri opposti, realmente
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 53
opposti (o quando designano veri e reali oppo-
sti) (*), essi darebbero luogo al problema della
sintesi degli opposti. Ma, non essendo tali, pren-
dendo sembianza di distinti e di opposti solo per
l'arbitraria astrazione degli empiristi, naturalisti
e matematici, la loro critica, effettuata da una
dialettica negativa, si compie con un principio
diverso da quello che regge la dialettica positiva.
Essi, infatti, sono impensabili; e ogni tentativo
di risolvere la dualità, appigliandosi all'uno o al-
l'altro dei due termini, cosi come sono nella di-
stinzione, si converte nel suo contrario. Il ma-
terialismo conserva il fenomeno, la materia, il
finito, ilsensibile, l'esterno, ecc.; ma, giacché quel
termine è di natura sua costituito in modo che
richiama l'altro, ecco Y infinito risorgere in quel
finito, e assumere la forma di un infinito quan-
titativo, di un finito da cui nasce un finito e poi
un finito e poi ancora uh finito, air infinito; e tale
è quella che Hegel denomina la' falsa o mala in-
finità. 11 soprannaturalismo conserva, come sola
realtà, il secondo : ma l'essenza fuori dell'appa-
renza, F interno fuori dell'esterno, l'infinito fuori
del finito, diventano qualcosa d' imperscrutabile,
(1) Questa ed altrettali riserve sono rese opportune dalla pluralità
di significato, che quelle parole hanno avuto nel linguaggio filosofico.
54 LA DIALETTICA
d'inconoscibile; ed ecco sorgere la cosa in sè 9
che meglio si direbbe la vacuità in sé; il gran
mistero, che poi — dice Hegel — è la cosa più
facile a sapersi; giacché la cosa in sé, anziché
esser fuori del pensiero, è un prodotto del pen-
siero stesso, di quel pensiero che si è spinto fino
alla pura astrazione, e che fa suo oggetto la vuota
identità di sé stesso. La cosa in sé, a cagione
della sua nullità, lascia come solo reale e pen-
sabile il fenomeno, il finito, l'esterno: e proprio in
quanto fenomeno, finito ed esterno.
La correzione positiva è data dal concetto con-
creto, da quel carattere che è proprio del con-
cetto hegeliano e che lo differenzia dalle astra-
zioni naturalistiche e matematiche. Il reale non
è né l'uno né l'altro di quei termini, e neppure
la loro somma: è il concetto concreto, che riem-
pie il vuoto della cosa in sé e toglie la distanza,
che separava questa dal fenomeno. È l'assoluto,
che non è più parallelismo di attributi o indif-
ferenza di essi; ma è rilievo e significato nuovo
dato a uno dei termini, che, per quel nuovo si-
gnificato, assorbe e fonde in sé l'altro. Cosi la so-
stanza diventa soggetto, l'assoluto si determina
come spirito ed idea; e il materialismo è oltre-
passato. Cosi anche la realtà non è più un in-
terno rispetto all'esterno: la natura, secondo il
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 55
motto di Goethe, — che Hegel accetta e fa suo, —
non ha nòcciolo né corteccia, è tutta di un getto;
l'uno non è di là dai molti, ma è i molti ; lo spi-
rito non è di là dal corpo, ma è il corpo. E il
soprannaturalismo è oltrepassato (*).
A questa distruzione dei falsi distinti ed oppo-
sti, — che possono essere tutti riassunti e rappre-
sentati nella dualità di essenza ed apparenza, —
si accompagna la trattazione propriamente dia-
lettica (di dialettica positiva) degli opposti veri,
che possono rappresentarsi e riassumersi tutti
nella dualità ed antitesi dell'essere e del non-es-
sere. È il dualismo fondato sull'opposizione reale;
perchè a nessuno può venire in mente di negare
la realtà del male, del falso, del brutto, dell' ir-
razionale, della morte, e l'antitesi di tutti questi
termini col bene, col vero, col bello, col razio-
nale, con la vita.
Né Hegel la nega. Ma, in forza della sua dot-
trina logica che fa del pensamento degli opposti
la concezione stessa della realtà come svolgi-
mento, egli non può considerare il termine ne-
gativo, il lato del non essere, come un qualcosa
che stia di fronte all'altro, e distaccato. Se il ter-
(1) Per la critica di questi concetti, si reda in ispecie la dottrina
dell'utenza, che costituisce la seconda sesione della Logica,
56 LA DIALETTICA
mine negativo non fosse, non sarebbe lo svol-
gimento; e la realtà, e con essa il termine pò
sitivo, cadrebbe. H negativo è la molla dello svol-
gimento : l'opposizione è l'anima stessa del reale.
La mancanza di ogni contatto con Terrore, non
è pensiero e non è verità; ma è l'assenza stessa
del pensiero, e perciò della verità. L' innocenza
non è carattere del fare, ma del non fare: chi fa,
falla; chi fa, è alle prese col male. La felicità vera,
la felicità umana, anzi virile, non è la beatitu-
dine ignara di dolore, quella beatitudine cui si av-
vicina solo la fatuità e l'imbecillità. Di siffatta
beatitudine non si trovano le condizioni nella sto-
ria del mondo; la quale, — dice Hegel, — là dove
manca la lotta, « ci mostra bianche le sue pagine > .
Se ciò è vero, — com' è d'accordo con la ge-
nerale e profonda convinzione umana, che si
esprime in tanti aforismi, i quali sembrano a
volte frasi hegeliane, — il rapporto dell'ideale
e del reale, del razionale e del reale, non può
essere inteso come suonano queste parole nella
filosofia delle scuole; cioè come il contrasto tra
un razionale che non è reale, e un reale che
non è razionale. Ciò che è reale, è razionale;
e ciò che è razionale è reale (*). L' idea e il fatto
(1) Prefazione alla Filosofia del diritto; e cfr. EncicL, § 6.
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 57
sono il medesimo. Che cosa, per esempio, chia-
miamo noi razionale nel dominio del pensiero
scientifico? Il pensiero stesso: un pensiero irrazio-
nale non è pensiero, è irreale come pensiero. Che
cosa chiamiamo razionale nel dominio delle pro-
duzioni artistiche? L'opera d'arte stessa: un fatto
artistico, che sia brutto, non è un fatto artistico;
è, non già una realtà artistica, che abbia poi
la nota della bruttezza; ma è l'irrealtà artistica.
Ciò che si dice irrazionale è, dunque, l'irreale;
e non può considerarsi come specie o classe di
oggetti reali. Senza dubbio, anche l'irreale ha
la sua realtà, ma è la realtà dell'irrealtà: la realtà
del non-essere nella triade dialettica, del niente
che è non il reale, ma lo stimolo del reale, la
molla dello svolgimento.
Coloro che, fondandosi sull'esposta dottrina che
identifica razionale e reale, hanno parlato di otti-
mismo nella concezione hegeliana della realtà e
della vita, hanno grossolanamente frainteso. He-
gel non cancella né il male né il brutto né il
falso né il vano: niente sarebbe più alieno dalla
sua concezione, drammatica, e, in certo senso,
tragica, della realtà. Bensì, egli vuol compren-
dere la funzione del male e dell'errore; e com-
prendere questa funzione non è già negarlo come
male ed errore, anzi è confermarlo come tale:
58 LA DIALETTICA
non è chiuder gli occhi innanzi allo spettacolo
triste, o falsarlo con puerili giustificazioni finali-
stiche — di finalità esterna, — come si usava nel
secolo XVIII (come faceva, per esempio, Bernar-
din de Saint-Pierre). Ma quel che c'è di esatto,
in fondo all'asserzione del preteso ottimismo di
Hegel, è,- ch'egli non può dirsi neppure pessimi-
sta; perchè il pessimismo è la negazione del ter-
mine positivo nella diade degli opposti, come
l'ottimismo è la negazione di quello negativo. E,
del resto, vi sono stati mai, o possono mai es-
servi, pessimisti od ottimisti consequenti? Non
più di quel che vi siano stati monisti e dualisti
consequenti. Ogni ottimista ha sempre un lato
pessimistico; come ogni pessimista propone un
procedimento di liberazione dal male e dall'er-
rore, e cioè ha il suo lato ottimistico. Bene e male
sono termini opposti e correlativi; e l'afferma-
zione dell'uno non nega l'altro. Hegel, che li nega
entrambi, conservandoli entrambi, nella sintesi
dialettica, è veramente di là dal pessimismo e
dall'ottimismo, in alto, su quell'Olimpo filosofico
in cui non si piange e non si ride, perchè e riso e
pianto son diventati oggetti innanzi allo spirito,
e la loro agitazione è superata nella serenità del
pensiero.
H fatto, la realtà, è sempre razionale e ideale ;
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 59
è sempre verità, è sempre saggezza e bontà mo-
rale. Ma, beninteso, il fatto che sia davvero fatto;
la realtà, che sia davvero realtà. Ciò che è illo-
gico, sciocco, brutto, turpe, capriccioso, non è
un fatto, ma è l'assenza del fatto, è il vuoto, è
il non-essere, è, tutt'al più, l'esigenza dell'essere
vero, lo stimolo alla realtà, non già la realtà.
Hegel non si è mai sognato di accettare e giu-
stificare come fatto ciò che è sproposito e stor-
tura: è forse una giustificazione il considerarlo,
com'egli lo considera, cioè quale irrealtà e va-
cuità ? La natura, secondo il vecchio detto, aborre
dal vuoto; ma chi di certo aborre dal vuoto è
l'uomo, perchè il vuoto è la morte della sua atti-
vità, cioè del suo essere di uomo.
Ma, se la giustificazione del male non si trova
nella filosofia di Hegel, sibbene quella soltanto
della sua funzione, è vero che Hegel mise in
guardia contro la facilità e superficialità, con cui
si suole spacciare come irrazionale ciò che ef-
fettivamente è stato ed è, e che, appunto per
questa sua effettualità, non può essere irrazio-
nale. Hegel è il gran nemico degli scontenti della
vita, delle anime sensibili, dei perpetui decla-
matori e agitatori in nome della ragione e della
virtù, e, — storicamente individuando ed esem-
plificando, — del faustismo, che proclama grigia
60 LA DIALETTICA
la teoria e verde l'albero della vita, che si ri-
bella contro le leggi del costume e dell'esistenza,
che disprezza la verità e la scienza, e invece
di esser posseduto dallo spirito celeste cade in
balia di quello terrestre; — dell' umanitarismo
enciclopedistico e del giacobinismo, che pone di
fronte alla dura realtà il proprio squisito cuore,
e vede dappertutto tirannie e frodi di despoti e di
preti; — dell'astrattezza kantiana, di un do-
vere che si tien fuori dei sentimenti umani. Egli
odia quella virtù', che è sempre in lotta col corso
del mondo; che fa nascere i sassi per urtarvi den-
tro; che non sa mai precisamente che cosa si
voglia, ed ha la testa grossa si, ma grossa di una
gonfiatura ; e, se in qualcosa è seriamente occu-
pata, è ad ammirar sé medesima, nella propria
inarrivabile e commovente perfezione. Odia il Sol-
len, il dover essere, l'impotenza dell'ideale, che
deve sempre essere e non è, e che non trova
mai nessuna realtà a lui adeguata; quando invece
ogni realtà è adeguata all'ideale. Il destino di quel
« dover essere > è di venire a noia, come ven-
gono a noia tutte le più belle parole, — Giustizia,
Virtù, Dovere, Moralità, Libertà, ecc., — quando
restano mere parole, risonanti fragorosamente e
sterilmente dove altri opera e non teme di mac-.
chiar la purezza dell' idea traducendola nel fatto.
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 61
Nella lotta tra questo « dover essere », tra que-
sta vanitosa virtù e il corso del mondo, il corso
del mondo vince sempre. Perchè, o il corso del
mondo non si muta, e le pretese della virtù si
chiariscono arbitrarie ed assurde, il che vuol
dire non veramente virtuose: tutt'al più, restano
buone intenzioni, eccellenti intenzioni, ma « gli
allori delle buone intenzioni sono foglie secche,
"che non han mai verdeggiato ! » . Ovvero, il fine
della virtù si attua, entra a far parte del corso
del mondo; e ciò che muore in quel caso, non
è già il corso del mondo, ma la virtù, la virtù stac-
cata dal fatto; se pure non voglia seguitare a vi-
vere per tenere il broncio al suo ideale, colpevole
dì esser diventato reale! L'illusione nasce dalla
lotta, la quale è certamente reale; ma non già
come lotta dell'individuo col mondo, ma come
lotta del mondo con sé stesso, del mondo che fa sé
stesso. « Ognuno vuole e crede di esser migliore
di questo suo mondo; ma chi è migliore, esprime
soltanto questo suo mondo meglio di altri (*). »
Che cosa è poi codesta ripugnanza dei porta-
tori d'ideale contro il fatto, degli ammiratori
(1) Negli aforismi, che si leggono in appendice al Rosknkranz, Hegel*
Leben, p. 550. — Per la satira del Sollen, si vedano in particolare la Fe-
nomenologia, sezione della Vernunft, B, e l'introduzione alla Filosofia
della storia.
62 LA DIALETTICA
dell'universale contro l'individualità? L'indivi-
dualità non è altro che il veicolo dell'universa-
lità, la sua effettualità. Niente si può attuare se
non diventa passione dell'uomo: niente di grande
si fa senza la passione. E la passione è l'attività
dell'uomo, che si volge ad interessi e fini par-
ticolari. Tanto l'interesse particolare è veicolo
dell'universale, che gli uomini, proseguendo quei
loro fini, attuano l'universale : rendono, per esem-
pio, schiavo un altro uomo, e dalla lotta di schiavo
e padrone nasce, nell'uno e nell'altro, l' idea vera
della libertà e dell'umanità. Essi oltrepassano con
l'opera loro le loro intenzioni consapevoli, e se-
guono le intenzioni immanenti, quelle della ra-
gione, che si vale di essi; ed è questa l'astuzia
della ragione (die List der Vernunft). Il che
non bisogna intendere in modo trascendente:
l'astuzia della ragione è la frase immaginosa, che
designa la razionalità di tutto ciò che l'uomo fa
davvero, — di qualunque opera umana, — se
ne abbia o no la coscienza riflessa. Così l'artista
crea l'opera d'arte, e non si rende conto del lavoro
compiuto; e non perchè non se ne rende conto,
è poi irrazionale quel suo lavoro, ubbidiente alla
somma razionalità del genio. Così l'animo buono
ed ingenuamente eroico crede di seguir sempli-
cemente l'impulso del proprio sentimento indi-
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 63
viduale; non ha la coscienza della sua azione,
come l'ha poi l'osservatore e lo storico: e non
per questo è meno buono e meno eroico. I grandi
uomini fanno lor passione individuale, loro inte-
resse particolare, la volontà stessa della ragione,
ciò che vi ha di sostanziale nei bisogni del loro
tempo e del loro popolo: sono egli uomini d'affare »
dello spirito del mondo. E per questo appunto co-
loro che li giudicano superficialmente non riesco-
no a scorgere in essi se non motivi meschini: si
fermano, cioè, al lato individuale, sebbeno neces-
sario, dell'opera loro, giusta il proverbio che non
v'ha grand'uomo pel suo cameriere; il che, come
Hegel osserva (e Goethe si compiacque di ripe-
tere l'arguta frase), accade non già perchè il
grand'uomo non sia grand'uomo, ma perchè il
cameriere è cameriere. Perciò anche ai grandi
uomini non son dati di solito onori e gratitudine
dai contemporanei; e neppure hanno tale soddi-
sfazione presso l'opinione pubblica della posterità:
ad essi toccano non gli onori, ma la gloria im-
mortale, vivendo nello spirito di coloro stessi
che li combattono e pur ne sono tutti pieni.
Questa maniera hegeliana di considerar la vita,
tradotta in termini di politica corr ente, è stata
giudicata spirito di conservatore; e si è detto
perciò che, come Rousseau fu il filosofo della ri-
64 LA DIALETTICA
voluzione francese, così Hegel fu quello della re-
staurazione specificamente prussiana, il filosofo
del consiglio segreto di governo e della buro-
crazia reggitrice dello stato. Ma, senza entrare
nell'indagine della maggiore o minor verità di
fatto di codeste affermazioni, giova osservare che
non bisogna confonder tra loro Hegel, come in-
dividuo storico, operante in certe date condizioni
rispetto ai problemi sociali e politici del suo tempo
e del suo popolo, — l'Hegel, che è di competenza
del biografo e dello storico politico, — con He-
gel filosofo, che solo è di pertinenza dello sto-
rico della filosofia. Ciò da cui si può ricavare un
atteggiamento politico storicamente determinato,
mostra per ciò stesso di non essere pura verità
filosofica. La filosofia non deve mescolarsi — os-
serva lo stesso Hegel — con cose che non la ri-
guardano; e perciò Platone poteva ben rispar-
miarsi di dar consigli alle balie sul modo di tener
sulle braccia i bambini ; e Fichte, di « costruire »
il modello del passaporto poliziesco, da fornirsi,
secondo lui, del ritratto del portatore e non. dei
soli connotati! La concezione della vita era in
Hegel tanto filosofica, che in essa trovano la loro,
giustificazione, secondo i casi, e la conservazione
e la rivoluzione e la restaurazione. Su questo
punto son d'accordo cosi il socialista Engels, come
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 65
lo storico conservatore Treitschke (*); i quali en-
trambi riconoscono, che la formula dell' identità
del razionale col reale poteva essere, a volta a
volta, invocata da tutte le opinioni e i partiti poli-
tici, varianti poi tra loro non già in quella formula
comune, ma nel determinar quale fosse il reale
razionale, e quale quello irrazionale ed irreale:
ogni volta che un partito politico si apparecchiava
alla guerra contro una data istituzione e classe
sociale, la proclamava irrazionale, e cioè non for-
nita di salda e reale esistenza; e si era messo
così in regola con la filosofia hegeliana ! Nelle ri-
voluzioni del secolo XIX, e in ispecie in quelle
del 1848, parteciparono variamente tutte le fra-
zioni della scuola hegeliana; e perfino furono due
hegeliani, che scrissero, in quell'anno, il vigoroso
Manifesto dei comunisti. Ma la formula a tutti
essi comune non era una vuota etichetta: essa
stava a significare che il giacobinismo e il sem-
plicismo del secolo dei lumi era ormai finito, e
che tutti, di tutti i partiti, avevano appreso da
Hegel in che consistesse il vero senso politico.
Hegel medesimo, fin da giovane, esaminando le
condizioni della Germania, e definendo questa uno
(1) H. Treitschke, Deutsche Geschichte im 19. Jahrhundert, voi. in,
(1885), pp. 720-1; F. Engels, Ludwig Feuerbach, und der Ausgang der
Klassischen deuUchen Philosophie (Stuttgart, 1888),
66 LA DIALETTICA
« stato astratto » (ein Gedankenstaat), ba fatto,
a qualche suo critico, tornare alla memoria il Se-
gretario fiorentino e la sua analisi profonda delle
condizioni effettuali d'Italia nel rinascimento (*).
E, quasi splendide esemplificazioni della teoria he-
geliana, si videro apparire i Cavour e i Bismarck :
uomini nei quali il razionale e il reale furono
sempre congiunti e fusi, non straniati tra loro nel
doloroso e infecondo dissidio proprio delle menti
degli ideologi e dei sognatori.
La conseguenza, a cui menava questa media-
zione degli opposti, combinata con la distruzione
dei falsi distinti ed opposti, era l'esaltazione della
storia. La storia, la vita del genere umano, i fatti
che si svolgono nel tempo, cessano di esser con-
cepiti come un qualcosa di separato e di estraneo
rispetto all'essenza delle cose, all'idea, o, peggio
ancora, come una diminuzione e deturpamento
dell'idea. Tale la storia era apparsa nei varii si-
stemi dualistici; per non dir del materialismo, che,
negando ogni valore, non può ammetter neppure
il valore della storia. E tra storici e filosofi era
sorto un profondo dissidio, uno sconoscersi reci-
proco. Non è il caso di ricordare le forme più an-
tiche di questo dissidio, come la filosofia di Carte-
^1) Cfr, I\. Fisqher, Hegels Leben u. Werke, p. 59.
P LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ . 67
sio, antistorica per eccellenza; e lo spinozismo, —
o panteismo orientale, come Hegel lo chiamava,
soggiungendo che erroneamente era considerato
quale ateismo, quando piuttosto conveniva dirlo
acosmismo; — e tutto il sensismo e l'intellet-
tualismo del secolo XVIII. Ma, tra gli stessi con-
temporanei di Hegel, la storia non ha nessun
posto nel sistema di Herbart, che manca affatto
dell'idea di svolgimento; né in quello di Scho-
penhauer, pel quale la vita del genere umano
non presenta problemi di progresso; come non
l'ebbe poi nei sistemi positivistici di Comte e di
Spencer.
Nel sistejma di Hegel, invece, dove l'infinito
e il finito son fusi in uno, e il bene e il male
costituiscono un unico processo, la storia è la
realtà stessa dell'idea: lo spirito non è nulla,
fuori del suo svolgimento storico. Perciò in esso
ogni fatto, appunto perchè fatto, è un fatto del-
l' idea ed appartiene all'organismo concreto del-
l'idea: in Hegel, tutta la storia diventa storia
sacra. Anche per questa parte può dirsi che ci
sia un accordo generale; giacché sono stati sem-
pre messi in rilievo e fatti oggetti di ammira-
zione i grandi lavori storici, dovuti all'impulso di
Hegel: storie della religione, delle lingue, della
letteratura, del diritto, dell'economia, della filo-
68 LA DIALETTICA
sofia. Se non che, per una troppo superficiale
concezione, questa efficacia di Hegel sugli studii
storici è stata poi considerata quasi come acci-
dentale, come dovuta semplicemente alla per-
sonalità del maestro, che di cognizioni storiche
fu cultore appassionato e padroneggiatore sicuro.
E non si vedeva che essa era invece rigorosa
conseguenza di quel tanto combattuto principio
dialettico, che risolveva gli opposti e i falsi op-
posti; ossia della logica hegeliana in quel che
aveva di più caratteristico: onde, accettandosi
come gran beneficio quel promovimento degli
studii storici, se ne rifiutava la causa vera; ac-
cettando la conseguenza, si rifiutava la premessa,
su cui sola poteva appoggiarsi e si appoggiava.
Il carattere sacro, che assume la storia, è un
aspetto del carattere d'immanenza, che è pro-
prio del pensiero hegeliano, della sua negazione
di ogni trascendenza. Certo, si è avuto torto ad
accusarlo o lodarlo di naturalismo e materia-
lismo; giacché, come mai può essere naturalistica
e materialistica una filosofia, che svela la genesi
di tali illusioni, una filosofia dell'attività, una
filosofia che ha a suo principio lo spirito e l'idea?
Ma, quando con quelle parole si è inteso notarne
il carattere antireligioso, l'osservazione ha del
giusto. È una filosofia, — direi la sola filosofia, —
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 69
radicalmente irreligiosa, perchè non si contenta di
contrapporsi alla religione o di porlesi a fianco,
ma la risolve in sé e sostituisce. Perciò anche,
sotto altro rispetto, può dirsi la sola altamente
religiosa; giacché suo compito è soddisfare in
modo razionale il bisogno religioso, che è il più
alto dell'uomo. E, fuori della ragione, non lascia
nulla, nessun residuo: « Le domande, a cui la fi-
losofia non risponde, hanno la loro risposta in ciò,
che non debbono esse?" fatte ( A ). >
Nella sua dottrina logica, e nel suo effettivo
pensare in conformità di essa, è, dunque, il vi-
gore indomabile, la fecondità inesausta, la per-
sistente giovinezza della filosofia hegeliana. Vi-
gore, fecondità, giovinezza, che risaltano più
vivaci ai giorni nostri, nel nuovo rigoglio cui as-
sistiamo di nevrotico misticismo e di poco sincera
religiosità; nella nuova barbarie antistorica, che
ci ha regalato il positivismo, e nel nuovo gia-
cobinismo, che ne è frequente conseguenza. Chi
sente la dignità d'uomo, la dignità del pensiero,
non può soddisfarsi in altra soluzione dei con-
trasti e dei dualismi, che non sia quella dialet-
tica, conquistata dal genio di Hegel.
Il filosofo, che, per questo riguardo, può me-
(1) Negli aforismi citati, p. 543.
70 LA DIALETTICA
glio di ogni altro esser collocato accanto ad
Ilegel, è Giambattista Vico, che ho già ricor-
dato come precursore della dottrina logica con-
creta, estetizzante come Hegel, preromantico
come questi fu romantico; e che più stretta-
mente somiglia ad Hegel pel suo effettivo pen-
sare dialettico ( £ ). Certamente, l'atteggiamento
di Vico, di fronte alla religione, è meno radicale
di quello di Hegel. Se questi fu, biograficamente
parlando, un cristiano assai incerto, e non ab-
bastanza esplicito nel chiarire la sua posizione
rispetto alla chiesa, Vico, considerato nella sua
biografia, fu cattolico sincerissimo e senza equi-
voci. Pure, tutto il pensiero di Vico è non solo
anticattolico, ma antireligioso. Poiché egli spiega
come naturalmente si formino i miti e le reli-
gioni; e quel suo rinunciare a tal suo principio
di spiegazione innanzi alla storia e alla religione
ebraica, se soggettivamente fu timidezza di cre-
dente, assume oggettivamente il valore di un'in-
consapevole ironia; simile a quella consapevole,
di Machiavelli, quando rinunciava a indagare
come mai si mantenessero gli stati, pessima-
mente governati, del papa, perchè — egli di-
(1) Per la posizione storica di Vico e pel suo rapporto con la filo-
sofia germanica, v. B. Spaventa, o. c, lez. VI, pp. 83-102; e cfr. anche
la parte storica della mia Estetica, cap. V.
E LA CONCEZIONE DELLA REALrÀ 71
ceva — « son retti da cagioni superiori, alle
quali la mente umana non aggiugne! >. Vico
stabilisce che il vero si converte col fatto, e solo
colui può conoscere davvero una cosa che rabbia
fatta; epperò attribuisce all'uomo la piena cono-
scenza del mondo umano, perchè è opera sua ; e
rimanda a Dio la conoscenza del restante mondo
naturale, perchè egli che l'ha fatto, esso solo ne
ha la scienza: limitazione anche questa, che mal
forma ostacolo all'enunciato principio rivoluzio-
nario, il quale, stabilito che sia pel mondo umano,
di necessità deve estendersi a tutto il reale. E
tanto intimamente irreligiosa era tutta la gno-
seologia di questo pio cattolico che, subito dopo
la sua morte, si favoleggiò ch'egli avesse dovuto,
nei suoi libri, celare parte del suo pensiero per
imposizioni ricevute da uomini di chiesa; e i
razionalisti videro in Vico il loro maestro, e i
cattolici zelanti lo riprovarono come fonte prima
di tutto il movimento antireligioso dell'epoca sto-
rica, che segui alla sua (*).
Ma ben più evidenti sono le somiglianze tra
Vico ed Hegel, quando si lasci questo punto della
religione. Come Hegel fu in opposizione e lotta
contro l'antistoricismo degli enciclopedisti e del-
(1) Cfr. la mia Bibliografìa vichiana (Napoli, 1904), pp. 91-95.
72 LA DIALETTICA
VAufklàrung, cosi Vico contro l'antistoricismo
di Cartesio e della sua scuola; e dimostrò che
avevano mancato per metà tanto i filosofi che non
accertarono le loro ragioni con l'autorità dei filo-
logi, quanto i filologi che non curarono d'avve-
rare la loro autorità con le ragioni dei filosofi.
Come Hegel contro gli utopisti e predicatori di
astrazioni e seguaci del sentimento e del godi-
mento, così Vico rifiutava insieme stoici ed epi-
curei, e non ammetteva se non quelli ch'egli
chiamava « filosofi politici ». E scherniva quei
savii che, dimenticando le lotte e i dolori della
vita reale, dettavano « pratiche di vita impos-
sibili alla condizione umana, o pericolose, com'è
di regolare i doveri della vita col piacere dei
sensi » ; e davano leggi e fondavano repubbliche
e nel riposo ed all'ombra >, che « non ebbero
altrove luogo che nelle menti degli eruditi ».
Egli ben sapeva che « i governi debbono essere
conformi alla natura degli uomini governati >;
e che « i natii costumi, e sopra tutto quelli della
naturai libertà, non si cangiano tutto ad un tratto,
ma per gradi e con lungo tempo > . Vico aveva,
non meno di Hegel, il concetto dell'astuzia della
ragione; e la chiamava la Provvidenza divina:
« la quale delle passioni degli uomini tutti at-
tenuti alle loro private utilità, per le quali vi-
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 73
verebbono da fiere bestie dentro le solitudini,
ne ha fatto gli ordini civili, per li quali vivono
in umana società > . Che importa che gli uomini
non ne abbiano coscienza? Il fatto non è perciò
meno razionale. « Homo non intelligendo fit om-
nia, perchè l'uomo con l'intendere spiega la
sua mente e comprende esse cose, ma, col non
intendere, egli fa di sé esse cose, e col trasfor-
mando visi lo diventa. » « E non dobbiam dire
— esclama altrove — ciò esser consiglio d'una
sovrumana sapienza? La quale, senza forza di
leggi,.... ma facendo usò degli stessi costumi de-
gli uomini, dei quali le costumanze sono tanto
libere d'ogni forza quanto lo è agli uomini cele-
brare la lor natura, ella divinamente la regola
e la conduce? Perchè pur gli uomini hanno essi
fatto questo mondo di nazioni;... ma egli è que-
sto mondo senza dubbio uscito da una mente
spesso diversa, ed alle volte tutta contraria, e
sempre superiore, ad essi fini particolari, ch'essi
uomini s'avevan proposti ; de' quali fini ristretti,
fatti mezzi per servire a fini più ampii, gli ha
sempre adoperati per conservare l'umana gene-
razione in questa terra. Imperciocché vogliono
gli uomini usar la libidine bestiale e disperdere
i loro parti, e ne fanno la castità de' matrimonii,
onde surgono le famiglie; vogliono i padri eser-
74 LA DIALETTICA
citare smoderatamente gli imperii paterni sopra
i clienti, onde surgono le città; vogliono gli or-
dini regnanti de' nobili abusare la libertà signo-
rile sopra i plebei, e vanno in servitù delle leggi,
che fanno la libertà popolare; vogliono i popoli
liberi sciogliersi dal freno delle lor leggi e vanno
nella soggezione de' monarchi; vogliono i monar-
chi in tutti i vizii della dissolutezza, che gli assi-
curi, invilire i loro sudditi, e li dispongono a sop-
portare la schiavitù di nazioni più forti; vogliono
le nazioni disperdere sé medesime, e vanno a
salvarne gli avanzi dentro la solitudine, donde
qual fenice nuovamente risurgano. Questo, che
fece tutto ciò, fu pur Mente, perchè il fecero gli
uomini con intelligenza; non fu Fato, perchè il
fecero con elezione; non Caso, perchè con perpe-
tuità; sempre, così facendo, escono nelle mede-
sime cose (*). »
Sono i concetti, e spesso le medesime metafore
ed immagini e giri di frasi di Hegel: il che è
tanto più mirabile, in quanto il filosofo tedesco, —
almeno nel periodo in cui meditava la sua filo-
sofia e componeva la Fenomenologia dello spi-
rito, — sembra non conoscesse l'altra fenome-
nologia, meditata già un secolo prima a Napoli,
(I) I luoghi citati di Vico sono in Opet v». <m1. Ferrari, V, 96, 97, 98,
117, 136, 143, 146-7, 183, 571-2; VI, 235.
E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 75
sotto titolo di Scienza nuova. Par quasi che l'ani-
ma dell'italiano e cattolico filosofo sia trasmigrata
nel tedesco; e ricompaia, più matura e consape-
vole, alla distanza di un secolo.
IV.
Il nesso dei distinti,
e la falsa applicazione
della forma dialettica.
OR come mai è accaduto che questo pensiero
filosofico, — che è fondato con tanta profon-
dità logica, ricco di irresistibile verità, armonioso
e simpatico verso la concretezza, la passione, la
fantasia e la storia, — sia apparso invece, e sia
stato condannato, come astratto, intellettualistico,
pieno d'arbitrii e di artificii, in contradizione con
la storia, la natura e la poesia: come proprio Top-
posto, insomma, di ciò che voleva essere? Come
si spiega la reazione violenta, che parve fortunata
e definitiva, contro di esso, e che sarebbe da
menti leggiere, — e poco hegeliane, — spiegar
tutta e soltanto con motivi occasionali, con l'inin-
telligenza e con l'ignoranza? Come mai, d'altra
parte, quel pensiero filosofico fu invocato a sus-
sidio dei più diversi indirizzi, e di quelli per l'ap-
punto che Hegel aveva inteso combattere e sor-
78 11 nesso dei distinti
passare, del materialismo e del teismo? E com'è,
per esempio, — mi si conceda il ricordo perso-
nale, il quale forse non accenna ad un caso me-
ramente personale, — che io che scrivo, e che
ho or ora, con tanto spirito di consenso, interpe-
trata e comentata la dottrina hegeliana della sin-
tesi degli opposti e la conseguente concezione,
una e diversa, della realtà, per parecchi anni
della mia vita mentale abbia sentito una forte
ripugnanza pel sistema di Hegel; qual esso mi
si presentava specialmente nell'Enciclopedia con
la tripartizione di logica, filosofia della natura e
filosofia dello spirito, e quale lo vedevo esibito
e raccomandato dagli hegeliani? e come' va che
anche ora, nel rileggere quelle opere, senta a
tratti risorgere in me il vecchio Adamo, cioè la
vecchia ripugnanza? — Di tutto ciò bisogna cer-
car la causa intima; ossia, dopo aver additato
la parte sana del sistema, svelare quella malata;
dopo aver esposto ciò che ci è di vivo nel si-
stema di Hegel, esporre quel che c'è in esso di
morto: ossame insepolto, che impaccia la vita
stessa del vivo.
E non bisogna esser troppo bonarii e conten-
tarsi di una concessione, che è stata spesso fatta-
dagli hegeliani di stretta osservanza, e che consi-
ste nelPammettere che Hegel potè errare ed errò
E LA FORMA DIALETTICA 79
in molte sue affermazioni di materia storica e di
scienze naturali e matematiche, cosi per lo stato
delle cognizioni nel suo tempo, come pei limiti
della sua individuale coltura; e che perciò tutta
questa parte del sistema sia bene da riesaminare,
da correggere o anche da rifare da cima a fondo,
tenendo- conto dei progressi accaduti in quei rami
speciali di studii. In altri termini, solo lo storico
e naturalista Hegel sarebbe deficiente e oltrepas-
sato; il che vuol dire che il filosofo, il quale non
fonda mai le verità sue proprie su dati empirici,
resterebbe intatto. Di questa concessione gli av-
versarti a buon diritto non possono soddisfarsi.
Perchè ciò che suscita l'avversione pel sistema
di Hegel non è già la qualità o la quantità della
erudizione che v'è contenuta (altamente ammire-
vole, pur nelle sue deficienze e in quel che ha
d'invecchiato); sibbene, appunto, la sua filosofia.
Di sopra, io mi son rifiutato a considerare l'effi-
cacia del pensiero di Hegel sugli studii storici
come qualcosa di separato o d'indipendente dai
principii stessi del suo sistema: qui, per la mede-
sima ragione, non posso acconciarmi a conside-
rare come indipendente dai suoi principii filosofici
la causa dei suoi errori. Quelli che son sembrati
suoi errori, storici e naturalistici, sono in fondo,
o per la massima parte, errori filosofici; perchè
80 IL NESSO DEI DISTINTI
determinati da un suo pensiero, da un suo modo
di concepire la storia e la scienza della natura.
Hegel è tutto d'un pezzo; e torna a suo onore
che i suoi errori non possano, nel loro insieme,
spiegarsi come una serie accidentale di inconse-
guenze e di distrazioni.
Il problema è, dunque, di cercare quale po-
tette essere Terrore o gli errori filosofici, — o
quello fondamentale e gli altri derivati, — che
si mescolarono e combinarono nel pensiero di
Hegel con la sua immortale scoperta; e che ci
diano ragione della reazione contro il sistema
hegeliano, per quella parte in cui la reazione
non fu il solito ostacolo, che incontrano tutte le
verità originali, ma ebbe un evidente carattere
di ragionevolezza. E, giacché poi, in conformità
di ciò che si è avvertito, la logica della filosofia fu
il campo proprio dell'attività mentale di Hegel, in
questa è da presumere che si trovi la causa dei-
Terrore; vale a dire, in un errore di teoria logica.
Giustamente perciò, — quanto al metodo ten-
tato, — la critica antihegeliana ha trascurato di
solito i particolari e gli incidenti del sistema, e
si è rivolta contro il principio stesso della sintesi
degli opposti, procurando di dimostrarlo sbagliato,
— o perchè i due primi termini non sono oppo-
sti; — o perchè la loro sintesi non è logica; — o
E LA FORMA. DIALETTICA 81
perchè esso distrugge il principio d' identità e di
contradizione ; e simili. Ma, quanto alla sostanza,
come si è visto, nessuna di tali obiezioni è fon-
data; e infondata si rivela qualsiasi altra, che
si riesca ad escogitare: quel principio resiste, e
resisterà, trionfalmente ad ogni assalto e ad ogni
revisione. L'errore di Hegel è, per conseguenza,
da cercare, si, nella sua logica; ma, per quel che
mi sembra, in altra parte della sua logica.
Nel rapido cenno che si è dato in principio delle
varie sue dottrine, è stata appena indicata, —
perchè premeva di andar diritto al problema dia-
lettico, — quella del rapportò dei distinti; ossia,
come si direbbe nella logica naturalistica, la teoria
della classificazione. Conviene ora considerarla
più da presso. È in quella, per mia ferma con-
vinzione, che si trova Terrore logico, gravido di
conseguenze, commesso da Hegel.
Il concetto filosofico, l'universale concreto o
Idea, com'è sintesi di opposti, cosi è sintesi di
distinti. Noi, per esempio, parliamo dello spirito
ossia dell'attività spirituale in genere; ma par-
liamo anche, continuamente, delle forme partico-
lari di quest'attività spirituale. E, mentre le con-
sideriamo tutte come costitutive nell'umanità,
— e la deficienza di alcuna d'esse ci offende e
ci muove al rimedio, e l'assenza, completa q
82 IL NESSO DEI DISTINTI
quasi, ci spaventa come assurda o mostruosa, —
siamo poi vigili e gelosi perchè runa non si con-
fonda con l'altra; e perciò riproviamo chi giudica
di arte con criterii morali, o di moralità con
criterii artistici, o di scienza con criterii utili-
tarii, e via discorrendo. Già, se dimenticassimo
la distinzione, uno sguardo alla vita ce la ricor-
derebbe: la vita, che ci mostra quasi anche ester-
namente distinte le sfere dell'attività economica,
scientifica, morale, artistica; e l'unico uomo ci fa
apparire specificato ora come poeta, ora come in-
dustriale, ora come uomo di stato, ora come filo-
sofo. E ce la ricorderebbe la filosofia stessa, la
quale non sa esporre sé medesima se non spe-
cificandosi come estetica, logica, etica, e simili:
tutte filosofia, e pur, ciascuna d'esse, filosofia di-
stinta dall'altra.
Questi distinti, dei quali abbiamo dati esempii,
e che sono unità- e distinzione insieme, costitui-
scono un nesso o un ritmo, che malamente si
esprimerebbe nella teorica ordinaria della classi-
ficazione. Ciò Hegel vide benissimo; e non in-
termise mai di combattere lo schema della clas-
sificazione empirica, trasportato nella filosofia, i
concetti concepiti come subordinati e coordinati.
Nella classificazione ordinaria, si mette a fonda-
mento un concetto; poi s'introduce un altro con-
E LA FORMA DIALETTICA 83
cetto, estraneo al primo; e lo si assume come
fondamento della divisione, quasi coltello col
quale si tagli una focaccia (il primo concetto) in
tariti pezzetti ; i quali restano separati l'un dal-
l'altro.' E, con questo procedere, con siffatto ri-
sultato, addio unità dell'universale. La realtà si
rompe in tanti elementi estranei e indifferenti
l'uno all'altro : la filosofia, pensamento dell'unità,
è resa impossibile.
L'aborrimento di Hegel contro codesto metodo
classificatorio fece sì ch'egli, innanzi di Herbart
(celebrato a torto come autore primo della cri-
tica), rigettò la concezione delle facoltà dell'ani-
ma, alla quale ancora Kant si atteneva; e re-
spinse come falsa quella psicologia — si legge in
un suo scritto del 1802 (*), — « che rappresenta
lo spirito come un sacco pieno di facoltà ». « Il
sentimento, che abbiamo dell'unità vivente dello
spirito, — ripete nell'Enciclopedia (§ 379, e
cfr. 445), e in tutti gli altri suoi libri, nelle più
varie forme ed occasioni, — si oppone da sé con-
tro il frazionamento di esso in diverse forze, fa-
coltà o attività che sieno, concepite indipendenti
l' una verso l'altra. » E si noti che Hegel, sempre
sollicitus servanoli unitatem spiritus, poteva far
(X) Verhàltniss d. Skeptizismus sur Philosophie (in Werhe, XVI, 130).
84 IL NESSO DEI DISTINTI
questa critica con ben altro diritto e con ben
altra consequenzialità di Herbart, che non riu-
sciva ad accordare la sua confutazione delle fa-
coltà dell'anima con la sua metafisica atomistica,
e con la sua etica ed estetica consistenti in cata-
loghi d'idee l'una divisa dall'altra, l'una senza
relazione con l'altra. Ma tant'è: Herbart passa,
nell'opinione degli scrittori di manuali psicologici
e di storie della filosofia, come un rivoluzionario
nella considerazione dello spirito; ed Hegel quasi
quasi come un retrivo, che avrebbe serbato le
partizioni scolastiche !
Se i concetti distinti non possono porsi sepa-
rati e, insieme nella loro distinzione, debbono
porsi uniti, la teoria logica dei distinti non sarà
la teoria della classificazione, ma quella della im-
plicazione : il concetto non sarà tagliato in pezzi
da una forza estranea, ma si dividerà da sé per
interno movimento, e in queste autodistinzioni si
conserverà uno; l'un distinto starà, rispetto all'al-
tro distinto, non come qualcosa d'indifferente, ma
come un grado inferiore sta rispetto ad uno supe-
riore, e viceversa. La classificazione della realtà
deve esser sostituita dalla concezione dei gradi
dello spirito, o, in genere, della realtà : la teoria
della classificazione dalla teoria dei gradi.
E il pensiero di Hegel si mise per questa via,
fi LA FORMA DIALETTICA 85
che era la sola conforme al principio, da cui
esso moveva, all'universale concreto. Benché in
nessun luogo ampiamente ed esplicitamente espo-
sta e ragionata, la teoria dei gradi circola in tutti
i suoi libri. E anche per essa ebbe i suoi precur-
sori, che converrebbe investigare; e anche per
essa il filosofo più a lui affine è, forse, Vico; il
quale non distinse mai altrimenti lo spirito, le
lingue, i governi, i diritti, i costumi, le religioni,
che come serie di gradi: lo spirito, come senso,
fantasia e mente; le lingue, come lingua divina
mentale, lingua eroica, e lingua per parlari ar-
ticolati; i governi, come teocratici, aristocra-
tici, e democratici; i diritti, come diritto divino,
stabilito dagli dei, eroico o della forza, e umano,
o della ragione umana tutta spiegata, ecc. Perciò
« anche Vico concepì la filosofia non come una
serie di caselle separate, ma come « storia ideale
eterna, sulla quale corrono nel tempo le stòrie
particolari » . Ma, se Hegel forse non conobbe Vico,
ebbe altri stimoli per la soluzione, alla quale si
andò indirizzando, E già lo stesso sensismo del se-
colo XVIII, e in ispecie la dottrina di Condillac,
gli parve, nonostante la povertà delle sue cate-
gorie e dei suoi presupposti, pregevole in quanto
conteneva il tentativo di render comprensibile
la varietà delle attività nell'unità dello spirito,
86 IL NESSO DEI DISTINTI
mostrandone la genesi. Al biasimo verso Kant,
che aveva semplicemente enumerate le facoltà
e le categorie costruendo tabelle, segue in He-
gel l'alta lode per Fichte, che aveva affermato
l'esigenza della « deduzione » delle categorie. Ma
il vero e proprio precedente di Hegel fu il sistema
dell' identità di Schelling, col suo metodo del po-
tenziare, pel quale la realtà si svolgeva come
una serie di potenze o di gradi: « il soggetto-og-
getto (così Schelling stesso, nella sua rivendica-
zione contro Hegel, ricordava la sua concezione
giovanile), in virtù della sua natura, si oggettiva;
ma da ogni oggettività torna vittorioso, e si mo-
stra ogni volta a una più alta potenza di sogget-
tività ; finché, dopo aver esaurita ogni sua vir-
tualità, appare come soggetto che trionfa di
tutto 0). >
Che cosa importa la teoria dei gradi? quali
sono i suoi termini, quale il loro rapporto? e qual
differenza presenta rispetto ai termini e al rap-
porto della teoria degli opposti? Nella teoria dei
gradi, ogni concetto, — e sia il concetto a, —
è insieme distinto e unito col concetto che gli
è superiore di grado, b: onde, se a si pone senza
b, b non si può porre senza a. Prendendo di
(l) Nella prefazione ai Fragment* del Cousin.
E LA FORMA DIALETTICA 87
nuovo ad esempio il rapporto di due concetti,
che ho studiato a lungo altrove (*), quello di arte
e filosofia, — o, come altro si voglia presentarlo,
di poesia e di prosa, di linguaggio e di logica,
d'intuizione e di concetto, ecc. ecc., — si vede
come ciò che è un enimma insolubile e un rom-
picapo per la logica empirica e classificatoria, si
risolva agevolmente, nella logica speculativa, me-
diante la teorica dei gradi. Non è possibile porre
arte e filosofia come due specie, distinte e coor-
dinate, di un genere, cui entrambe si subordinino
e che sia, per esempio, la forma conoscitiva: in
modo che la presenza della prima escluda l'altra,
come accade pei membri coordinati. Prova di ciò
sono le tante distinzioni che si son date, e si con-
tinuano a dare, della poesia e della prosa, tutte
vanissime, fondate tutte su caratteri arbitrarli.
Ma il nodo si scioglie, allorché il rapporto si
pensi come di distinzione e d'unione insieme: la
poesia può star senza la prosa, ma non l'esclude,
tanto che la prosa non può star mai senza poe-
sia; l'arte non esclude la filosofia, ma la filosofia
include addirittura l'arte. E, infatti, ogni filosofia
non esiste mai altrimenti che in parole, immagini,
metafore, forme di linguaggio, simboli, che sono
(1) Nel mio libro citato sull' Estetica come scienza dell'espressione e
linguistica generale.
88 IL NESSO DEI DISTINTI
il suo lato artistico, e tanto reale e indispensabile
che, ove mancasse, mancherebbe la filosofia stessa,
non essendo concepibile una filosofia inespressa :
l'uomo pensa parlando. La medesima dimostra-
zione si può fare prendendo altre diadi di concetti
filosofici; per esempio, il passaggio dal diritto alla
moralità, o quello dalla coscienza percettiva, alla
coscienza legislatrice. — Così il reale, che è uno,
si divide in sé stesso, cresce su sé stesso, per
dirla con Aristotile, o, per dirla con Vico, per-
corre la sua storia ideale; — e nell'ultimo grado,
che riassume in sé tutti i precedenti, raggiunge
sé stesso interamente esplicato o tutto spiegato.
Se noi ora dal rapporto di gradi a e b — e,
nell'esempio scelto, arte e filosofia, — passiamo
al rapporto degli opposti nella sintesi, a, /3, y, — e,
nell'esempio, essere, non-essere e divenire, — po-
tremo scorgere la differenza logica tra i due rap-
porti. A e b sono due concetti, il secondo dei quali
sarebbe arbitrario ed astratto senza il primo, ma
che, nel suo nesso col primo, è reale e concreto
quanto quello. Invece, a e (3, fuori di y, non sono
due concetti, ma due astrazioni: il solo concetto
concreto è ?, il divenire. Se si applicano ai due
nessi i simboli aritmetici, nel primo abbiamo una
diade, nel secondo un'unità, o, se si vuole, una
triade, che è triunità. Se si vorrà chiamare dia-
E LA FORMA DIALETTICA 89
lettica (oggettiva) tanto la sintesi degli opposti
quanto il nesso dei gradi, si dovrà poi non perdere
di vista che l'una dialettica ha processo diverso
da quello dell'altra. Se si vorranno applicare
all'uno e all'altro nesso le denominazioni hege-
liane dei momenti e del superare, che è insieme
sopprimere e conservare, bisognerà poi avver-
tire che queste denominazioni pigliano diverso
significato in ciascuno di quei nessi. Infatti, nella
teoria dei gradi, i due momenti, come si è notato,
sono entrambi concreti; nella sintesi degli opposti,
entrambi astratti, Tessere puro e il non-essere.
Nel nesso dei gradi, a è superato in 6, cioè sop-
presso come indipendente e conservato come di-
pendente: lo spirito, nel passare dall'arte alla fi-
losofia, nega l'arte, e insieme la serba come forma
espressiva della filosofia. Nel nesso degli opposti,
considerato oggettivamente, a e /3, distinti tra
loro, sono entrambi soppressi e conservati; ma
solo metaforicamente, perchè non esistono mai
come a e /3 distinti.
Son codeste differenze profonde, che rendono
inammessibile il trattare entrambi i nessi al modo
medesimo. Il vero non sta al falso nel rapporto
stesso in cui sta al buono; il bello non sta al
brutto nel rapporto stesso in cui sta alla ve-
rità filosofica. Vita senza morte e morte senza
90 IL NESSO DEI DISTINTI
vita sono due falsità opposte ; la cui verità è la
vita, che è nesso di vita e di morte, di sé e del
suo opposto. Ma verità senza bontà e bontà senza
verità non sono due falsità, che si annullino in
un terzo termine: sono false concezioni, che si
risolvono in un nesso di gradi, pel quale verità e
bontà sono distinte e insieme unite: bontà senza
verità è impossibile, quanto è impossibile volere
il bene senza pensarlo; verità senza bontà è pos-
sibile, solo nel senso che coincide con la tesi
filosofica della precedenza dello spirito teoretico
sul pratico, coi teoremi dell'autonomia dell'arte e
dell'autonomia della scienza.
Senza dubbio, a, essendo concetto concreto,
ossia presentando il concetto concreto in una
delle sue particolarizzazioni, è anche sintesi di
afférmazione e negazione, di essere e di non es-
sere. Così, per tornar sempre al medesimo esem-
pio, la fantasia artistica vive come fantasia ; e
perciò è concreta, è attività che si afferma contro
la passività, bellezza che si afferma contro la
bruttezza. Ed essere e non essere si particolariz-
zano, per conseguenza, come verità e falsità, bel-
lezza e bruttezza, bontà e malvagità, e via di-
cendo. Ma questa lotta non ha luogo per un
grado rispetto all'altro; giacché quei gradi,
considerati nella loro distinzione, sono il con-
E LA FORMA DIALETTICA 91
cetto dello spirito nelle sue determinazioni, e non
già il concetto universale di esso considerato
nella sua intima costituzione di sintesi degli op-
posti. L'organismo è lotta della vita contro la
morte; ma le membra dell'organismo non sono poi
lotta dell'uno contro l'altro, della mano contro
il piede, o dell'occhio contro la mano ! Lo spirito
è svolgimento, è storia, e perciò essere e non
essere insieme, divenire ; ma lo spirito sub specie
ceterni, che la filosofìa considera, è storici ideale
eterna, extratemporaria: è la serie delle forme
eterne di quel nascere e morire, che, come Hegel
diceva, esso stesso non nasce e non muore mai.
Questo è punto essenziale: se lo si trascura, si
cade nell'equivoco, toccato una volta argutamente
dal Lotze, quando scrisse: che non perchè il ser-
vitore cava gli stivali al padrone, il concetto di
servitore seguita a cavar gli stivali al concetto
di padrone!
Allorché si dice che lo spirito non si soddisfa
nell'arte ed è, per questa insoddisfazione, spinto
ad elevarsi alla filosofia, si dice bene; sol che
non bisogna lasciarsi poi traviare dalle metafore.
Lo spirito, che non si soddisfa più nella contem-
plazione artistica, non è più spirito artistico, ne
è già uscito fuori, è già spirito filosofico inci-
piente: allo stesso modo che lo spirito che si sente
92 IL NESSO DEI DISTINTI
insoddisfatto dell'universalità filosofica e ha sete
d' intuizione e di vita, non è più spirito filosofico,
ma è già spirito estetico, un dato spirito estetico,
che comincia ad innamorarsi di qualche visione
e intuizione determinata. Come nel secondo caso,
cosi nel primo, l'antitesi non sorge nel seno del
grado oltrepassato: come la filosofia non si con-
tradice in quanto filosofia, così l'arte non si con-
tradice in quanto arte; e tutti conoscono la piena
soddisfazione, la voluttà profonda e indisturbata,
che ci fa godere l'opera d'arte. Lo spirito indivi-
duale passa dall'arte alla filosofia e ripassa dalla
filosofia all'arte, allo stesso modo in cui passa da
una forma all'altra dell'arte, o da un problema
all'altro della filosofia: cioè, non per contradi-
zioni intrinseche a ciascuna di queste forme nella
sua distinzione, ma per la contradizione stessa
intrinseca al reale, che è divenire ; e lo spirito
universale passa da a a 6, e da & ad a, non per
altra necessità che quella della sua eterna natura,
che è di essere insieme arte e filosofia, teoria e
praxis, o come altro si determini. Tanto ciò è
vero, che, se questo passaggio ideale fosse mosso
dalla contradizione che si svelerebbe intrin-
seca ad un determinato grado, non sarebbe poi
possibile di tornar più a quel grado, ricono-
sciuto contradittorio. Il tornarvi sarebbe una de-
E LA FORMA DIALETTICA 93
generazione o un regresso. E chi oserebbe mai
considerare come degenerazione o regresso il leg-
gere o il comporre una poesia, l'immergersi in
una contemplazione estetica, di una pittura, o di
una musica, dopo aver filosofato? Chi mai può
giudicare erronea e contradittoria runa o l'altra
delle forme essenziali dello spirito umano? — Quel
passare della storia ideale non è un passare, o,
meglio, è un passare eterno, che, sotto questo
angolo visuale dell'eternità, è un essere.
Hegel non fece, fra teoria degli opposti e teoria
dei distinti, la distinzione importantissima, che
io mi sono sforzato di dilucidare. Egli concepì
dialetticamente, al modo della dialettica degli
opposti, il nesso dei gradi: egli applicò a questo
nesso la forma triadica, che è propria della sin-
tesi degli opposti. Teoria dei distinti e teoria degli
opposti diventarono per lui tutt'uno. Ed era quasi
inevitabile che ciò accadesse, per quella speciale
condizione psicologica in cui si trova chi ha sco-
perto una grande e profonda verità, — in questo
caso, la sintesi degli opposti, — che è cosi tiranneg-
giato dalla sua stessa scoperta, cosi inebriato del
vino nuovo di quella verità, da vedersela innanzi
dappertutto, da essere tratto a concepir tutto se-
condo la nuova forma. Era quasi inevitabile che
così accadesse anche per gli stretti quanto sottili
94 IL NESSO DEI DISTINTI
rapporti, che legano la teoria dei distinti a quella
degli opposti, e tutte due alla teoria dell'univer-
sale concreto o dell'idea. Anche nella teoria dei
gradi ci sono, — l'abbiamo visto, — come in quella
degli opposti, momenti varii, che si superano, cioè
si tolgono e, insieme, si conservano; anche in
quella dei gradi c'è unità e distinzione, come
nella teoria degli opposti. Il discernere le diffe-
renze era riserbato a un ulteriore periodo sto-
rico; quando il vino nuovo fosse ormai stagio-
nato e maturato.
Della distinzione non fatta, e, anzi, della fatta
confusione, si hanno le prove, si può dire, ad ogni
passo nel sistema di Hegel, in cui il rapporto dei
concetti distinti è presentato sempre come rap-
porto di tesi, antitesi e sintesi. Cosi nell'antropo-
logia si ha: anima naturale, tesi; anima sensitiva,
antitesi; anima reale, sintesi. Nella psicologia:
spirito teoretico, tesi; spirito pratico, antitesi;
spirito libero, sintesi; e ancora: intuizione, tesi;
rappresentazione, antitesi ; eticità, sintesi; o an-
cora, in quest'ultima: famiglia, tesi; società ci-
vile, antitesi; stato, sintesi. Nella sfera dello spirito
assoluto: arte, tesi; religione, antitesi; filosofìa,
sintesi; o in quella della logica soggettiva: con-
cetto, tesi; giudizio, antitesi; sillogismo, sintesi;
e nella logica dell'idea: vita, tesi; conoscenza,
E LA FORMA DIALETTICA 95
antitesi; idea assoluta, sintesi. E via dicendo. È
questo il primo caso di quell'abuso della forma
triadica, che tanto ha offeso e offende gli animi
nel sistema di Hegel; e giustamente è stato avver-
tito come abuso. Giacché, chi si persuaderà mai
che la religione sia il non-essere dell'arte, e che
arte e religione sieno due astratti, che hanno ve-
rità solo nella filosofia, sintesi di entrambi?
che lo spirito pratico sia negazione di quello teo-
retico; e la rappresentazione, negazione dell'in-
tuizione: e la società civile, della famiglia, e la
morale, del diritto ; e che tutti codesti concetti
sieno impensabili fuori delle loro sintesi, — spi-
rito libero, pensiero, stato, eticità, — al modo
stesso dell'essere e del non-essere, che non son
veri se non nel divenire? Certamente. Hegel
qualche volta non si è tenuto fedele alla forma
triadica (e già in certe sue tesi giovanili dichia-
rava ciiequad?*atum est lex naturce, trìangulum
mentis); e più spesso ha, con gli svolgimenti par-
ticolari, attenuato gli errori della forma triadica;
ma non e' è determinazione particolare, che possa
sopprimer la divisione assunta a fondamento. Al-
tre volte, la forma triadica sembra quasi un modo
immaginoso di esporre pensieri, che non hanno
da essa la loro ricca verità; ma accettare siffatta
interpetrazione varrebbe screditare la forma tria-
96 . IL NESSO DEI DISTINTI
dica nel suo valore logico : in quel valore, che
essa serba pienissimo nella dialettica o sintesi
degli opposti. E, d'altra parte pigliare a difendere
le affermazioni di Hegel con argomenti estrin-
seci sarebbe procedere da avvocato, che vuol
vincere con l'ingegnosità e non con la verità; o,
peggio, da barattiere, che metta innanzi le monete
d'oro buono per far scivolare, nella confusione,
quelle di falsa lega.
L'errore non è tale che possa correggersi per
via, né è errore di dicitura : è errore sostanziale,
che, per quanto piccolo possa sembrare nella for-
mula riassuntiva che se n'è data, — come di
uno scambio fra teoria dei distinti e teoria degli
opposti, — produce conseguenze gravissime; e
cioè, da esso discende, se mal non ho visto, tutto
ciò che vi ha di filosoficamente errato nel sistema
di Hegel. Il che giova ora esaminare partita-
mente.
La metamorfosi degli erbori
in concetti particolari e gradi della verità
(la struttura della logica).
L'applicazione della dialettica degli opposti al
rapporto dei distinti, eseguita con tutta se-
rietà logica, — come infatti era da aspettarsi
dalla mente vigorosa e sistematica di Hegel, —
doveva avere, ed ebbe, una doppia conseguenza.
Da una parte, quelli che sono errori filosofici,
vennero acquistando dignità di concetti parziali
o particolari, cioè di concetti distinti: dall'altra,
quelli che sono realmente concetti distinti furono
abbassati a semplici conati verso la verità, a ve-
rità incomplete ed imperfette : vale a dire, pre-
sero aspetto di errori filosofici.
La prima di queste conseguenze determinò la
struttura della logica; quale si trova più che in
germe nella Fenomenologia dello spirito, ed è
poi esposta di proposito nella grande Scienza
della logica (1812-1816), e nella piccola dell'in-
98 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI
ciclopedia (1817, 1827, 1830). La seconda deter-
minò il carattere dell'estetica hegeliana e die
origine alle due scienze filosofiche della storia e
della natura; quali queste tre scienze possono
vedersi principalmente nell'Enciclopedia, e nei
corsi di lezioni pubblicati postumi.
Per cominciare dal primo punto, — confusi tra
loro gli opposti e i distinti, — i momenti astratti
del concetto (il quale, nella sua concretezza e
verità è sintesi degli opposti), sono condotti na-
turalmente ad assumere le funzioni medesime,
che hanno i concetti distinti inferiori rispetto ai
superiori. Per esempio, essere e nulla, che rispetto
al divenire sono due astrazioni, diventano, per
analogia, due gradi, come quelli che, in una serie
di distinti, — ad esempio, nella serie: intuizione,
pensiero, attività pratica, — i due concetti in-
tuizione e pensiero hanno rispetto al terzo grado,
l'attività pratica. Ma che cos'altro sono quelle
due astrazioni, essere e nulla, separatamente
prese ciascuna per sé, se non due falsità, due
errori? Infatti, la prima di esse risponde, secondo
Hegel, alla veduta eleatica, e degli altri simili in-
dirizzi filosofici, che considerano l'assoluto come
semplice essere, e Dio come nient'altro che l'in-
sieme di ogni realtà, il realissimo; la seconda
risponde alla veduta buddistica, che considera
i
LA STRUTTURA DELLA LOGICA 99
il nulla come il fondo delle cose, come il vero
assoluto. Sono perciò due opposti, e pur simili,
errori filosofici, in entrambi i quali si pretende
pensare come realtà somma l'indeterminato e
l'astratto. — E che cosa sono, invece, intuizione
e pensiero, se non due verità? Il primo termine
riassume tutta Fattività fantastica dell'uomo e,
nella sua riflessione teorica, dà luogo a una scienza
particolare filosofica, all'estetica; il secondo è a
capo di tutta l'attività scientifica umana, e, nella
sua riflessione teorica, dà luogo alla scienza della
scienza, ossia alla logica. Non sono, dunque, due
astrazioni irreali; ma due concetti concreti e reali.
Posto ciò, risulta chiaro chercon la confusione
tra la dialettica degli opposti e il nesso dei di-
stinti, col far che i due opposti, astrattamente
presi, adempiano le funzioni medesime dei con-
cetti distinti, quegli errori si trasmutano in ve-
rità: verità particolari, verità di gradi inferiori
dello spirito, ma funzioni necessarie, o categorie.
E, battezzati questi errori come verità di una
certa sorta, non c'è più impedimento a che tutti
gli errori, Terrore in generale, siano considerati
come verità particolari. La fenomenologia del-
l' errore assume, per tal modo, le sembianze di
una storia ideale della verità.
Questo battesimo, questa trasfigurazione, è par-
100 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI
sa, e parrà ancora a molti, il riconoscimento di
una verità importante, quanto profonda. Non si
parla frequentemente, anche nel linguaggio or-
dinario, di errori progressivi, di errori che aprono
la via alla verità? e non si dice che l'uma-
nità ha più imparato da alcuni errori che non
da molte verità? Gli eleati ebbero torto nel
concepir l'assoluto come semplice essere; ma
quel loro errore afferma pure una verità, sal-
dissima quantunque parziale: che cioè l'assoluto
è anche essere. Cartesio e Spinoza sbagliarono
nel porre il parallelismo di spirito e di corpo,
di pensiero e di estensione; ma, se non si fosse
mediante quell'errore, fissata ed accentuata la
distinzione dei due termini, come si sarebbe po-
tuto pensarne l'unità concreta? Kant errò nel pre-
sentare le antinomie come insolubili; ma venne
con ciò a riconoscere la necessità delle antinomie,
base della dialettica. Schelling errò nel concepire
l'assoluto come mera identità; ma quel suo er-
rore fu il necessario ponte di passaggio per con-
cepir l'assoluto come unità nella opposizione e
distinzione. Senza la platonica trascendenza delle
idee, come mai il concetto meramente logico di
Socrate si sarebbe mutato nelsinolo aristotelico?
Senza la negazione scettica di Hume, come mai
sarebbe sorta la sintesi a priori di Kant? Chi
LA STRUTTURA DELLA LOGICA 101
pretende che la verità si generi senza Terrore,
pretende il figlio senza il padre. Chi disprezza
Terrore, disprezza la verità stessa, che non è com-
prensibile senza quegli antecedenti errori ; i quali
restano perciò come suoi aspetti eterni. ,
Se non che, anche qui è da raccomandare di
non lasciarsi sviare dalle metafore, e analizzare
la cosa stessa. Ciò che, nell'errore, dà luogo alla
denominazione di errore progressivo, di errore
fecondo e simili, non è poi errore, ma verità.
Considerando all'ingrosso una dottrina, noi la
pronunziamo erronea; ma quella dottrina, più
particolarmente considerata, si risolve in una se-
rie di affermazioni, alcune vere, altre false; e la
progressività e fecondità è nelle affermazioni vere,
non già nelle false, che non possono dirsi nep-
pure affermazioni. Cosi, nella dottrina eleatica,
l'affermazione che l'assoluto sia essere, è vera:
falso è, che non sia altro che essere. Anche nel
.suo supremo inveramento : « l'assoluto è lo spi-
rito > , l'assoluto è essere, sebbene non più sem-
plice essere. Così -nel parallelismo cartesiano e spi-
noziano la distinzione dello spirito dal corpo, e
del pensiero dall'estensione, è, almeno in un certo
senso, vera; ma come essa si generi, resta poi
da spiegare: il falso è l'affrettata teoria meta-
fisica, che spiega quei due termini facendone due
102 LA METAMORFOSI DEGLI ERRORI
manifestazioni di Dio o due attributi della so-
stanza, ossia che muta il problema in una solu-
zione. Così anche, nella trascendenza platonica
il vero è il valore dato air idea come di qual-
cosa che non sia più meramente soggettivo, ma
che sia, insieme, reale: il falso è lo staccare
le idee dalle cose reali, e porle in un mondo,
che non si riesce a pensare; e, con questa im-
maginazione, confonderle daccapo con le cose
reali e finite. Il falso di ciascuna di queste dot-
trine è, di certo, lo stimolo del progresso: è il
non-essere, momento necessario dello svolgimento;
senza il dubbio, senza la contradizione, senza la
perplessità e l'insoddisfazione, non si andrebbe
innanzi: l'uomo non conquisterebbe la verità,
perchè cesserebbe di pensare, o, anzi, cesserebbe
addirittura di essere. La cosa ormai ci è nota:
è il principio della sintesi degli opposti, che è
stato di sopra esposto e pienamente accettato.
Ma quel principio, se afferma la sintesi di essere
e di non-essere, non ha poi la virtù di mutare
il non-essere in essere, la tenebra in luce, lo
stimolo al progresso in progresso, Terrore in ve-
rità parziale o grado della verità. L'errore, che
si conserva nella verità come suo grado o suo
aspetto particolare, è quel tanto di verità, con-
tenuto nelle dottrine che denominiamo erronee.
LA STRUTTURA DELLA LOGICA 103
E questo tanto di verità il vero s ubbie tto della
storia delle scienze : Terrore come errore è Temi-
sferio di tenebre, che la luce del vero non ha
ancora rischiarato; e si fa la storia del successivo
rischiaramento, non della tenebra, che è senza
storia perchè accompagna ogni storia. Perciò la
trasmutazione degli errori in verità, — prima
conseguenza dell'applicazione, a cui Hegel si la-
sciò andare, della dialettica degli opposti al nesso
dei distinti, — è falsa, come è falsa l'applicazione
da cui risulta.
Se queste dilucidazioni che ho premesse, se
questi canoni di giudizio che ho fissati, sono
esatti, noi siamo ora in grado di renderci conto
del problema e della struttura della Logica hege-
liana : non già, beninteso, del principio delle dot-
trine logiche di Hegel (il concetto concreto) e delle
varie sue dottrine in particolare (teoria degli op-
posti, dei distinti, ecc.), — di ciò si è già discorso
nei capitoli precedenti; — ma di quel determinato
pensiero, che mosse Hegel a concepire una scienza
fondamentale, la quale egli denominò Logica o
Scienza della logica, e svolse nelle tre sezioni
di logica dell'issare, logica dell'Essenza e logica
del Concetto. Una scienza, che non senza qualche
ragione è sembrata oscura e bizzarra, rigorosa
all'apparenza, ma arbitraria nel fatto e ad ogni
104 LA METAMORFOSI DEGLI ERRORI
passo: un qualcosa d'inafferrabile, perchè non
porge nessun punto sicuro di presa e d'appoggio.
Il problema della Logica hegeliana, — come
risulta dal contenuto principale di quel libro, —
è di sottoporre ad esame le varie definizioni del-
l'Assoluto, cioè di fare una critica di tutte le
forme di filosofia per dimostrare, mercè le dif-
ficoltà e le contradizioni di esse, la verità di
quella filosofia, che considera l'Assoluto come spi-
rito o idea; dimostrando insieme che in questa
concezione trovano la loro giustificazione gli
aspetti di verità messi in luce dalle varie filo-
sofie; e che perciò quella filosofia, com'è stata
l'aspirazione, cosi è la risultante di tutti gli
sforzi del pensiero umano. Onde nella Logica
ci passano innanzi, ora nominativamente addi-
tati, ora per allusioni ed accenni, l'emanatismo
orientale, il buddismo, il pitagorismo, l'eleatismo,
l'eraclitismo, l'atomismo democriteo, il platoni-
smo, l'aristotelismo, le dottrine dei panteisti, de-
gli scettici, dei gnostici, il cristianesimo, S. An-
selmo, la scolastica; e poi ancora le dottrine di
Cartesio, Spinoza, Locke, Leibniz, Wolf, Hume,
Kant, Fichte, Schelling, Jacobi, Herder; ed altri
punti di vista filosofici. È la « patologia del pen-
siero > , com'è stata chiamata, con significato al-
quanto diverso dal mio, da uno scrittore inglese :
LA STRUTTURA DELLA LOGICA 105
è la polemica, con la quale ogni filosofia afferma
e mantiene la sua vita contro le altre filosofie,
più o meno discordanti e nemiche.
Questa polemica, se ben si guardi, può con-
dursi in due modi diversi, uno dei quali presup-
pone l'altro come sua base. Le diverse filosofie,
e i loro punti di vista parzialmente erronei,
possono essere studiati nella loro individualità,
nella forma determinata che presero presso i
varii pensatori nei varii tempi, e secondo l'or-
dine cronologico ; e si ha cosi la Storia della filo-
sofia (che è storia e critica insieme, come ogni
vera storia). Ovvero si studiano le possibilità
universali degli errori filosofici, le fonti perpetue
di essi, che nascono dalla confusione della filosofia
con le altre varie attività dello spirito umano ( £ );
e, in questo caso, la polemica contro gli errori
è la filosofia stessa, l'intero sistema; giacché solo
dal sistema interamente svolto risultano chiari
i motivi degli errori. Una polemica contro gli er-
rori potrà collocarsi, per comodo letterario, pra
a capo, ora nel mezzo, ora alla coda di una
teoria filosofica; ma, logicamente, essa è inscin-
dibile dalla filosofia stessa; perchè, diceva Ba-
cone, come la linea retta misura sé stessa e la
(1) Si veda, come saggio di ciò, nei miei Lineamenti di logica, il
e. VII: La teoria delV errore.
106 LA METAMORFOSI DEGLI ERRORI
curva, cosi rerum index sui et falsi; o, come si
dice comunemente, ogni affermazione è insieme
negazione. Questa critica, che è Finterò sistema,
è poi la base vera di quell'altra critica, che è
la storia della filosofia.
Hegel, con le tesi affermative della sua filo-
sofia, assolse magnificamente il compito della
critica degli errori filosofici : di certo, nei limiti
del suo sistema, ossia fino a quel segno in cui gli
errori stessi del sistema gY impedirono di vedere
più oltre negli errori altrui ; ma, ad ogni modo,
con tale larghezza e ricchezza come nessun altro
filosofo seppe mai, salvo Aristotile. Il quale sta
per l'appunto, di fronte allo svolgimento ante-
riore del pensiero ellenico, come Hegel di fronte
a tutta la filosofia svoltasi a cominciar dal mondo
ellenico, anzi da quello orientale, fino ai suoi
tempi: onde più volte la Logica di Hegel è stata
paragonata, e messa accanto, alla Metafisica di
Aristotile ( £ ). E perciò anche nella Storia della
filosofia Hegel giunse ad altezze non mai toccate
prima di lui, e dì rado poi ; tanto che egli è con-
siderato come il vero fondatore della storia della
filosofia, intesa non più come storia letteraria o
(1) « C'est la seule métaphysique qui exiete, avec celle d'Aristote ».
H. Taine, in una lettera del 1851 : si veda Sa vie et sa correspondance
(Paris, 1902), I, 162-3, cfr. 145.
LA STRUTTURA DELLA LOGICA 107
raccolta di materiale erudito, ma come storia
interna, come esposizione che la filosofia mede-
sima fa della sua propria genesi nel tempo: come
la grande autobiografia del pensiero filosofico.
Ma, a cagione della commessa confusione tra
la dialettica e il nesso dei distinti, e del conse-
guente concetto degli errori come verità parti-
colari, Hegel non si soddisfece nei due modi in-
dicati, ma tentò un terzo modo; che è quello
concretato nella struttura della Logica. Qui gli
errori sono trattati come concetti distinti, cioè
come categorie; e si pretende dedurre, ossia svol-
gere gli errori, come si deducono e svolgono le
categorie, cioè i concetti distinti. Il metodo, che
è proprio della verità, viene in essa applicato
alla non-verità.
Che cosa doveva accadere in questo tentativo
disperato, in questo sforzo violento e spasmodico
verso l'impossibile? e SII est difficile, c'est fait;
s'il est impossible, on le fera », diceva quel tale
ministro cortigiano dell' ancien regime. E fece
T impossibile con l'arbitrio^ menando a rovina lo
stato e provocando la rivoluzione. Similmente,
l'arbitrio regna sovrano nella struttura della lo-
gica, che Hegel congegnò. E comincia dal co-
minciamento. Hegel si dette sempre grande am-
bascia circa questo problema del cominciamento,
108 LA METAMORFOSI DEGLI ERRORI
non meno che intorno a quello dell' introduzione
da fare alla filosofia (è nota la disputa sul posto
che la Fenomenologia ha nel sistema: disputa
priva di senso). Eppure egli stesso riconosce be-
nissimo che la filosofia è un « circolo »; e con ciò
pronunzia implicitamente l'impossibilità di un
punto d'inizio necessario. Nel circolo, si entra da
ogni parte; e cosi nella filosofia: o che si cominci
da un concetto dello spirito in genere, procedendo
poi per determinazioni, o dal concetto più sem-
plice procedendo per successive complicazioni,
o dal più complesso procedendo per scomposi-
zione, o da un qualsiasi concetto intermedio an-
dando poi innanzi e indietro; o, infine, da un qual-
siasi problema e quesito filosofico e critica di er-
rori, salendo da essi a un intero sistema. Così
tutti cominciano a filosofare; e questa è la realtà:
ciascuno ha il suo primo, xè itp&xov irpòs ^fias, e
non c'è, sotto questo aspetto dell' apprendimento,
un 7ipo>Tov cpóosi. La preferenza da dare a un co-
minciamento piuttosto che ad un altro è, tutt'al
più, questione di convenienza didascalica. Ma, se
il problema del cominciamentp non ha valore in
filosofia, è vero, per altro, che la filosofia, ogget-
tivamente considerata, ha il suo primo, il suo
itpovrov cpóoet: un primo, che è insieme l'ultimo,
il primo che è circolo, e, per esempio, nella
LA STRUTTURA DELLA LOGICA 109
filosofia di Hegel, lo Spirito o l'Idea. Ma nella
Logica, in quanto esame di una serie di errori,
come mai può pensarsi un primo, che sia primo
per necessità, un irpcotov cpóoet? Hegel cominciò col
puro essere, cioè con Tesarne dei sistemi filosofici
che definiscono l'Assoluto come semplice essere ;
e tentò ripetutamente di giustificare questo co-
minciamento; ma invano. Era un cominciamento
come un altro, giustificato quanto un altro; ma
ingiustificabile, in quanto si pretenda giustifi-
carlo come il solo. E perchè non cominciare dalle
filosofie, che pongono la radice delle cose in uno
od altro degli elementi cosmologici, l'acqua di
Talete o l'aria di Anassimene? perchè non
cominciar dalle filosofie sensistiche, per le quali
l'assoluto è il relativo, la realtà è il fenomeno?
L'essere puro, sia; ma un esame che cominci
da esso, ha un principio « comandato », come
quello che si pone nelle discipline matematiche.
Ovvero il cammino che si segue ha un valore
puramente biografico, autobiografico o estetico;
ed infatti, la Fenomenologia, che comincia dalla
certezza sensibile, la Logica, che comincia dal-
l'essere puro, prendono qua e là un andamento,
che suggerisce il ricordo di qualche romanzo
filosofico: dell' Èmile, o del viaggio dell'Irlan-
dese alla ricerca della migliore delle religioni.
110 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI
Arbitrario il cominciamento, arbitrario il sé-
guito. Non è agevole tenere a mente la Logica
di Hegel, salvochè non si ricorra al sussidio del-
l'apprendimento meccanico: la generazione ne-
cessaria delle sue parti manca. Le triadi si se-
guono alle triadi; ma una triade si lega poi
all'altra, come il metodo porterebbe, triadica-
mente ? Non pare. Dopo la prima triade, di es-
sere, non-essere e divenire, segue la categoria
dell'essere determinato (Daseyn): ma, perchè
legame ci fosse, Tessere determinato dovrebbe
sorgere come antitesi del divenire, come il non
divenire del divenire; e invece Hegel stesso dice,
che l'essere determinato corrisponde all'essere
puro della sfera precedente. Perciò, la serie delle
triadi della Logica hegeliana è stata, da qual-
che critico, interpetrata non come una grande
catena ininterrotta, ma come una sola triade fon-
damentale, nella quale s' inseriscono altre triadi ;
e se ne potrebbero inserire altre ancora, in ag-
giunta a quelle che Hegel ha enumerate, e sulle
quali si è fermato quasi in via d'esempio. Ma,
con siffatta interpetrazione, l'ascensione necessa-
ria per gradi, dal puro essere all'idea, — ch'era il
disegno della Logica, — vien dichiarata illusoria.
Quel libro, cioè, viene per tal modo considerato
come una congerie di critiche, rivolte contro le
LA STRUTTURA DELLA LOGICA 111
affermazioni di termini astratti, che vengono ri-
soluti in sintesi dialettiche. E bisognerebbe ag-
giungere che le critiche non concernono solo gli
opposti astratti, ma anche i falsi opposti ; e per-
ciò non del tutto a torto è stato notato, nella Lo-
gica, un certo mutamento di metodo, via via che
si sale dalle prime categorie alle ulteriori. È chiaro
che il contenuto della critica muta, quando si
passa dagli errori concernenti Tessere a quelli
che si riferiscono all'essenza e al concetto ; onde
Hegel stesso dice, che « nell'essere si ha un altro
e un trapassare in altro ; nell'essenza, l'apparire
nell'opposto ; e nel concetto, la distinzione del sin-
golo dall'universalità, la quale come tale continua
in ciò che è distinto da lei, ed è col distinto, in
relazione d'identità » (Enc, § 240).
Se nella Logica di Hegel non c'è la connes-
sione necessaria fra le sue parti, appaiono per
altro in essa gli effetti delle tendenze proprie del
contenuto di pensiero, che è stato costretto in
quegli schemi quasi in letto procusteo. Quel
contenuto, come si è già detto, non poteva es-
sere svolto se non, o in forma di esposizione di un
compiuto sistema filosofico, — e, in questo caso,
come una filosofia dello spirito, — o in forma di
una storia della filosofia. E la trattazione della
Logica si avvicina, qua e là, ora all'uno ora al-
112 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI '
l'altro tipo ; e, per esempio, un tentativo di storia
della filosofia è nell'ordine delle prime categorie,
in cui successivamente compaiono Parmenide,
Eraclito, Democrito; e poi di nuovo, in altre
parti, Cartesio, Spinoza, Kant: la parte prima
della dottrina del concetto contiene la critica
dell' analitica aristotelica; la parte seconda, la
critica della monadologia leibniziana. Più vigo-
rosa è la tendenza a trasformarsi in una filo-
sofia (speculativa, e non empirica) dello spirito;
cioè, delle varie forme conoscitive e pratiche,
nel loro nesso necessario. Così, nella dottrina
dell'essere (sezione della quantità) è la gnoseo-
logia del procedere aritmetico; nella dottrina
dell'essenza, la gnoseologia delle scienze natu-
rali; e, in una parte dei paragrafi sull'oggetti-
vità, si chiariscono i concetti di meccanismo e
chimismo; nella dottrina del concetto (prima
sezione) è la logica del concetto, del giudizio, del
sillogismo; e poi (sezione terza) la logica più
propriamente filosofica: nelle parti relative alla
teleologia e alla vita, è un abbozzo di filosofia
della natura; la filosofia pratica spunta nei pa-
ragrafi circa il volere (sezione dell'Idea). Perfino
l'estetica non è del tutto esclusa: nel compen-
dio di logica, che si trova nella Propedeutica
del 1808-1812, alla categoria della Vita si con-
LA STRUTTURA DELLA LOGICA 113
giunge quella del Bello ( 4 ). Perciò anche, è impresa
disperata tener distinte fra loro le varie parti del
sistema di Hegel : la Logica anticipa la Filosofia
dello spirito, questa riprende i temi della Logica,
la Filosofia della natura svolge le dottrine del-
l'essere e dell'essenza ; le parti della Logica, re-
lative al meccanismo, al chimismo e alla vita,
anticipano la Filosofia della natura: la Fenome-
nologia dello spirito contiene tutto il sistema in
un primo abbozzo (quando non si tenga conto
del System der Sittlichkeit, che Hegel non pub-
blicò, e che fu l'abbozzo primissimo).
Contenuto concreto, preso dalla storia della
filosofia, e in misura maggiore dalla filosofia dello
spirito, ed ordinamento violento ed arbitrario, im-
posto dalla falsa idea di una deduzione a priori
degli errori: ecco con qual sembiante a me ap-
pare la Logica hegeliana. L'ordinamento danneg-
gia il contenuto; e, cosi dicendo, e riconfermando
cosi la condanna della pretesa hegeliana che
prende corpo nella Logica, s'intende non già dan-
nare alla morte e all'oblio quel ricchissimo dei
libri, che portano siffatto titolo; ma anzi dargli
le condizioni favorevoli perchè viva ed eserciti
la sua profonda efficacia sulle menti. Chi prenda
(1) Philo8ophische Propàdeutilt, ed. Rosenkranz, 2° corso, § 10 (in
'Werke, XVUI, 120).
114 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI
tra mano la Logica di Hegel col proposito d' inten-
derne il nesso, e, anzitutto, la ragione del comin-
ciamento, dovrà, dopo un po', deporre quel libro,
disperato d'intendere, o persuaso che si trova in-
nanzi ad un ammasso di astrattezze senza signifi-
cato. Ma chi, come il cane di Rabelais, — bestia
filosofa, — invece di lasciare stare Tosso, lo ad-
denti or di qua or di là, lo stritoli, lo sminuzzi e lo
succi, si ciberà alfine del sostanziale midollo. He-
gel, e al suo cenno gli scolari, hanno insistente-
mente additato la porta, per cui s'entra nella Lo-
gica : V essere "puro, da cui si deve passare via via
pei vestiboli e su per le scale del niente, del dive-
nire, dell'essere determinato, del qualcosa, del li-
mite, del cangiamento, dell'esser per sé, ecc. ecc.;
per giungere alla cella riposta della Dea, o del-
l'Idea. Ma invano procurerà d'entrare nel palagio
colui che si ostini a picchiare a quella porta, e
creda alla fallace indicazione fornitagli, che tale
e non altra debba essere la porta e la scala. Quella
porta, indicata come la sola, è una porta chiusa, *
anzi una porta finta. Prendete il palagio d'assalto
da tutte le parti; e solo così perverrete all'interno,
penetrerete fino al santuario della Dea. E può
darsi che vediate colà il volto della Dea irrag-
giarsi di un benevolo sorriso, guardando alla
santa semplicità di molti dei suoi devoti!
VI.
La metamorfosi dei concetti particolari
in errori filosofici.
I. L'arte e il linguaggio (Estetica).
L'altra conseguenza, il secondo contraccolpo
dello scambio tra sintesi degli opposti e rap-
porto dei distinti, non fu meno grave. A cagion di
quello scambio, Hegel si tolse il modo di rico-
noscere l'autonomia, e di attribuire il loro proprio
e giusto valore alle varie forme dello spirito. Con-
fuso Terrore con la verità particolare, come gli
errori filosofici eran diventati per Hegel verità
particolari, cosi le verità particolari dovevano
accomunarsi con gli errori e diventare errori fi-
losofici : perdere ogni loro misura intrinseca, ve-
nire ragguagliate alla stregua della verità spe-
culativa, ed essere trattate come nient'altro che
forme imperfette di filosofia.
Perciò Hegel non giunse a riconoscer V indole
vera né della funzione estetica, né della funzione
116 I CONCETTI PARTICOLARI
storiografica, né di quella naturalistica: vale a
dire, né dell'arte, né della storia, né delle scienze
fisiche e naturali.
Senza dubbio, le pagine di Hegel intorno al-
l'estetica sono animate da un gran senso artistico;
e, nell' insieme, vi domina la tendenza a far del-
l'arte un elemento importantissimo della vita
dell'umanità, un modo di conoscenza e di ele-
vazione spirituale. Siamo portati, da quelle pa-
gine, ben di là e ben più in alto della veduta
volgare, per la quale l'arte è un accidente su-
perfluo nella vita reale, un diletto, un giuoco, un
passatempo ; ovvero un semplice mezzo pedago-
gico, empirico e relativo. Per quel costante con-
tatto, nel quale la speculazione estetica hegeliana
si tiene col gusto e con le opere d'arte, e per
quella nuova dignità che essa riconosce all'atti-
vità artistica, ha operato con forza sulle menti
e dato un grande impulso allo studio dei problemi
estetici. E questo un merito, che, in parte, ha co-
mune con tutte le teorie estetiche del periodo ro-
mantico, — il gran periodo di fermentazione e rin-
novamento per la filosofia dell'arte e per la cri-
tica e storiografia letteraria ed artistica ; — e, in
parte, le spetta in proprio, per la ricchezza d' idee,
di giudizii, di problemi, che essa presenta.
Ma gli elementi di verità, sparsi in copia nel-
I. l'abtb e il linguaggio 117
l'estetica hegeliana, sono o troppo generici o me-
ramente incidentali e intimamente divergenti dal
concetto fondamentale dell'arte, che Hegel ac-
cetta, e che è erroneo.
È erroneo, perchè Hegel, fisso nel suo pensiero
che ogni forma dello spirito, — tranne l'ultima
e suprema, —non sia altro che un modo prov-
visorio e contradittorio di afferrare l'Assoluto, non
potè scoprire quella forma teoretica prima ed in-
genua, che è la lirica o la musica dello spirito,
e nella quale non e' è nulla di contradittorio fi-
losoficamente, perchè il problema filosofico non
v'è posto in nessun modo, e soltanto se ne pone
la condizione. È quella la regione dell' intuizione,
della fantasia pura, del linguaggio nel suo carat-
tere essenziale, come pittura, musica o canto:
è la regione vera dell'arte. Quando Hegel co-
mincia la sua meditazione intorno alle fasi dello
spirito, egli si trova già a tal punto, che quella
regione gli sta dietro le spalle, e pur non si ac-
corge di averla oltrepassata. La Fenomenologia
prende le mosse dalla certezza sensibile, la forma
per Hegel più semplice di tutte : quella nella quale
— egli dice — noi ci comportiamo verso la realtà
in modo immediato o ricettivo, senza cangiar
nulla in essa, e astenendoci da ogni lavorio di
concetti. Ed Hegel non dura fatica a mostrar che
118 I CONCETTI PARTICOLARI
siffatta contemplazione, la quale sembra la più
ricca e la più vera, è, invece, la più astratta e la
più povera: la cosa è ora, e non è più nel mo-
mento dopo; è qui, e, subito dopo, nel qui è un'al-
tra : ciò che solo sopravanza, è l'astratto questo,
qui, ora; il resto fugge via. Ma la certezza sensi-
bile, di cui parla Hegel, non è la prima forma teo-
retica; non è la genuina certezza sensibile, l'aToOrjois
pura e semplice; non è, com'egli crede, la co-
scienza immediata: è già mista di riflessione in-
tellettiva, contiene già la dimanda sul che cosa sia
veramente reale. Alla genuina certezza sensi-
bile, — quale si ha nella contemplazione estetica,
dove non c'è distinzione di soggetto ed oggetto,
non c'è paragone di una cosa con un'altra, non c'è
collocazione nella serie spaziale e temporale, —
è stata sostituita la prima riflessione sulla co-
noscenza sensibile; ed è naturale che quella prima
riflessione appaia imperfetta, e da superare. Hegel
dice più volte che: « il soggetto senza predicato
è ciò che, nel fenomeno, la cosa senza proprietà,
la cosa in sé, un fondo vuoto e indeterminato:
è il concetto in sé stesso, il quale solo col predi-
cato riceve differenza e determinazione ». Ma
l'arte è, per l'appunto, soggetto senza predicato;
ed è tutt'altro che il nulla e il vacuo della cosa
in sé e della cosa senza proprietà. È l' intuizione
I. l'arte e il linguaggio 119
senza riferimenti intellettuali : è il fremito, che
ci comunica una poesia e pel quale ci s'apre la
veduta su una realtà, che noi non possiamo mai
rendere in termini intellettivi; e non possediamo
se non cantandola, o ricantandola.
Come Hegel non attinge la regione dell'attività
estetica e con essa la forma teoretica veramente
primitiva, egli non riesce a spiegarsi il linguag-
gio, che diventa anch'esso, ai suoi occhi, una con-
tradizione organizzata. Infatti, per Hegel il lin-
guaggio è opera della memoria, ch'egli chiama
« produttiva », perchè produce « segni »: e il
segno è esplicitamente definitivo come un' intui-
zione immediata, che rappresenta un contenuto
« tutto diverso da quello che è il suo proprio ».
L' intelligenza manifesta, mediante il linguaggio,
la sua rappresentazione in un elemento esterno;
e perciò la forma del linguaggio è intellettuale:
è il prodotto di un istinto logico, che si teorizza
poi nella grammatica. Per questa sua forma lo-
gica, il linguaggio vuol esprimere l'individuale
e non può: « voi volete dire questo pezzo di carta,
su cui io scrivo, o meglio ho scritto, questo; e non
lo dite. Ciò che voi dite è un universale, il que-
sto » . Cosi il linguaggio, secondo Hegel, confuta
sé stesso, assumendo di esprimere l'individuale
ed esprimendo invece sempre l'universale. — Se
120 I CONCETTI PARTICOLARI
non che, all'omne individuum ineffàbile degli
scolastici, che Hegel sembra qui ripetere, bi-
sogna sostituire l'affermazione opposta: solum
individuum effabile (o correggere la prima con
raggiunta : logicis modis ineffabile). E già come
mai pensare che un'attività dell'uomo, qual è il
linguaggio, non raggiunga il suo scopo, e si pro-
ponga un fine assurdo, e viva neir inganno, e
non possa uscirne ? Il linguaggio è radicalmente
poesia ed arte: col linguaggio, con l'espressione ar-
tistica, l'uomo coglie la realtà individuale, quella
sfumatura individuale, che il suo spirito intuisce e
non rende in termini di concetti, ma come suoni,
toni, colori, linee, e via dicendo. Perciò il lin-
guaggio, inteso nella sua vera indole e in tutta
la sua vera estensione, è adeguato alla realtà.
L'illusione dell'inadeguatezza nasce allorché si
chiama linguaggio un frammento di esso, astratto
dal tutto. Cosi la carta, questa carta, di cui io
parlo, è non già solo ciò, che le parole : « questa
carta » esprimono, avulse dal resto e rese astratte;
ma ciò che i miei occhi, o meglio, tutto il mio
spirito ha presente; e, in quanto se lo rappresenta,
può rendere, anche esteriormente, col suono, col
colore, e via dicendo. Se io dico: « questa carta
proprio », gli è perchè l'ho innanzi e la mostro
agli altri : le parole che mi escono di bocca hanno
I. l'arte e il linguaggio 121
il loro pieno significato da tutta la situazione psi-
cologica in cui mi trovo, e quindi dall'intenzione
e intonazione e gesto, con cui le pronunzio. Se
le astragghiamo da quella situazione, di certo
esse appariranno inadeguate a quell'individuale:
ma saranno tali, perchè le abbiamo rese noi cosi,
mutilandole. Ma Hegel, — che non aveva una
esatta idea dello stato estetico come stato spiri-
tuale primitivo, — non poteva comprendere a
fondo il linguaggio: doveva considerarlo a quel
modo mutilato e intellettualizzato, e dichiararlo
per ciò una contradizione. E, quando dal lin-
guaggio della prosa egli passa, nella sua Este-
tica, a trattar del linguaggio poetico, ricade, dopo
qualche tentativo di uscirne, nella vecchia reto-
rica; anche il linguaggio poetico resta per lui
uri mero segno ed è essenzialmente diverso dalle
linee e dai colori della scultura e della pittura,
e dai toni della musica.
La sua erronea teoria logica circa i concetti
distinti copre dunque, agli occhi di Hegel, il
vero posto in cui si trova Fattività estetica; e
gli suggerisce una filosofia del linguaggio, che
porta di necessità a considerare il linguaggio
come un errore. Ma non solo il linguaggio viene
trattato cosi: l'arte, non collocata al suo vero
posto, s'impone poi alla mente di Hegel, il quale,
122 I CONCETTI PARTICOLARI
non sapendo che cosa farne, la trasferisce a un
posto che non le spetta, e dove anch'essa come il
linguaggio (che è stato prima arbitrariamente
distaccato dalla funzione estetica, con cui coin-
cide in modo essenziale), finisce con l'apparire
nient'altro che un'imperfezione ed ' un errore.
Passarla sotto silenzio, darle poca importanza, —
come han fatto molti filosofi naturalisti e positi-
visti, — Hegel non poteva: non glielo consentiva
né il suo tempo, né la sua individuale disposizione
di spirito (della quale era tanta parte l'interes-
samento artistico). E fu, sostanzialmente, del suo
tempo la concezione cui egli si attenne. L'atti-
vità estetica, che Kant studiava nella terza Cri-
tica, insieme col giudizio teleologico, come uno
dei modi di rappresentarsi la natura, oltrepassando
la concezione meccanica delle scienze esatte; che
Schiller indicava come il terreno di concilia-
zione nella lotta tra necessità e libertà; che Schel-
ling faceva vero organo dell'Assoluto; che, più
tardi, Schopenhauer doveva similmente conside-
rare come liberazione dalla volontà e contempla-
zione delle Idee; questa attività, che tutto il pe-
riodo romantico ora sostituì, ora sovrappose, ora
sottopose alla religione e alla filosofia, anche per
Hegel divenne un modo di apprendere l'Assoluto.
Nella Fenomenologia, ne fa una forma di reli-
i. l'arte e il linguaggio 123
gione, che è superiore alla religione meramente
naturale, — la quale adora gli oggetti materiali,
i feticci e simili, — perchè è già un modo di ado-
rare lo spirito come soggetto; nell'Enciclopedia,
poco diversamente, ne fa la religione della bel-
lezza, un primo grado rispetto alla religione rive-
lata, inferiore a questa, come questa è a sua volta
inferiore alla filosofia. La storia della poesia e
dell'arte si atteggia, per conseguenza, nelle le-
zioni sull'Estetica come una storia della filosofia,
della religione e della vita morale dell'umanità ;
storia degli ideali umani, in cui l'individualità
degli artisti, ossia la forma propriamente estetica,
passa in seconda linea, o è additata solo per in-
cidente.
Se la concezione dell'arte, come travaglian-
tesi nello stesso problema della religione e della
filosofia, è comune al suo tempo, ciò che è pro-
prio ad Hegel è il rapporto che egli stabilisce tra
quelle tre forme: il carattere distintivo, che as-
segna all'arte rispetto alla religione e alla filoso-
fia. Hegel non poteva, come altri, far dell'attività
estetica un complemento dell'attività filosofica,
che risolva a suo modo i problemi insolubili di
questa, e, meno ancora, un'attività, che sia su-
periore alla filosofica. Il suo presupposto logico lo
doveva condurre alla solita soluzione della dialet-
124 I CONCETTI PARTICOLARI
tica, applicata ai concetti distinti : l'attività arti-
stica è distinta dalla filosofica soltanto per la sua
imperfezione, soltanto perchè coglie l'Assoluto in
forma sensibile e immediata, mentre la filosofia
lo coglie nell'elemento puro del pensiero. Il che
vuol dire, logicamente, che non è distinta nient'af-
fatto; e che l'arte, per Hegel, si riduce sostanzial-
mente ad un errore filosofico, ad una cattiva
filosofia. L'arte vera è la filosofia, che affronta il
medesimo problema su cui l'altra si travaglia,
e lo risolve in modo perfetto.
Che tale sia il pensiero genuino di Hegel, è com-
provato dal fatto, che egli non ripugna alla conse-
guenza estrema di questa teoria: allorché la filo-
sofia si è svolta compiutamente, l'arte deve spa-
rire, perchè superflua: l'arte deve morire, e,
anzi, è bella e morta. Se essa è un errore, non è
necessaria ed eterna. La storia dell'arte, che Hegel
traccia, è diretta a mostrare il successivo dissol-
versi della forma artistica; la quale, nel tempo
moderno, non appartiene più al nostro vero e
alto interesse: è un passato, o una sopravvivenza
del gassato. Questo grandioso paradosso illumina
l'errore estetico di Hegel in tutti i suoi contorni;
e, meglio forse di ogni altro esempio, chiarisce
l'errore dello stesso presupposto logico. È stato
detto, a difesa di Hegel, che la morte dell'arte,
i. l'arte e il linguaggio 125
della quale egli parla, è quell'eterno morire, che
è un eterno rinascere : quale si osserva nello spi-
rito dell'uomo, allorché dalla poesia fa passaggio
alla filosofia, dall'intuizione si eleva all'univer-
sale, scolorandosi allora ai suoi occhi il mondo
delle intuizioni. Ma, contro questa interpetrazione
attenuatrice, sta il fatto, che Hegel parla di una
morte dell'arte, non già perpetuamente rinnovan-
tesi, ma proprio da accadere ed accaduta, di una
morte dell'arte nel móndo storico. Il che è poi
in pieno accordo col suo trattamento dei gradi
della realtà come se fossero serie di opposti, ma-
lamente astratti e separati. Posta questa appli-
cazione ch'egli fa della dialettica, ad Hegel non
restava altra scelta se non, o sopprimere l'arte
mediante quel grandioso paradosso, o conservarla
con un'inconseguenza non meno grandiosa.
A questo modo si spiega come il sistema di
Hegel, — il cui principio del concetto concreto,
con l'annessa dialettica, è di schietta ispirazione
estetica, — sia poi sembrato, e non a torto, come
un freddo intellettualismo, inconciliabile con la
coscienza artistica. E la negazione dell'arte fa
sentire in esso la sua efficacia non buona su tutti
quei problemi filosofici, in cui il concetto dell'arte
deve entrare come un dato più strettamente ne-
cessario. Hegel è considerato di solito come un
126 I CONCETTI PARTICOLARI
avversario della logica aristotelica e formali-
stica; ma bisognerebbe dire, con più esattezza,
che egli fu avversario della logica classificatoria
e naturalistica; o, meglio ancora, ch'egli si li-
mitò a svelare l'insufficienza della logica clas-
sificatoria e naturalistica a funzionar da logica
della filosofia. Questo merito gli è stato già da noi
riconosciuto ; ed altro significato non può avere
la sua polemica in proposito. « Aristotile —
egli dice — è l'autore della logica intellettuale
(dell' intelletto astratto), le cui forme concernono
solo la relazione dei finiti tra loro, onde in esse
non può essere concepito il vero ( 1 ). > Ma il me-
todo classificatorio non è quel che vi ha di ve-
ramente caratteristico nella logica di Aristotile
e della scuola: l'indirizzo classificatorio si ritrova
anche nella logica baconiana o induttiva. Il ca-
ratteristico della logica aristotelica è la sua sillo-
gistica, ossia il verbalismo, la confusione in cui
incorre tra pensiero logico e parola, e la pretesa
di stabilire le forme logiche, attenendosi alle forme
verbali. E questo errore Hegel non criticò né po-
teva criticare, perchè gli mancava ristrumento
stesso della critica, che può esser dato soltanto
da una buona filosofia del linguaggio. Egli tenta
(1) Gesch. der Philos*, II, 365-8,
i. l'arte e il linguaggio 127
bensì di distinguere tra proposizione e giudizio
logico; ma di questa distinzione non gli riesce
di addurre giuste ragioni; e dice che una propo-
sizione (per es., « fa caldo >) diventa giudizio
solo quando si risponda con essa al dubbio che
può sorgere sulla verità dell'affermazione. La di-
stinzione esatta, — la quale consiste nel ricono-
scere che la mera proposizione non è altro che
il parlare stesso, il linguaggio come un puro fatto
estetico, scevro di logica, benché veicolo necessa-
rio pel pensiero logico, — gli era vietata. E perciò
non solo mantiene la tripartizione di concetto,
giudizio logico e sillogismo; ma anche si adopera
a distinguere e definire nuove categorie di giu-
dizii e di sillogismi; e la sua logica conserva dap-
pertutto tracce dei vecchi trattati di logica for-
malistica, con la divisione tra dottrina delle forme
elementari e dottrina dei metodi, della definizione,
della divisione, della dimostrazione e della prova.
VII.
La metamorfosi dei concetti particolari
IN ERRORI filosofici.
II. La storia (Idea di una filosofia della storia).
Potrebbe dirsi che il non aver inteso Tauto-
nomia dell'arte impedì anche ad Hegel d'in-
tendere l'autonomia della storia (della storiogra-
fia). Ma il vero è che Hegel non poteva render
giustizia a questa seconda funzione, per la ra-
gione medesima per cui non potè alla prima; cioè,
per la già detta metamorfosi da lui compiuta dei
concetti particolari in errori filosofici. Dal punto
di vista logico, i due errori hanno la stessa ori-
gine. Psicologicamente, è probabile che il primo
spianasse la via al secondo; com'è anche psi-
cologicamente probabile che a produrre il primo
contribuisse in qualche misura l'idea che Hegel
ebbe della religione, — quale forma immaginosa,
e più o meno imperfetta, della filosofia; — il che
130 I CONCETTI PABTICOLARI
dovè condurlo ad assegnare un'analoga posizione
all'arte rispetto alla filosofia.
La storia, diversamente dall'arte, presuppone
il pensiero filosofico quale sua condizione; ma,
come l'arte, ha il suo soggetto proprio nell'ele-
mento intuitivo. Perciò la. storia è sempre nar-
razione, e non mai teoria e sistema, pure avendo
nel suo fondo la teoria e il sistema ; perciò agli
storici s'inculca, da una parte, di studiare scru-
polosamente i documenti, dall'altra di formarsi
idee chiare sulla realtà e sulla vita, e in ispecie
su quegli aspetti della vita, che essi prendono
a trattare storicamente; perciò è sembrato che
la storia non possa far di meno della scienza, e
pure resti sempre opera d'arte. Se tutti i lavori
storici si riducono alla loro più semplice espres-
sione, che è il giudizio storico, — ossia la pro-
posizione affermante che « qualcosa è accaduto >
(per es., Cesare fu ucciso, Alarico devastò Roma,
Dante compose la Co media, ecc.), — si vede,
analizzando queste proposizioni, che ciascuna
d'esse è costituita di elementi intuitivi, che fun-
zionano da soggetto, e di elementi logici, che
funzionano da predicato. I primi saranno Cesare,
Roma, Dante, la Comedia e via dicendo; e i
secondi, i concetti dell'uccisione, della devasta-
zione, della composizione artistica, ed altrettali.
n. LÀ STORIA 131
Dall'accennata gnoseologia storica (*) risulta
che ogni progresso del pensiero filosofico si tra-
duce in un progresso della conoscenza storica,
comprendendo noi, ad esempio, ben più esatta-
mente quel che davvero fu il fatto storico della
composizione che Dante fece del suo poema, al-
lorché meglio sappiamo che cosa sia la poesia
e la creazione artistica. Ma risulta altresì che
sarebbe stolta pretesa il voler risolvere quelle
affermazioni storiche in affermazioni filosofiche,
assorbendo nella mera condizione del fatto il
fatto nella sua totalità e integrità. La storia può
dar luogo a una scienza concettuale di carattere
empirico, come quando da essa si passi a una
sociologia che proceda per tipi e classi ; ma, ap-
punto perciò, essa non è assorbita in quella scienza
concettuale, della quale rimane come il presup-
posto e la base. Inversamente, la storia può dar
luogo a una filosofia, allorché si passi dalla con-
templazione storica del particolare agli elementi
teorici, che sono in fondo a quella contempla-
zione, e concorrono a renderla possibile ed ef-
fettiva; ma, appunto perciò, essa non é assor-
bita in quella filosofia, che è il suo presupposto
e la sua base. Una filosofia della storia, intesa
(1) È svolta a lungo nei miei Lineamenti di logica, cap. IV: II con-
cetto e la rappresentazione storica.
132 I CONCETTI PARTICOLARI
non come il ritorno a codesta pura filosofia, ma
come una storia di secondo grado, come una
storia che sia filosofia, restando storia; che sia
sistema, restando applicazione del sistema; che
sia universale e logica, pur aggirandosi nell'in-
dividuale e nell'intuitivo; è una contradizione in
termini.
Che cosa importa il porre siffatta idea di una
filosofia della storia, quale storia di secondo grado?
Né più né meno, che l'annullamento della storia.
Giacché quel secondo grado, quella postulata
considerazione filosofica della narrazione storica,
quella storia filosofica, sarebbe poi la vera storia,
rispetto alla quale la storia degli storici si sve-
lerebbe quale errore, perchè costruita con un
metodo che non conduce alla verità o, che è lo
stesso, non conduce a tutta la verità. All'apparir
della seconda forma, la prima si dissolverebbe ; o
meglio, si dissolverebbe appunto perchè sarebbe
non una forma, ma qualcosa d'informe. L'idea di
una filosofia della storia è il disconoscimento del-
l'autonomia della storiografia, a beneficio della
/ pura filosofia. Ogni volta che si pone queD 'esi-
genza, par di s^tir sona re le campane a mo rto
per la storia degli storici. I quali, infatti, — docili
\di solito, se alcuno li avverta circa un progresso
della scienza o della filosofia, che possa rischiarar
n. LA STORIA 133
meglio qualche parte della loro opera di narra-
tori, — si ribellano con violenza allorché loro
si parla di una filosofia della storia, di non so
qual metodo speculativo di conoscer la storia; e
si tenta di persuaderli a consegnare il lavoro,
nel quale han posto tutti sé stessi, e di cui ogni
linea e sfumatura è ad essi cara, nelle mani dei
filosofi, che lo rivedranno e compiranno. E la ri-
bellione è ragionevole. Tanto varrebbe dire a un
pittore o a un musicista di consegnare, dopo'
averlo compiuto, il suo quadro o il suo spartito
ai filosofi, che lo eleveranno a seconda potenza
introducendovi filosofiche pennellate e filosofici
accordi !
Hegel doveva porre, e pose, l'idea di una fi-
losofia della storia; e doveva fare, come fece, la
, negazione della storia degli storici. Ciò era ri-
chiesto dal suo presupposto logico. Egli divideva
la filosofia in pura o formale, — che sarebbe
stata la logica, la quale era insieme metafisica; —
e in filosofia applicata e concreta, comprendente
le due filosofie, della natura e dello spirito: nella
seconda delle quali rientrava la filosofia della sto-
ria; le tre insieme, componevano l'enciclopedia
delle scienze filosofiche. Per tal modo, Hegel fa-
ceva sua la tradizionale partizione scolastica
della filosofia in razionale e reale; e non già
134 I CONCETTI PARTICOLARI
come semplice dicitura e schema esterno, ma
ponendole insieme l'esigenza di una trattazione
filosofica dei fatti contingenti della natura e della
storia umana. Secondo i chiarimenti che ho pre-
messi, ogni storia potrebbe, in certo senso, deno-
minarsi filosofia concreta o filosofia applicata: ma
il significato di queste parole non era, per Hegel,
altrettanto innocente quanto per noi; giacché per
lui esse importavano la recisa distinzione della sto-
ria, inclusa nell'enciclopedia filosofica, dalle altre
storie tutte, che costituiscono il lavoro degli sto-
rici. Nelle sue lezioni sulla filosofia della storia,
la distinzione è fatta con la massima chiarezza:
da una parte, si hanno la storiografia originaria
e la storiografia riflessa (suddivisa, la seconda, in
storia generale, prammatica, critica e concet-
tuale); dall'altra, la storiografia filosofica, o filo-
sofia della storia.
Che questa storiografia filosofica debba avere
un metodo suo proprio, diverso dal metodo della
storiografia ordinaria, non si può mettere in dub-
bio; perchè Hegel stesso le rivendica il carattere
di costruzione a priori. È vero che egli sembra
con ciò indicare non già un carattere distintivo,
ma soltanto l'esigenza di un a priori meglio ela-
borato; notando subito dopo, che anche gli storici
ordinarii fanno storie a priori, ossia muovono da
n. LA STORIA 135
certe loro rappresentazioni e pensieri, difettosi
ed arbitrarii bensì, ma pur sempre a priori. Se
non che, l'apriori ch'egli introduce, non è poi
l'elemento logico, interpretazione dei dati intui-
tivi, che si è di sopra riconosciuto indispensabile
per qualunque lavoro storico; è, invece, una sto-
ria bella e fatta, che ha bisogno soltanto di es-
sere rivestita di nomi e di date. « L'unico pen-
siero — scrive Hegel, — che la filosofia porta seco
(nell'appressarsi alla storia) è il semplice pensiero
della ragione: che la ragione domini il mondo, e
che perciò anche nella storia del mondo ci sia un
andamento razionale. > Ma si tratta di ben più
di questo, o, meglio, queste parole ricevono il
loro significato, quando vediamo tracciare da
lui a priori l'andamento necessario della ragione
nel mondo storico. La storia del mondo è il pro-
gresso nella coscienza della libertà: i suoi singoli
momenti e gradi sono i varii spiriti nazionali
(Volksgeister), i varii popoli; ciascuno dei quali
è destinato a rappresentare un sol grado e ad
eseguire un sol compito nell'azione totale. Hegel,
prima di ricercare i dati di fatti, sa già quali
essi debbono essere; li conosce anticipatamente,
come si conoscono le verità filosofiche, che lo
spirito trova nel suo essere universale, e non de-
sume dai fatti contingenti quasi loro riassunto.
136 I CONCETTI PARTICOLARI
In quello, che è forse il suo maggior lavoro sto-
rico nella Storia della filosofia, egli sa a priori che
la storia della filosofia e il sistema della filosofia
sono identici: si tratta di un medesimo svolgi-
mento, che, nel sistema, è rappresentato « puro
nell'elemento del pensiero, libero dalle esterio-
rità storiche »; e, nella storia, ha l'aggiunta di
codeste esteriorità (nomi e date). Le prime fasi
del pensiero ellenico sono le prime categorie della
metafisica, e si succedono col medesimo ordine
che hanno in questa.
Si potrebbero opporre a questa nostra inter-
petrazione della teoria di Hegel circa la filosofia
della storia le parecchie dichiarazioni dello stesso
autore sul gran rispetto che si deve ai dati di
fatto. Ma bisogna poi esaminare qual valore possa
attribuirsi a codeste dichiarazioni. « Che nella sto-
ria del mondo ci sia un andamento razionale, —
egli dice, — conviene che risulti dalla conside-
razione della storia stessa...: dev'essere un risul-
tato: bisogna prender la storia com'è; e procedere
storicamente, ed empiricamente. » Alla filosofia
l' accidentale è estraneo ; e la storia, — dice al-
trove, — « deve calare l' universale nelT indivi-
dualità empirica e nella realtà effettuale: l'idea
è la sua essenza; ma l'apparizione dell'idea è
nell'accidentalità e nel campo dell'arbitrio » . Sta
LA STORIA 137
bene. Ma, se l'accidentalità e l'individualità sono
davvero estranee alla filosofia, se non si può co-
noscerle fuorché empiricamente, della storia non
si può far la filosofia, ma, per l'appunto, sola-
mente la storia. E, se si fa una filosofia della
storia, quell 'accidentale e individuale, e quel me-
todo storico ed empirico, vengono disconosciuti
e rifiutati. Dal dilemma non si esce. Raccoman-
dare di tener conto dei fatti, o anche riconoscere
che lo studio dei documenti è il punto di par-
tenza indispensabile per la storia, son parole;
quando poi, pei principii assunti, di quei fatti e
di quei documenti non si sa che uso fare. Gli sco-
lari di Hegel, che hanno creduto di salvare capra
e cavoli, col sostenere nella storia il metodo spe-
culativo ed insieme il metodo filologico, non hanno
salvato né l'uno né l'altro. È puerile affermare che
una medesima funzione si compia con due metodi
diversi; giacché il metodo è intrinseco alla fun-
zione, e duplicità di metodo vuol dire duplicità
di funzione: peggio che puerile, far che i due me-
todi si alternino e soccorrano a vicenda, come se
fossero due individui, due amici e compagni di
ufficio. Altra volta, Hegel sembra intendere il
suo schema a priori come nient'altro che un'an-
ticipazione all'ingrosso di ciò che dà la storia ef-
fettiva: « si può credere, — scrive nella Storia
138 I CONCETTI PARTICOLARI
della filosofia, — che la filosofia nei gradì del-
l' idea debba avere un ordinamento diverso da
quel che hanno questi concetti, che si sono pro-
dotti nel tempo; ma nell'insieme firn Ganzen) l'or-
dinamento è il medesimo ». Altra volta ancora
tempera la sua affermazione in modo che quasi
non ne resta più nulla. Così, affermando l'identità
del sistema filosofico e della storia della filosofia,
osserva: « La filosofia, che è ultima nel tempo, è
insieme il risultato di tutte le precedenti, e deve
contenere i principii di tutte: essa è perciò — be-
ninteso, se è davvero una filosofia, — la più svi-
luppata, ricca e concreta. » La riserva della pa-
rentesi finisce con l'affermare tautologicamente,
che la filosofia più sviluppata, ricca e concreta,
è, non già l'ultima nel tempo, ma quella che è
davvero una filosofia; potendo apparire ultimo nel
tempo un sistema filosofico, che costituisca un
regresso. Che cosa concludere da tutto ciò ? Che
Hegel non abbia mai pensato a una filosofia della
storia a priori, la cui idea è pure s; rettamente
connessa con la sua trattazione dialettica dei di-
stinti? No; ma piuttosto che l'errore è contradi-
zione; e che la tesi erronea di Hegel di una
filosofia della storia, — di una storia ideale,
non già eterna ma nel tempo, — si mostra tale
anche per le involontarie contradizioni, in cui
II. LÀ STORIA 139
Hegel si avvolge. Non si può certamente con-
cluderne, che quelle confessioni bastino a sanare
i difetti della tesi erronea, e a mutarla in vera.
Che la filosofìa della storia, cosi ideata, non
soffra accanto a sé la storia propriamente detta,
e la neghi, è non solo una conseguenza logica,
intima quanto ineluttabile; ma traspare anche, con
sufficiente chiarezza, da parecchie osservazioni
di Hegel. E già il fatto stesso ch'egli definisca
la filosofia della storia « la contemplazione pen-
sante della storia > , — - ricordando, subito dopo,
che il pensiero è ciò che solo distingue l'uomo
dall'animale, — viene a confermare che la storia
come tale, o non è un pensiero, o è un pensiero im-
perfetto. Ed è anche significativo l'atteggiamento
di antipatia e di disprezzo, che Hegel prende con-
tro gli storici di professione; press'a poco, come
se un filosofo dell'arte se la pigliasse coi poeti
e coi pittori di professione! Ma, sopratutto, è da
notare quel ch'egli dice del materiale di fatti, che
lo storico deve elaborare. Per la storia hanno
valore — secondo Hegel — soltanto quei fatti,
che rappresentano il movimento dello spirito, la
storia dello stato. I restanti fatti particolari « sono
una massa superflua, che a raccoglierli fedel-
mente ne vengono oppressi ed oscurati gli oggetti
degni della storiala caratteristica essenziale dello
140 I CONCETTI PARTICOLARI
spirito e del suo tempo è contenuta sempre nei
grandi avvenimenti. Perciò un giusto sentimento
ha condotto a rinviare simiglianti rappresenta-
zioni del particolare ai romanzi (quali sono quelli
celebri di Walter Scott, ecc.): è da tener per buon
gusto il congiungere i quadri della vita inessen-
ziale e particolare con una materia parimenti
inessenziale, quale il romanzo la trae dai fatti pri-
vati e dalle passioni soggettive. Nell'interesse
della cosiddetta verità, mescolare le picciolezze
individuali del tempo e delle persone nella rap-
presentazione degli interessi generali è non solo
contro il giudizio e il gusto, ma contro il concetto
della verità oggettiva ; per la quale è vero per
lo spirito solo ciò che è sostanziale, e non già la
vacuità di esistenze esterne e di accidentalità; ed
è perfettamente indifferente che tali cose insigni-
ficanti sieno documentate formalmente, o che,
come nel romanzo, sieno inventate in modo carat-
teristico, e attribuite a questo e quel nome, e a
queste e quelle circostanze » . Chi mediti queste
parole, vi troverà anzitutto la perniciosa distin-
zione tra fatti e fatti, fatti storici e fatti non storici,
fatti essenziali e fatti inessenziali, che si è vista
poi ricomparire molte volte nei libri degli scolari
di Hegel: da Eduardo Gans, che, pubblicando per
l'appunto le lezioni di filosofia della storia del mae-
n. LÀ STORIA 141
stro, ripeteva che codesta disciplina perderebbe di
dignità se dovesse occuparsi della micrologia dei
fatti, e che per conseguenza ad essa spetti di
mostrar la necessità, non di tutti i fatti, ma solo
delle grandi epoche della storia e dei grandi gruppi
di popoli, abbandonando il resto alla storia me-
ramente narrativa; via via fino a queir hegeliano
italiano, che ebbe a sostenere, alcuni anni fa, in
una nota polemica, esser necessarii i documenti
per stabilire in quali carceri stette Tommaso Cam-
panella, o quanti giorni ed ore soffri la tortura :
ma non già poi per determinare il significato sto-
rico del suo pensiero e della sua azione. Questa se-
conda cosa si dedurrebbe a priori dall'idea del
rinascimento, della chiesa cattolica, della riforma
luterana e del concilio di Trento! Con siffatte di-
stinzioni, anziché salvare come necessarii per
la storia vera una classe di fatti, si vengono a
gettar via come inutili tutti i fatti, la nozione
stessa di fatto. Giacché, per quale altra ragione i
fatti a, 6, e, d, e sarebbero inessenziali e superflui,
se non perchè sono individuali e contingenti? E
non sono egualmente contingenti ed individuali
i fatti f g, h, i 9 k, l, che si vuol dichiarare
essenziali e indispensabili? Se è un fatto contin-
gente che Napoleone patisse di un cancro allo
stomaco, non saranno anche contingenti il 18bru-
142 I CONCETTI PARTICOLARI
maio e la battaglia di Waterloo? e non sarà con-
tingente tutta l'epoca della Rivoluzione e deir Im-
pero? E così via via, — giacché l'individualità
e la contingenza si estendono a tutti i fatti, —
sarà contingente l'intera storia del mondo. Vi-
ceversa, se la rivoluzione francese e il 18 brumaio
e Waterloo furono fatti necessarii, non si vede il
modo di negar la necessità a Bonaparte, che fu at-
tore del dramma; e a Bonaparte, proprio come era
costituito nella realtà effettiva: con le sue forze
e con le sue debolezze mentali e fisiche; con la sua
resistenza alle fatiche negli anni giovanili, onde
poteva restare a cavallo intere giornate e seduto
al tavolo di lavoro notti intere; e col suo mal
di stomaco degli anni maturi. Come la realtà non
ha né nòcciolo né corteccia ed è di un sol getto,
come l'interno e l'esterno sono tutt'uno (ed Hegel
ce l'ha insegnato); così la massa dei fatti è una
massa compatta, che non si sdoppia in nucleo
essenziale e corteccia inessenziale, in fatti intima-
mente necessarii e in esteriorità superflue. Quando
codeste distinzioni si adoprano nel linguaggio or-
dinario, s'intende sempre riferirsi a determinate
rappresentazioni storiche, rispetto al tema delle
quali, e solo rispetto a quel tema determinato,
certe masse di fatti appaiono superflue; e la di-
stinzione è cosi evidentemente relativa che, can-
II. LÀ STORIA 143
giandosi i punti di vista, passandosi da un tema
all'altro, ciò che prima era superfluo, diventa
necessario, e ciò che prima era necessario, di-
venta superfluo.
Ma, nel brano citato, è anche da osservare che
Hegel rimanda i fatti, che gli sembrano non sto-
rici (e noi diciamo tutti i fatti) al romanzo, cioè
a una forma d'arte; e, poiché l'arte per lui era
un mero fenomeno, che la filosofia dissipa e so-
stituisce, anche per quest'altra via si mostra la
negazione, che la filosofia hegeliana fa della storia.
Strano destino! Quella stessa filosofia, che, in
forza di una sua dottrina logica, aveva con tanta
efficacia rivendicato il valore della storia, delle
res gestce, per effetto di un'altra sua dottrina
logica era poi messa nell'impossibilità di ricono-
scere il valore della historia rerum gestarum,
e quindi delle stesse res gestce. Affamata di storia,
nutrita di storia, la filosofia di Hegel faceva poi,
senza rendersene ben conto, la propaganda del
digiuno. E la contradizione si manifestò alla luce
del sole, agli occhi di tutti ; giacché, come dalla
scuola di Hegel usci una serie di grandi scrittori
di storie, dalla stessa scuola vennero fuori i più
petulanti e comici dispregiatori della storia e dei
fatti, che si sieno mai visti al mondo.
vm.
La metamorfosi dei concetti particolari
in errori filosofici,
IH. La natura.
(Idea di una filosofia della natura).
Più difficile compito era certamente l'intendere
i veri limiti, e cioè P indole vera, delle disci-
pline naturali e matematiche. Dal rinascimento
in poi si era avuto un continuo ingrandirsi di
quella che fu detta la scienza sperimentale e ma-
tematica, la scienza esatta della natura; la quale
sempre più dominava gPintelletti e la vita. La spe-
culazione filosofica piegava innanzi alla scienza
esatta; o ne riceveva in qualche modo Pimpronta,
come si vede in molte parti dei sistemi di Carte-
sio, di Spinoza, di Leibniz. Il sensismo e il mate-
rialismo filosofici del secolo XV1H erano stati Pul-
tima conseguenza di quel predominio dell'ideale
naturalistico.
È vero che, quando Hegel si andava formando
io
146 I CONCETTI PARTICOLARI
mentalmente, era già cominciato un movimento
di reazione e di dubbio; e (per non parlar di Vico,
che di nuovo dovrebbe essere qui ricordato), in
Germania da più parti si andava mettendo in
chiaro, che la scienza esatta della natura è ina-
deguata a raggiungere la realtà reale, il fondo
delle cose. Filosofi, tutti armati di matematica e
di conoscenze empiriche, come Kant, analizzando
i metodi delle scienze esatte e tirando le conclu-
sioni, proclamavano i limiti della conoscenza
scientifica, e rimandavano i problemi essenziali
alla ragion pratica, e air intuizione estetica e te-
leologica. Altri filosofi, come Jacobi, studiando il
più insigne monumento di scienza esatta appli-
cata ai problemi speculativi, la filosofia di Spi-
noza, mostravano che, col metodo delle scienze
finite, non si esce dal finito; e Dio e l'infinito e
i problemi morali dichiaravano di pertinenza del
sentimento e del sapere immediato. Poeti, artisti
e letterati, del periodo dello Sturm und Drang,
sentivano il freddo e il vuoto dell'intellettualismo
dell' Aufhlàrung ; e, come Goethe, aspiravano
alla visione di una natura tutta animata, che si
sarebbe rivelata solo a chi la contemplasse con
animo simpatico.
Ed Hegel accoglieva quest'eredità critica, e la
portava alla massima espressione; stabilendo,
HI. LA NATURA 147
come si è già accennato, la diversità del me-
todo della filosofia, rispetto a quello delle disci-
pline matematiche e naturali.
Pure, in tutto questo movimento, che sembra
cosi avverso all'ideale delle scienze esatte, quel-
l'ideale stesso si fa sentire in ogni parte, e spiega
la sua forza, e grava col suo peso. Giacché, per
esempio, se Kant nega alla scienza esatta la pos-
sibilità di risolvere i problemi essenziali, è anche
certo che, per lui, sola scienza che l'uomo possa
raggiungere è, per l'appunto, quella esatta; e le
soluzioni, che propone con altro metodo, non
hanno per lui valore conoscitivo o di pensiero;
e cioè, non hanno vero valore. Se Jacobi critica
il metodo delle scienze finite rispetto alla cono-
scenza di Dio, non resta men saldo che sola forma
di conoscenza è per lui quella delle scienze finite;
perchè l'altra poi non è conoscenza, non si tra-
duce in forma di pensiero: è sentimento.
In Hegel, e nel suo immediato predecessore
Schelling, le cose parrebbero atteggiarsi diver-
samente; ponendo entrambi come vera cono-
scenza quella dell'intuizione intellettuale e del-
l'idea. Ma, indagando più addentro, si scopre in
essi lo stesso preconcetto — che potrebbe dirsi il
preconcetto moderno per eccellenza, — a favore
delle scienze esatte. Se non che, quel pregiudizio
148 I CONCETTI PARTICOLARI
si manifesta in Schelling ed in Hegel in una
nuova forma. Invece di escludere le scienze esatte
dalla filosofia, e considerar la filosofia come non
capace di esattezza scientifica, essi considerano
le scienze esatte come non sufficientemente scien-
tifiche e le includono nella filosofia, mediante la
quale la scienza esatta della natura dovrebbe
diventar veramente tale. Kant e Jacobi, ciascuno
a suo modo, facevano delle scienze esatte una
non-filosofia, e della filosofia una non-scienza;
Schelling ed Hegel fanno delle scienze esatte una
semifilosofia, e della filosofia la vera scienza. Sono
due soluzioni diverse di un problema, pel quale
si accettano i medesimi dati; e principale tra
questi la persuasione, che le scienze esatte ab-
biano valore teoretico, ossia che i loro concetti
sieno formazioni logiche più o meno perfette.
Ora, per comporre definitivamente il dissidio
tra scienza esatta e filosofia, per stabilire defi-
nitivamente i diritti dell'una e dell'altra, con-
veniva seguire tutt'altro procedimento. Finché il
metodo naturalistico e il metodo filosofico si con-
sideravano come due metodi della verità scien-
tifica, la lotta era inevitabile: per la ragione già
ricordata, che una determinata funzione ha un
sol metodo intrinseco, il suo proprio; e uno solo
è il metodo della verità scientifica. Onde, am-
m. LA NATURA 149
messo come scienza il primo metodo, il secondo
veniva infirmato e doveva cadere: la filosofia do-
veva essere eliminata. Viceversa, ammesso come
solo metodo di verità quello speculativo, l'altro
restava un mero tentativo, grossolano e contra-
dittorio, del primo metodo, e doveva cedere di
fronte al metodo speculativo, completamente svi-
luppato: le discipline naturalistiche e matema-
tiche dovevano essere sostituite dalla filosofia,
poiché erano una mediocre filosofia che non po-
teva reggere accanto alla buona. D'altra parte, la
via di uscita di Kant o di Jacobi, il rinvio della
filosofia alla ragion pratica o al sentimento, al
non-teoretico, era ormai chiusa; dopo che s'era
dimostrata la capacità del pensiero a risolvere i
problemi della realtà, e s'era scoperta la logica
filosofica. Non restava, dunque, altra via aperta
che quella di rinviare al non-teoretico, e cioè al
pratico, le discipline naturalistiche e matemati-
che, la scienza esatta. Questa via è stata tentata
ai giorni nostri; e a me sembra che dovrà apparire
sempre più, non solo feconda, ma necessaria ( £ ).
(1) U rapporto del concetto puro della filosofia col concetto pratico,
o pseudoconcetto, delle scienze naturali e matematiche, è da me chia-
rito nei citati Lineamenti di logica, cap. V.: Il concetto e le discipline
naturali e matematiche. — Mi si condonino queste autocitazioni, che
sono indispensabili a spiegare la brevità di certi svolgimenti e il si-
gnificato di alcuni accenni.
160 I CONCETTI PARTICOLARI
Non si può dir che Hegel non avesse nessun
sentore dell'indole pratica delle discipline natu-
ralistiche e matematiche. I suoi libri sono pieni
di analisi e di osservazioni, che si potrebbero tra-
piantare senz'altro nei libri dei modernissimi
gnoseologi di quelle discipline. Si leggano le sue
pagine sul concetto di legge nelle scienze empi-
riche: tale legge — egli dice — non è altro che
l'immagine costante dell'apparizione incostante;
e, nel passare dalle leggi più particolari alle più
generali, nel ridurle ad unità, si urta in tauto-
logie, con le quali l'intelletto non esprime la
realtà delle cose, ma soltanto la sua propria ne-
cessità. Che cosa è il postulato, che nel movi-
mento uniformemente accelerato le velocità sono
proporzionali ai tempi, se non la semplice defi-
nizione dello stesso movimento uniformemente
accelerato? E che cosa sono le tante escogita-
zioni dei fisici se non asserzioni, che non rispon-
dono . né alla realtà empirica né al concetto filo-
sofico, come ad esempio i pori, dei quali si parla
senza che l'esperienza li mostri? Delle forze cen-
trifughe e centripete Hegel osserva che sono un
mostro metafisico, che vien semplicemente pre-
supposto, e al quale si vieta poi di applicare alcun
esame intellettuale, onde si fa che in modo miste-
rioso quelle forze crescano e diminuiscano, e eia-
m. LA NATURA 151
scuna acquisti o perda la sua preponderanza. Nelle
scienze esatte, si chiama pensabile ciò che è im-
pensabile, perchè è falso. « È ben pensabile, come
dicono, che un movimento uniformemente cre-
scente e decrescente avvenga in circoli; ma questa
pensàbilità è nient'altro che una rappresentabi-
lità astratta, che tralascia il carattere determinato
di ciò di cui si tratta, e perciò è non soltanto su-
perficiale, ma falsa. » Allo stesso jnodo, nelle ma-
tematiche si chiama irrazionale soltanto quel
ch'entra in esse di reale e di razionale.
Oltre queste, e moltissime altre osservazioni
simili, che sono sparse a profusione cosi nella
Fenomenologia, come nella Logica e nella Filo-
sofia della natura, nelle pagine di Hegel ricor-
rono di frequente le parole finzioni intellettive
(Verstandesfiktionen), concezioni arbitrarie
(willkùrlich), per designare le costruzioni del-
l'intelletto astratto e delle discipline naturali e
matematiche. E la finzione e l'arbitrio rimandano
per l'appunto all'attività volontaria e pratica; e,
giacché quegli arbitrii hanno una storia secolare
e sono prodotti di nobilissime fatiche, e sono cir-
condati dalla stima e anzi dall'entusiasmo per Futi-,
lità dei risultati raggiunti, doveva essere evidente
che non si poteva parlar di arbitrii in senso dispre-
giativo, ossia di atti pratici compiuti in servigio
152 I CONCETTI PARTICOLARI
di capricci e di male passioni; ma di arbitrii
razionalmente giustificabili, ossia di atti pratici
legittimi.
Ma c'è un caso nel quale Hegel esplicitamente
mostra di riconoscere il carattere non scienti-
fico, e tuttavia legittimo, di quelle costruzioni, cosi
come sono e debbono restare; ed è là dove, pro-
ponendosi il quesito se sia possibile una mate-
matica filosofica, — cioè « una scienza, la quale
conosca per concetti ciò che l'ordinaria scienza
matematica deduce da determinazioni presup-
poste secondo il metodo dell'intelletto », — ri-
sponde, a siffatto quesito, negativamente. « La
matematica — egli dice — è la scienza delle de-
terminazioni finite di grandezza, le quali debbono
restare e valere nella loro finità e non trapassare;
e perciò è essenzialmente una scienza dell' intel-
letto. Possedendo essa la capacità di esser ciò in
un modo perfetto, occorre piuttosto che le si con-
servi il vantaggio che ha di fronte alle altre
scienze della medesima sorta; e non lo si turbi
col mescolarvi il concetto, ad essa eterogeneo, o
gli scopi empirici. » (Enc. f § 259). « Se si volessero
trattare filosoficamente le figurazioni dello spazio
o dell'uno, — aveva detto nell'edizione prece-
dente, — quelle perderebbero il loro significato e
la loro forma particolare: una filosofia di esse di-
HI. LA NÀTUBÀ 153
venterebbe alcunché di logico, o alcunché di perti-
nente a qualche altra scienza filosofica concreta,
secondo che ai concetti venisse attribuito un si-
gnificato più concreto. » Egli sapeva, d'altra parte,
che « l'aritmetica non contempla i numeri e le
loro figure, ma opera (operirt) con essi; giacché
il numero è la determinatezza indifferente, inerte,
e deve esser mosso, e messo in relazione, dall'e-
sterno » . Una volta che si era ammessa una forma
di attività, che opera con dati di pensiero ma
non li pensa, non ci sarebbe dovuta esser difficoltà
ad estendere l'osservazione, e, riattaccandovi
tutte le altre sparsamente fatte sul procedere
non teoretico delle discipline naturali e delle ma-
tematiche, giungere ad una teoria esatta circa
l'indole genuina di queste
Hegel aveva anche ben chiaro in mente un
concetto non metafisico, ma meramente gnoseolo-
gico della natura, ossia del metodo naturalistico:
metodo, che non si applica solo alle cosiddette
manifestazioni inferiori della realtà (ai tre regni),
ma anche a tutte le restanti (al glóbus intel-
lectualis). Cosi egli considerava la teoria del di-
ritto esterno degli stati di Ugo Grozio come alcun-
ché di analogo alla filosofia naturale di Newton:
la logica aristotelica gli pareva nient'altro che una
scienza naturalistica del pensiero in cui le for-
154 I CONCETTI PARTICOLARI
me erano descritte e messe Furia accanto all'altra,
come nella storia naturale si fa dell'unicorno, del
mammouth, degli scarafaggi, dei molluschi; e il
medesimo richiamo gli suggeriva, nell'etica, la
dottrina delle virtù (Tugendlehre). Anche per
questa via si sarebbe dovuto giungere a ricono-
scere, che il contenuto delle cosiddette scienze
naturali è non già una parte della realtà, ma un
modo di trattazione di tutta la realtà : modo, che
sorge e persiste accanto a quello filosofico, ap-
punto perchè, infrenato nei suoi proprii limiti,
non gli fa concorrenza.
Un'altra osservazione caratteristica di Hegel,
che menerebbe al 'medesimo risultato, è l'affer-
mazione, sulla quale egli molto insiste, che la
natura, diversamente dall'umanità, non ha storia.
Ora, se tutta la realtà è movimento e svolgi-
mento, come mai si può concepire una parte della
realtà, che non sia in processo di divenire, in-
sieme con tutto il resto? Ma, in verità, ciò che
non ha storia, è la natura nel senso naturali-
stico; vale a dire, la natura rattrappita e mum-
mificata in schemi e concetti astratti: altra
ragione, che deve indurre a considerare quegli
schemi e concetti come non destinati a cogliere
la realtà reale. Un critico inglese ha opportu-
namente notato che la filosofia della storia, ossia
m. LA NÀTUBÀ 155
la trattazione della storia politica universale, cor-
risponde, nella Filosofia dello spirito, alla se-
zione dello spirito oggettivo; come alla sezione
dello spirito assoluto, che comprende le tre sfere
dell'arte, della religione e della filosofia, corri-
spondono rispettivamente le storie dell'arte, della
religione e della filosofia, di cui Hegel anche ha
dato speciali trattazioni. Cosicché, in quella fi-
losofia dello spirito, la sola sezione dello spirito
soggettivo, ossia la psicologia, non ha poi corri-
spondenza in una trattazione storica : dell'uomo,
considerato psicologicamente, non si dà storia ( A ).
Ma perchè? Appunto perchè la psicologia è scienza
naturalistica; ed è colpita cosi dalla medesima ste-
rilità storica, riconosciuta alla natura in generale.
Ma, malgrado tutte queste suggestioni, mal-
grado queste condizioni favorevoli, malgrado
queste parziali e più o meno consapevoli con- .
flessioni, Hegel non concluse nel senso che a noi
sembra giusto; non proclamò l'indifferenza filo-
sofica delle discipline naturali e matematiche e
la loro piena autonomia; e si volse invece verso
la soluzione, che era stata già adottata da Schel-
ling, ideando una Filosofia della natura. La
ragione è ben chiara. Egli era spinto a quella
(1) Màckintosh, Hegel and hegelianism, p. 236 n.
156 I CONCETTI PABTICOLABI
conclusione dal suo presupposto logico. Come
l'arte e la storia si erano atteggiate innanzi alla
sua mente quali errori filosofici da inverare l'uno
nella filosofia pura, l'altra nell'ideata filosofia della
storia; cosi, analogamente, le discipline naturali
e matematiche non potevano restare nella loro
indipendenza di pratiche schematizzazioni dei
dati dell'esperienza, e dovevano essere trattate
come conati filosofici ed errori parziali, da inve-
rarsi in una filosofia della natura. « L'antitesi —
egli dice — della fisica e della filosofia della na-
tura non è già quella tra un non-pensare e un
pensare la natura: filosofia della natura non si-
gnifica altro che contemplazione pensante della
natura; e ciò fa anche la fisica ordinaria, giacché
le sue determinazioni di forze, leggi, ecc. sono
pensieri ; soltanto, quei pensieri nella fisica sono
pensieri formali e intellettuali, » « Nella filosofia
della natura non si tratta d'altro che di porre
al luogo delle categorie dell' intelletto, i rapporti
del concetto speculativo e, secondo questi, com-
prendere e determinare l'esperienza. » « Non solo
la filosofia deve concordare con l' esperienza na-
turale; ma la nàscita e la formazione della scienza
filosofica ha per presupposto e condizione la fi-
sica empirica. » Egli ben vede che vi sono nelle
scienze naturali classificazioni meramente arti-
IH. LA NATURA 157
fidali, dirette soltanto a dare note sicure e sem-
plici pel conoscere soggettivo; ma crede che pos-
sano sostituirsi con classificazioni « naturali »,
e gli par di scorgere nelle ricerche dell'anatomia
comparata, e nella divisione degli animali in ver-
tebrati ed invertebrati, delle piante in mono -e
dicotiledoni, e simili, qualche corainciamento di
tali classificazioni. Parla sovente di un « istinto
della ragione » , che si manifesterebbe nelle teorie
dei fisici e naturalisti, e pel quale verrebbe in
qualche modo anticipato il concetto speculativo.
Perciò anche difende, contro il nominalismo na-
turalistico e matematico di Locke, resistenza
reale dei generi naturali e dei concetti mate-
matici: perciò anche serba fede inconcussa alle
« leggi eterne della natura ».
Basta, un accenno a mostrare l'insostenibilità di
questa posizione anfibia. Cóme colui che ai fatti
storici vuole applicar la filosofia, non può far
altro che narrar la storia, — la quale per es-
sere storia dev'esser sempre in qualche modo
filosoficamente illuminata; — e se poi, innanzi
alla storia, è preso dal desiderio di un sistema
filosofico, non può se non abbandonar la storia
e tornare alla pura filosofia; similmente colui
che, innanzi alle scienze naturali, è agitato dal
bisogno filosofico, non ha se non due vie per sod-
158 I CONCETTI PARTICOLARI
disfarlo: secondo che il suo bisogno si volga verso
una filosofia applicata, o verso una filosofia pura.
Nel primo caso, dalle discipline naturali e ma-
tematiche, e dai loro concetti astratti ed arbi-
trarli, deve passare alla visione storica delle cose
della natura e dell'uomo; nel secondo, deve tornare,
puramente e semplicemente, alla filosofia. Ma una
filosofia della natura, una filosofia che abbia a
base le scienze naturali, è anch'essa, — come,
per un altro verso, la filosofia della storia, — una
contradizione in termini; perchè importa pensa-
mento filosofico di quei concetti arbitrarii, che la
filosofia non conosce, e sui quali per conseguenza
non ha presa, né per affermarli né per negarli.
Hegel ripetutamente richiamò l'attenzione sulla
differenza tra la sua e la filosofia schellinghiana
della natura; rimproverando a quest'ultima di
essere fondata sull'analogia tra organico ed inor-
ganico, sul paragone di una sfera con l'altra della
natura, e svolta con l'applicazione di uno schema
prestabilito. Ma anche la filosofia della natura di
Hegel non può svolgersi se non mediante l'ana-
logia: sol che in essa l'analogia è data dalle
forme del concetto, e vi si parla di giudizio, di
sillogismo, di opposti dialettici, e simili. Onde il
divario tra le due filosofie, tra la madre e la fi-
gliuola, ha, a mio parere, scarsa importanza. Né
HI. LA NATURA 159
mi sembra calzante una lode, eh' è stata data alla
filosofia naturale di Hegel, di precorrere, col suo
concetto del divenire e dell'evoluzione, le sco-
perte di Darwin. L'evoluzione e la dialettica dei
concetti nella filosofia della natura hegeliana è
meramente ideale; e lascia intatte le specie na-
turali, anzi ne proclama la fissità. « È stata un'im-
propria rappresentazione dell'antica, ed anche
della nuova filosofia della natura, il considerare
il progresso e il passaggio di una forma e sfera
naturale ad una più alta come una produzione
fornita di. realtà esteriore; la quale però, per ren-
derla più luminosa, è stata poi respinta nell'oscu-
rità del passato. Alla natura è propria per l'ap-
punto l'esteriorità, per la quale essa lascia che le
differenze si distacchino tra loro e appaiano come
esistenze indifferenti : il concetto dialettico, che
guida i gradi nel loro progresso, opera all'interno
di essi. Rappresentazioni nebulose, e, in fondo,
d'origine sensibile, come quelle del nascere delle
piante e degli animali dall'acqua, e degli organi-
smi animali più sviluppati dai più bassi, ecc.,
debbono essere escluse affatto dalla considera-
zione filosofica » (Enc, § 249). Questo è pretto
antidarvinismo ; e bisognava aspettarselo da He-
gel, che non riconosce nessuna storicità alla
natura.
160 I CONCETTI PARTICOLARI
Certamente, allorché si parla della fallace idea
di una filosofia della natura e si condanna la trat-
tazione che Hegel si propose di fare, non bisogna
involgere nella condanna l'intero libro, che porta
quel titolo. Il diavolo non è poi cosi brutto come
si annunzia; e quel libro di Hegel contiene anche
(di solito nelle osservazioni ai paragrafi, epperò
nella sua massima parte) una folla di critiche giu-
stissime, che a primo sguardo paiono rivolte con-
tro matematici, fisici e naturalisti, e sono invece
contro la metafisica, che quelli mescolano alle
loro discipline o mal ricavano da esse. Vale a
dire, si rivolgono contro Y « ineffabile metafisica » ,
come Hegel la chiama, che muta in realtà le
astrazioni matematiche e naturalistiche, le forze,
i pori, gli atomi, e via discorrendo. In tutto ciò
Hegel ha buon giuoco; e non si può non dargli
vivo assenso.
Questa polemica è anche la sola parte giusta
delle violente invettive contro Newton, ossia con-
tro la cattiva metafisica, che Newton, — per
quanto avesse ammonito: « Fisica, guardati dalla
Metafisica! >, — introduceva o suggeriva. — Nel
resto, le invettive di Hegel documentano Tosti-
li tà, che Tidea di una filosofia della natura re-
cava seco contro i naturalisti e matematici; come
già Tidea di una filosofia della storia importava
IH. LA NATURA 161
una certa ostilità contro gli storici di mestiere.
L'ostilità, come si è detto, non nasceva da di-
sprezzo per quelle discipline; anzi, da troppo
amore, dall'idea troppo alta e filosofica, che Hegel
se ne faceva ancora, e che lo rendeva severo verso
i loro cultori. Epperò la sua bète noire doveva di-
ventar colui, che era il massimo rappresentante
della moderna scienza esatta. Contro Newton,
Hegel appunta critiche e accuse e sarcasmi, dalla
dissertazione De orbitis planetarum fino all'ul-
tima edizione dell'Enciclopedia. Nella disserta-
zione, deplora « illam, quse a Newtone incepta
est, mathematices et physices confusionem » ; e, a
proposito della storiella del pomo, osserva scher-
zosamente che questo frutto fu tre volte fatale
al genere umano, cagionando il fallo di Adamo,
la distruzione di Troia e, col cascar sulla testa di
Newton, la rovina della filosofia naturale! ( A ).
Newton, — dice, riassumendo, nella Storia della
filosofia, — ha contribuito massimamente a in-
trodurre nella scienza le determinazioni rifles-
sive delle forze, mettendo le leggi delle forze al
posto delle leggi dei fenomeni. Nella fisica e nel-
l'ottica, fece cattive osservazioni e sillogismi an-
(1) « ... universa generis humani, deinde Troi® miseri se principila
poinnm adfuisse, malum et iam sci enti is philosophicis omen » (in
Werke, XVI, 17).
11
162 I CONCETTI PARTICOLARI
che peggiori. Dall'esperienza giungeva a punti di
vista generali; poi li pigliava a fondamento, e co-
struiva con essi i fatti singoli; e di tal sorta sono le
sue teorie. Era un barbaro nell'uso dei concetti; e
non si accorgeva mai di adoperare determinazioni
di pensiero. Maneggiava i concetti, come si maneg-
giano pietre e pezzi di legno. Le esperienze e i sil-
logismi della sua ottica, — che si adducono come
il più sublime esempio di tali operazioni nello
studio della natura, — dovrebbero, invece, servir
da esempio del come non si debba né sperimen-
tare né ragionare. A codeste pretese esperiènze
contrasta la natura; la quale è ben superiore al-
l'idea meschina, che di lei si farebbe chi desse fe-
de a quelle. — Simili sfoghi, che giungono fino al-
l'accusa di mala fede, lanciata contro Newton,. — il
quale avrebbe consapevolmente alterato i risul-
tati di alcune esperienze, — hanno sempre levato
grande scandalo; e sono stati giudicati con grande
severità. Ma, pur facendo una qualche piccola
parte all'elemento passionale che può esservisi
mescolato ; e pure rinunziando a scusare Hegel
col ricordare com'egli in queste critiche, e anche
nella violenza del linguaggio, fosse all'unisono
con alcuni insigni suoi contemporanei, e prin-
cipalmente con Goethe; — è certo che, sostan-
zialmente considerando, tanto ciò che vi ha di
HI. LA NATURA 163
giusto, quanto ciò che, nella polemica, vi ha di
esagerata e d'ingiusto, è semplice conseguenza
logica della posizione filosofica di Hegel.
Anche nella filosofia della natura, come nella
filosofia della storia, Hegel non osò mai risol-
versi a dichiarar del tutto errato il metodo em-
pirico . e positivo, e pienamente sostituibile con
quello speculativo. Per lui, le scienze empiriche,
costruendo le loro leggi e i loro concetti, ven-
gono incontro (entegegenarbeiten) al lavoro del
filosofo, al quale porgono il materiale pronto e
mezzo lavorato; ed egli raccomandava, come s'è
visto, raccordo tra fisica e filosofia. Dichiarazioni
della stessa sorta sono state ripetute anche dagli
scolari di Hegel, quali il Michelet, il Rosenkranz,
il Vera: quest'ultimo paragona i fisici ai mano-
vali e il filosofo all'architetto, e dice che « la
physique rassemble et prépare les matériaux, que
la philosophie vient ensuite marquer de sa for-
me ». Ma codeste son frasi, animate di molta
impertinenza contro i fisici, e tuttavia vuote di
ogni contenuto. Giacché, infatti, o si pensa che
il metodo empirico sia in grado di porre alcune
leggi, alcuni generi, alcuni concetti, alcune ve-
rità insomma ; ed allora non si riesce ad inten-
dere perchè mai le altre leggi, generi, verità e
concetti, e il sistema totale di essi, non siano
164 I CONCETTI PARTICOLARI
raggiungibili con lo stesso metodo : quell'attività
medesima, che pone il primo concetto naturali-
stico, mostra con ciò la capacità a porre gli altri e
il tutto; come Fattività poetica, che forma il primo
verso, è quella medesima, che compie l'intero
poema. Ovvero si pensa che il metodo empirico
non sia capace di nessuna verità, per quanto
minima; e, in tal caso, il metodo speculativo non
solo non ha necessità dell'altro, ma non può trarne
nessun aiuto. Far concessioni di parole alla fisica
e al metodo empirico, non è serio; e giustamente
non ha soddisfatto nessuno. Hegel, considerando
le scienze esatte come una semifilosofia, le ne-
gava interamente e le assorbiva nella filosofia; la
quale assumeva cosi tutti i diritti e tutti i do-
veri di quelle. E, avendo posto un cosi gran ca-
rico sulle spalle della filosofia, non gli era poi
lecito di alleggerirlo col tentar di riversarlo di
nuovo, in parte, sulle scienze empiriche, ormai
per lui annullate e inesistenti. Tutti i diritti e tutti
i doveri : alla filosofia, e non all' empiria, toccava
ormai di provare e giustificare l'esistenza di que-
sto o quel fatto particolare della natura; alla filo-
sofia scoprir astri, forze fisiche, corpi chimici,
elementi fisiologici, specie ignote di animali e
vegetali. Quel povero diavolo di K^rug era (pa-
re che bisognerebbe ormai convenirne) sem-
IH. LA NATURA 165
plice portavoce del buon senso, quando richie-
deva alla filosofia naturale di Schelling, che de-
ducesse la luna coi suoi caratteri; o una rosa,
un cavallo, un cane; o anche soltanto la penna
con la quale lui, Krug, scriveva in quel momento.
Hegel, dai primi ai suoi ultimi scritti (*), lo sbef-
feggiò e presentò come un personaggio comico, e
sarà stato forse tale ; ma ciò non toglie che la ri-
sposta di Hegel all'obiezione di Krug sia, sotto la
apparente disinvoltura, impacciata ed ambigua.
Perchè Hegel, da una parte, sembrava dire che
le cose di quella sorta, i fatti individuali (e tutti
i fatti sono poi individuali), non appartengono
alla filosofia; dall'altra, che la deduzione è ben
possibile, ma che la scienza ha ora compiti ben
più urgenti che non la deduzione della penna
da scrivere del signor Krug. E, come Krug,
aveva ragione P illustre fisiologo e medico napo-
letano, Salvatore Tommasi, il quale alP hegeliano
De Meis, — assertore insistente di non so quale fi-
siologia e patologia speculativa, — rispondeva, non
senza fastidio : che egli sarebbe stato disposto a
volger l'attenzione al metodo raccomandatogli,
quando, per mezzo di esso, si fosse fatta una
(1) Si veda un articolo del 1802, in Werke, XVI, 57-9; e cfr. Encicl.,
§ J50 n.
166 I CONCETTI PARTICOLARI
qualsiasi scoperta di medicina: per esempio, la
cura diretta della pulmonite.
Il tentativo, dunque, di attaccarsi ai panni delle
scienze empiriche, dopo averle licenziate, non
ha altro significato, come di sopra si è detto pel
caso della storia (e storica è la base delle scienze
naturali), se non di dar la riprova che la tesi
di Hegel è falsa: non già di sanarne il falso e
renderla vera. Ma l'analogia non finisce qui. Se
Hegel, disperato di poter mai razionalizzare in-
teramente la storia come richiedeva la sua idea
di una filosofia della storia, fini col tagliar via ar-
bitrariamente una parte dei fatti storici che gli
sembrava più imbarazzante del resto e rinviarla
al romanzo; lo stesso egli fece per le scienze natu-
rali, innanzi alle tante classi e specie di fatti natu-
rali, innanzi alle infinite apparizioni della realtà,
innanzi a quelli che si chiamano casi rari, ec-
cezioni, esseri straordinarii. La sua trovata è de-
liziosa: è quella dell impotenza della natura
(die Ohnmacht der Natur), della debolezza, del
deliquio, degli svenimenti di questa, nell'aspro
compito di attuare la razionalità del concetto!
Ma, come non ci siamo lasciati persuadere, nel
campo della storia, a gettar via una parte dei fatti,
avendo appreso da Hegel stesso che il fatto è sacro ;
cosi ora, dopo aver appreso da lui che la ragione
III. LA NATURA 167
è nel mondo, non ci acconceremo a credere, che
una parte della realtà sia ribelle o inerte innanzi
alla ragione. E quella che qui vien chiamata impo-
tenza della natura, ci si chiarisce come nient'al-
tro cheVimpotenza della Filosofia della natura,
ideata da Schelling e da Hegel, a tener fede al
suo proprio programma.
IX.
La costruzione delle false scienze
- E l' applicazione della dialettica
all'individuale e all'empirico.
Hegel avrebbe potuto porre l'idea di una filo-
sofia della storia e di una filosofia della na-
tura, vagheggiarle, inculcarle, difenderle; e non
farne altro. Si può enunciare un programma, e poi
non risolversi ad eseguirlo: cosa che accade
spesso, particolarmente quando il programma è
periglioso. I sistemi e i libri, che non sono andati
oltre le introduzioni e i preliminari, non sono po-
chi, neppure nella letteratura contemporanea, e
tra quelli annunziati con maggior fragore: quasi
varrebbe la pena di farne 1' istruttivo catalogo.
Ma Hegel non lasciò la filosofia della storia e la
filosofia della natura come idee in aria; e costruì
effettivamente l'una e l'altra. In questo passaggio
all'attuazione, egli doveva sforzarsi di trattare i
fatti individuali e i concetti empirici come con-
cetti filosofici particolari; e, poiché a questi aveva
170 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE '
già applicato la dialettica, doveva procedere a
trattare dialetticamente i fatti individuali e i
concetti empirici.
È questo il secondo grande abuso, che Hegel
fece della sua scoperta dialettica. Per giungere ad
esso, ed essere in grado di darne l'enunciazione
esatta e la genesi, era a noi indispensabile pas-
sare attraverso il primo abuso, e percorrerne le
molteplici conseguenze: di alcune delle quali, cioè
dell'aver disconosciuto l'autonomia della storia
e delle scienze positive, il secondo abuso è, a sua
volta, conseguenza. Senza seguire quella via in
tutte le sue svolte ed intrighi, non si compren-
derebbe come Hegel potè mai venire in così strano
pensiero: seguendola, sorge, insieme con P intelli-
genza piena del fatto, quasi un sentimento d'am-
mirazione per l'ingegnosità, che è in quell'in-
timo nesso di errori, pel method of that madnéss,
come avrebbe detto Polonio.
Il secondo abuso è il più comunemente noto;
ed ha, più di ogni altra còsa, contribuito a dar
mala fama alla filosofia hegeliana. Se col primo
si danneggiavano alcune parti della filosofia, col
secondo il danno colpiva o minacciava gli studii
storici e le scienze positive; e quelli e queste
energicamente reagirono in propria difesa.
Ma non bisogna, a questo proposito, trascurare
E l'applicazione della dialettica 171
alcune osservazioni. L'acquistata coscienza del-
l'erroneità del metodo, che Hegel propugnava e
tentava di applicare, ha fatto involgere in una
condanna totale tutti i libri di Hegel sulla storia
della civiltà e dell'arte, della filosofia e della reli-
gione, e sulle varie discipline naturalistiche. Se
il metodo è sbagliato, — si è detto, con semplici-
stico ragionamento, — quale valore, quale garan-
zia possono avere i risultati? Quei libri saranno,
da capo a fondo, scienza e storia sofisticata. —
E perciò, non solo la filosofia della natura non
viene mai ricercata e consultata dagli studiosi
delle cose naturali, e si è visto perfino qualche tra-
duttore ometterla nella sua versione dell'Enci-
clopedia; ma le stesse trattazioni d'indole sto-
rica sono guardate con diffidenza, e quasi con
la paura di macchiarsi al contatto. Ora, quei
libri son da esaminare, come tutti i libri, anche
nell'esecuzione e nei particolari; giacché Hegel
potè operare, e operò infatti molte volte in essi,
contro, o indipendentemente dal suo programma.
Allo stesso modo Goethe, il quale nell'ottica, al
dir dei competenti, volle adoprare metodi af-
fatto estranei alla fisica, che hanno provocato
l'unanime condanna degli scienziati della ma-
teria, in altre parti delle scienze naturali, come
^nell'anatomia e nella botanica, fece vere e proprie
172 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE
scoperte ('). In genere poi, il valore dei libri sulla
filosofia della natura di Schelling, di Hegel e dei
loro scolari, cresce man mano che dalle parti
più astratte si passa alle più concrete, dalla fisica,
alla fisiologia, dal mondo cosiddetto inorganico
all'organico; e la ragione ne è chiara, perchè,
nelle parti più concrete, decresce l'utilità del
metodo matematico. Ad ogni modo, se Hegel, a
quel che sembra, nella parte positiva delle sue
trattazioni naturalistiche, non raggiunse risultati
importanti, né fece osservazioni originali (come
pur se ne trovano nelle opere di Treviranus,
Oken, ecc.) ( 2 ) ; se il meglio che egli offre è forse
sempre nella psicologia ed antropologia, materie
nelle quali era più propriamente versato ; nelle
trattazioni storiche, invece, è alla pari dei mag-
giori storici nel secolo XIX, che fu tuttavia (e
in parte mercè sua) il secolo della storicità. Nella
storia della filosofia, — che, come già si è no-
tato, può considerarsi quasi come una sua crea-
zione, — le caratteristiche ch'egli dette dei pre-
socratici (e specie di Parmenide, di Eraclito e
(1) Si vedano i due discorsi deU'HELMHOi/rz, Ueber Goethes naturwis-
8enschaftliche Arbeiten, e Goethes Vorahnungen kommender naturwis-
senschaftlicher Jdeen (in Vortràge und Reden*, Braunschweig, 1896, 1,
23-47, II, 335-361).
(2) Si cfr., per altro, una nota dell'ENGELS, Antidùhring*, pp. XV-XVI,
ohe mette in rilievo alcuni meriti di Hegel come fisico e naturalista. -,
E l'applicazione della dialettica 173
dei sofisti), di Socrate stesso, di Platone, di Ari-
stotile, degli stoici e degli scettici, dei neopla-
tonici e del cristianesimo; e, pei tempi moderni,
della filosofia empirica inglese, del periodo cri-
tico-speculativo da Kant a Schelling, di Jacobi e
dei sentimentali e mistici, quanto sono originali,
altrettanto sono piene di verità. Nello studio della
filosofia antica, egli si rese esatto conto della pro-
fonda differenza che questa presenta, rispetto alla
moderna, nel modo di porre e intendere i pro-
blemi ; e della erroneità di tradurne le proposi-
zioni in termini di filosofia corrente, come sole-
vano il Brucker o il Tiedemann. La storia politica
offre vedute ampie e luminose sul carattere e le
connessioni delle grandi epoche storiche, sulla
Grecia, su Roma, sul medioevo, e sulla riforma e
la rivoluzione francese. La storia della letteratura
e delle arti, frammista alle sue lezioni sull'estetica,
contiene vedute e giudizii, — per esempio, sul-
l'epos omerico, sulla tragedia antica, sul dramma
shakespeariano, sulla pittura italiana della rina-
scenza, sulla pittura olandese, — che son divenuti
tutti popolari. E, in verità, chi facesse uno studio
speciale intorno alle idee storiche, che hanno avuto
corso nel secolo XIX, e sono entrate nel patrimonio
della nostra coltura, resterebbe meravigliato del
gran numero di esse che risalgono ad Hegel come
174 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE
a fonte prima, o che da Hegel ricevettero forma
definitiva; per quanto vengano poi ripetute senza
conoscenza, o con falsa conoscenza, della loro ori-
gine, attraverso scrittori che le hanno divul-
gate (per es., attraverso Taine). — Sarebbe, d'al-
tro canto, critica meschina accusare Hegel di er-
rori storici, come spesso è stato fatto, prendendo
a base ricerche e scoperte posteriori (e richia-
mandosi perfino talora a dubbie scoperte, come
quando gli si è mosso rimprovero per non aver
tenuto conto del matriarcato, o per non aver so-
spettato le teorie sociologiche sull'origine dell'arte
dal lavoro economico e dalla decorazione indu-
striale!). Ad esami di questa fatta, nessuno storico,
per quanto grande, reggerebbe: né Tucidide, né
Tacito, né Machiavelli, e neppure Niebuhr o
Mommsen. Ovvero fargli carico troppo grave e
personale di certi pregiudizii politici e nazionali,
che nelle sue costruzioni storiche appaiono né
più né meno che in quelle di tanti altri storici,
filosofi e pubblicisti ; dal primato italiano di Gio-
berti alle odierne manìe germanistiche del signor
Chamberlain o del signor Woltmann.
Ed anche nell'ambito di quegli errori storici,
che furono conseguenze di errori filosofici, bi-
sogna poi distinguere tra quelli nascenti da con-
cetti filosofici sbagliati, che Hegel ha spesso in
E l'applicazione della dialettica 175
comune con altri filosofi, o con la filosofia del suo
tempo, — per esempio, la trattazione della storia
della poesia e dell'arte, fondata sul concetto di
un'arte che sia sostanzialmente religione e filo-
sofia ; e, anche, la generica pretesa di costruire o
ricostruire speculativamente il corso storico, —
dagli errori, che hanno relazione con la sua dia-
lettica, e che soli qui c'interessa ricercare.
Ma, fatte tutte queste riserve, è certo che nei
libri di Hegel s'incontrano esempii di tratta-
zione dialettica dell'individuale e dell'empirico;
e ciò basta a spiegare, e parzialmente a giusti-
ficare, la violenta reazione degli storici e dei na-
turalisti contro la dialettica stessa.
In minor numero se ne incontrano, per le ra-
gioni già dette, nelle sue esposizioni storiche;
anzi quasi del tutto esente può considerarsene la
storia della filosofia. Ma la storia universale, svolta
da Hegel, è concepita triadicamente, come mondo
orientale, mondo classico e mondo germanico. Tesi,
antitesi e sintesi, che, bene o male, si concretano
nella formula, che l'Oriente seppe, e sa, soltanto
che un solo è libero; il mondo greco-romano, che
alcuni sono liberi; il mondo germanico, che tutti
sono liberi: onde carattere del primo è il de-
spotismo, del secondo la democrazia e aristocra-
zia, del terzo la monarchia. Per istabilire questa
176 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE
triade, Hegel è costretto sopprimer molta parte
della storia nello spazio e nel tempo. Nello spazio,
perchè egli elimina addirittura la quinta parte del
mondo; e l'Australia e le altre isole tra Asia ed
America gli paiono perfino affette di una « im-
maturità fisica »: l'America stessa non è per lui
se non come un'appendice della civiltà europea;
rifiutandosi a prendere in considerazione le anti-
chissime civiltà del Messico e del Perù, giacché,
dalle notizie che se ne hanno, appare che « quelle
erano affatto naturali e dovevano perire all'ap-
pressarsi dello Spirito » . Nel tempo, giacché egli
sostiene che la storia comincia solo quando vi
sono storici, onde a ragione la parola tedesca Gè-
schichte (o quella italiana storia) significano cosi
la storia a parte subiecti, come la storia a parte
obiecti: i popoli possono aver percorso una lunga
vita senza stato; ma questa, che è la loro preistoria,
non ha niente che fare con la storia. Riferendosi a
siffatte limitazioni nello spazio e nel tempo, Hegel
segnava negli ultimi anni della sua vita in un
suo taccuino: « Nella storia universale vale la
partizione stessa, che era in uso presso i Greci :
— Greci e barbari (') » . In tal modo Hegel cercava
di render disposta alla sua dialettica la storia
(1) Apltoritm. a. d. Btrliner Periode, in Rosbnkrànz, p. 55».
E 1/ APPLICAZIONE DELLA DIALETTICA 177
universale, quale si configura nei libri degli sto-
rici; e s'illudeva di aver trovato neir individuale
un punto di partenza, che avesse la precisione
del primo termine della triade dialettica: tale sa-
rebbe l'Oriente spirituale, dove sorge il sole della
storia. Ma la triade, cosi faticosamente conqui-
stata, traballa ad ogni particolare svolgimento,
che Hegel viene tentando; e già, per arrestarci
ai primi che s'incontrano, la stessa triade fon-
damentale si allarga a una quatriade di mondo
orientale, mondo greco, mondo romano, mondo
germanico; e, nell'Oriente, la Cina e l'India sono
subito sacrificate alla Persia, che è per Hegel la
prima nazione veramente storica. — Similmente,
la storia dell'arte dà luogo a una triade di arte
orientale o simbolica, greca o classica, cristiana o
romàntica: triade poco solida nella sua stessa for-
mulazione, dedotta dallo squilibrio tra contenuto e
forma, la cui sintesi sarebbe poi non già nel terzo
termine, ma nel secondo. Hegel sembra anche ac-
cennare a un quarto periodo artistico, dopo il ro-
mantico: il che muterebbe anche qui la triade in
una quatriade, se pur non voglia dirsi che l'ul-
tima fase è quella del cessar dell'arte nella filo-
sofia. La storia delle religioni si organizza in tre
fasi: religione naturale, religione dello sdoppia-
mento della coscienza in sé, e religione del tra-
12
178 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE
passo alla religione della libertà. Le due ultime
si determinano anche triadicamente: la religione
dello sdoppiamento, in quelle della misura (la ci-
nese), della fantasia (1* indiana), dell'interiorità (la
buddistica); la religione del trapasso, in quelle
della natura, della libertà spirituale, e della reli-
gione assoluta. Le quali si suddividono in nuove
triadi, e cioè la religione della natura, in quelle
della luce (la persiana), del dolore (la sirica), del-
l'enimma (l'egizia); la religione della libertà spiri-
tuale, in quelle della sublimità (la giudaica), dèlia
bellezza (la greca), dell'intelletto o della finalità
(la romana). La religione assoluta sarebbe poi il
cristianesimo. — Se non che, uno degli esempii
più curiosi di costruzione dialettica dell'indivi-
duale ci è fornito dalle tre parti del mondo. Hegel,
come si è detto, si era spacciato delle altre due,
che non gli sembravano mature, né fisicamente
né spiritualmente. Il mondo nuovo presenta la
spartizione non giunta a completo sviluppo in una
parte settentrionale e in una meridionale, a guisa
di magnete. Ma l'antico è la divisione completa
in tre parti; delle quali la prima, l'Africa, — la re-
gione del metallo, dell'elemento lunare, indurita
dal calore, in cui l'uomo è compresso in sé ed
ottuso, — è lo spirito muto, che non perviene sino
alla conoscenza; la seconda, l'Asia, è la dissipa-
E l'applicazione della dialettica 179
zione baccantica e cometaria, il paese dalla ge-
nerazione informe e indeterminata, che non può
dominar sé stessa; la terza, l'Europa, rappresenta
invece la coscienza, e costituisce la parte razio-
nale della terra, col suo equilibrio di fiumi, valli
e montagne; e il centro dell'Europa è la Ger-
mania! (*).
La costruzione dialettica infierisce nella filo-
sofia della natura, ossia nel campo dei concetti
empirici. Nella sua parte positiva, quel libro
non è, in fondo, altro che un compendio di disci-
pline matematiche e naturalistiche, diviso in tre
sezioni: l a , geometria e meccanica; 2 a , astronomia,
fisica e chimica ; 3 a , mineralogia, botanica, zoolo-
gia, geologia e fisiologia. Questo compendio di co-
gnizioni disparate è ordinato nella triade fonda-
mentale di meccanica, fisica e fisica organica;
e tutto suddiviso in triadi minori. Lasciamo an-
dare che, come nella storia universale il punto
di convergenza e il risultato finale è lo spirito
germanico, cosi nella concezione cosmologica di
Hegel il centro dell'universo è la Terra (e per essa
dovrebbe essere la Germania, almeno secondo
le parole citate di sopra). Ciò mostra ancora una
volta come un'alta mente filosofica possa farsi
(1) Wa(urphilo8ophie, § 349 Zus t
180 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE
qua e là soggiogare dal sentimento e dal pre-
giudizio. Ecco invece qualche esempio di dia-
lettica del geometrico e del fisico, Hegel, oltre
le tre dimensioni dello spazio, pone tre dimen-
sioni del tempo, passato, presente e futuro; ma,
mentre osserva che nella natura le tre dimen-
sioni del tempo non si differenziano in modo
esistenziale, sembra ammettere che in modo
esistenziale si differenzino le tre dello spazio.
Queste tre, ad ogni modo, si fonderebbero sulla
natura del concetto, per quanto — egli dice —
le determinazioni del concetto, in tale prima
forma dell'esteriorità, nella quantità astratta,
sieno soltanto superficiali e costituiscano dif-
ferenze del tutto vuote. Sono superficiali, sono
vuote, sono arbitrarie; eppure, Hegel le deduce
dialetticamente. Il punto è la negazione dello
spazio; ma è una negazione essenzialmente spa-
ziale, e però è linea; e la negazione della nega-
zione è la superficie! Si fa la deduzione dei corpi
celesti; il corpo centrale è la tesi, la luna e le
comete sono i corpi dell'antitesi; la sintesi, il
corpo della totalità concreta, è il pianeta. H ma-
gnetismo è la dimostrazione ad oculos del concetto
dialettico nella natura, del sillogismo completo. I
poli sono le estremità sensibilmente esistenti di
una linea reale; come poli, però, hanno, non la
E l'applicazione della dialettica 181
realtà sensibile meccanica, ma una realtà ideale ;
e sono del tutto inseparabili. Il punto d'indiffe-
renza, nel quale essi hanno la loro sostanza, è
l'unità in cui sono come determinazioni del con-
cetto, in modo che essi ricevono senso ed esi-
stenza solamente in tale unità; e la polarità è
soltanto la relazione di siffatti momenti. Per la
necessità della forma dialettica, Hegel combatte
l'identificazione, che la scienza fisica cerca di
fare, di magnetismo, elettricità e chemismo; e
vuole che i tre fatti sieno uniti insieme e distinti.
Egualmente, si sarebbe opposto ai fisiologi, che
aboliscono la netta distinzione tra cellula ani-
male e cellula vegetale; o che considerano la vita
come sparsa ovunque: i tre « regni della natura »
rispondevano troppo bene al suo triadismo, per-
chè egli non dovesse conservarli, dialettizzan-
doli come natura geologica, vegetale ed animale.
Nella prima, la vita pone a sé stessa la sua pro-
pria condizione; nella seconda, l'individuo è an-
cora esterno alle sue membra, che sono esse stesse
individui; nella terza, le membra esistono essen-
zialmente come membra dell'individuo, e perciò
questi è soggetto. La dialettica continua per cia-
scuna di queste forme della natura: il processo
della pianta si divide in tre sillogismi, cioè nel
processo di formazione, nel processo di opposi-
182 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE
zione verso la natura inorganica, e nel processo
di riproduzione, unità dei due precedenti. Più
faticosa è la costruzione dialettica dei cinque
sensi, che son cinque e non tre. Ma Hegel non
si confonde. I sensi per lui sono cinque, eppure
sono tre. Il primo è quello della sfera meccanica,
del peso e della coesione e del loro cangiamento,
cioè il senso del tatto. Il secondo è — i due sensi
dell'antitesi, cioè quello dell'aerata particolariz-
zata, e quello che comprende la neutralità del-
l'acqua concreta, e le antitesi della soluzione
della neutralità concreta: V odorato e il gusto. Il
terzo è il senso dell' idealità, ed è anche duplice:
cioè senso dell' idealità còme manifestazione del-
l'esterno per l'esterno, della luce in genere; e,
più precisamente, della luce che diviene deter-
minata nell'esteriorità concreta, del colore; e
senso della manifestazione dell'interiorità, che si
fa conoscere come tale nella sua estrinsecazione,
del tono: vale a dire, la vista e Yudito!
Altri esempii di codesta dialettica dell'empi-
rico si trovano in copia in quella, che per noi
è anche filosofia della natura (in senso gnoseo-
logico), cioè filosofia dell'empirico; ed è sparsa
nell'estetica, nella logica, e nella filosofia dello
spirito. Nell'estetica, si svolge triadicamente il
sistema delle arti: la prima delle quali, l'archi-
E l'applicazione della dialettica 183
Lettura, pone il tempio del Dio; la seconda, la
scultura, il Dio stesso; la terza esprime i senti-
menti dei fedeli con colori, toni, parole, e si sud-
divide in pittura, musica e poesia. La fatica del
condensare in tre ciò che, empiricamente, è de-
terminato con altro numero, — le cinque in tre
arti, i cinque in tre sensi, — gli è risparmiata
nel campo della poesia dalla retorica; dalla quale
Hegel è lieto di accettare la tripartizione di poesia
lirica, epica e drammatica, come aveva accettato
della scienza empirica i tre regni della natura.
Nella logica, la classificazione dei giudizii è, con
nuova terminologia, su per giù quella medesima
di Kant, che ha per base una quatriade: il giu-
dizio della qualità diventa quello dell'esistenza, il
giudizio della quantità quello della riflessione,
il giudizio della relazione quello della necessità,
il giudizio della modalità quello del concetto; e
se ne conservano le suddivisioni triadiche. Il sil-
logismo, — che è la sintesi rispetto alFantitesi del
giudizio, ossia la restaurazione del concetto nel
giudizio, e quindi l'unità e verità di entrambi, — è
svolto anche triadicamente: come sillogismo dei-
Tessere determinato, sillogismo della riflessione,
sillogismo della necessità. — Nella filosofia dello
spirito, Hegel sa bene che la psicologia non può
servir di base alla filosofia; eppure la tratta dia-
184 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE
letticamente. Lo spirito soggettivo si svolge nei tre
gradi dell'antropologia, della fenomenologia, dello
spirito e della psicologia: la prima comprende
l'anima, naturale, senziente e reale; la seconda,
la coscienza, l'autocoscienza e la ragione; la terza,
lo spirito teoretico, pratico e libero. Lo spirito
oggettivo ha i tre momenti del diritto, della mo-
ralità e dell'eticità: il diritto, quelli della pro-
prietà, dal contratto e dal diritto contro il torto:
l'eticità si suddivide in famiglia, società civile
e stato; lo stato, infine, in diritto interno, diritto
esterno, e (con curioso salto) storia universale.
È stata fatta tante volte la caricatura della dia-
lettica hegeliana; ma nessuna caricatura può pa-
reggiare quella che inconsapevolmente ne fece
l'autore stesso, quando tentò di pensare l'Africa,
l'Asia e l'Europa, o la mano, il naso e l'orecchio, o
il patrimonio famigliare, la potestà paterna o il te-
stamento, col ritmo medesimo con cui aveva pen-
sato l'essere, il nulla e il divenire. Sembra, a
volte, che Hegel non possedesse ancora tutto il
suo pensiero, tanto che dovè aiutarsi con la mi-
tologia: allo stesso modo che, — secondo una
geniale interpetrazione del medesimo Hegel, —
Platone, quando non riusciva a dominare col pen-
siero certi ardui problemi ancora immaturi al
suo tempo, surrogava la soluzione pensata con
l'immaginata, il concetto col mito.
Il dualismo non superato.
Jl panlogismo, che è stato notato nel sistema
di Hegel, non è altro che l'insieme degli er-
rori nascenti dalla falsa applicazione dialettica,
che io ho finora analizzati ed esposti a parte a
parte. È la sostituzione del pensiero filosofico a
tutti gli altri processi dello spirito; i quali tutti
debbono acquistar forma logica (filosofica), e pe-
rire. Ma si è avuto torto nel considerare il panlo-
gismo come il carattere fondamentale del sistema
quando invece non è se non l'escrescenza mor-
bosa, sorta su di esso. Anche non bisogna recare
come prova di panlogismo T identificazione che
Hegel fa della logica con la metafisica, in modo
che per lui la logica è insieme metafisica. Poi-
ché per Hegel la cosiddetta Logica non aveva
nulla di comune con la logica delle scuole, — e,
neppure, in genere, con una scienza della logica
come particolare scienza filosofica, — ma era la
dottrina delle categorie, delle quali la logica in
186 IL DUALISMO NON SUPERATO
senso stretto riempiva una sola, o un gruppo solo;
e poiché quelle categorie abbracciavano tutto lo
spirito e tutta la realtà; è chiaro che la identifi-
cazione di logica e di metafisica, di logica e di
filosofia si riduceva, in fondo, a identificar la
metafisica con la metafisica, la filosofia con la
filosofia. Che tale sua metafisica e filosofia sia
svolta, in parte, panlogisticamente, è vero; ma
questo è un altro discorso: Terrore appartiene
per l'appunto all'applicazione del principio, e non
al principio per sé preso.
Parrebbe inconciliabile con l'accusa di panlo-
gismo l'altra, che pure è stata mossa al sistema
di Hegel, di dualismo più o meno larvato; e
non è. Come l'errore non può mai affermarsi con
la coerenza piena della verità, l'errore panlo-
gismo si converte nel suo contrario, e cioè nel
dualismo. Il campo di questa conversione è la
filosofia della natura, dove, come si è mostrato,
appare dappertutto saldo e persistente il vecchio
concetto di natura, suggerito dalle scienze fisi-
che e naturali: concetto al quale Hegel accordava
valore filosofico, facendone cosi il pensiero di una
realtà che sta di fronte, o dietro, al concetto della
realtà dello spirito. Il punto critico della conver-
sione, ossia la rivelazione del dualismo che ha
luogo nel momento stesso in cui si cerca di lar-
IL DUALISMO NON SUPERATO 187
vario, è il celebre passaggio dall'idea alla na-
tura, su cui tanto brevemente e oscuramente
Hegel si espresse, e tante parole, ma nessuna luce,
sparsero i suoi sostenitori: « L'idea, la quale è
per sé, considerata secondo questa sua unità con
sé, è intuire. Ma, come intuizione, l'idea è posta
nella determinazione unilaterale dell'immedia-
tezza o negazione, per mezzo della riflessione
estrinseca. L'assoluta libertà dell'idea è però che
essa non trapassa solo nella vita, né solo come
conoscere finito lascia apparire la vita in sé; ma,
nell'assoluta verità di sé stessa, si risolve a la-
sciar uscire liberamente da sé il momento della
sua particolarità, o del suo primo determinarsi e
del suo esser altro: l'idea immediata, che è il suo
riflesso, — come natura » (Enc, § 244).
Quella conversione e quel passaggio sono cosi
pericolosi, che molte interpetrazioni sono state
proposte, — ed altre se ne potrebbero proporre, —
del pensiero hegeliano; le quali eviterebbero il
pericolo, eliminerebbero il dualismo e conserve-
rebbero al sistema il suo motivo iniziale, che è
l'idealismo assoluto, la sostanza come soggetto.
Ma nessuna di quelle interpetrazioni ci sembra
conforme al genuino pensiero del filosofo.
Così, può esser comodo il sostenere che il pas-
saggio dall' idea alla natura sia, per Hegel, nien-
188 IL DUALISMO NON SUPERATO
t'altro che il passaggio dalla filosofia all'espe-
rienza, dalla filosofia alla scienza naturale, la cui
sussistenza e indipendenza accanto alla filosofia
Hegel non avrebbe mai pensato a negare. Il si-
stema di Hegel diventerebbe per tal modo una
filosofia della mente o dello spirito in universale,
estranea ma non nemica all'esperienza, cioè al-
l'osservazione e indagine del particolare storico
e naturale. Ma a siffatta interpetrazione si op-
pone la semplice considerazione, che Hegel non
passa già dalla filosofia alla scienza (empirica)
della natura, ma dalla logica o dalla filosofia in
genere alla filosofia della natura; e perciò intende
la natura non come l'empirico rispetto allo specu-
lativo, ma come un concetto speculativo, che ha
diritto eguale all'altro.
Nella medesima difficoltà urta l'interpetrazione,
la quale dichiara che tra idea e natura non ha
luogo passaggio né logico né temporale, perchè
l'idea non diventa già natura, ma è natura; l'in-
dividuale è l'universale e l'universale è l'indi-
viduale. Senza dubbio, a questo modo il dualismo
sarebbe evitato; perchè, nella considerazione fi-
losofica, non si coglie se non l'universale: l'indi-
viduale (che, filosoficamente, è l'universale stesso)
vien colto, in quanto individuale, dall'intuizione,
cioè da una sfera dello spirito, che precede quella
IL DUALISMO NON SUPERATO 189
filosofica ed è sua condizione. Ma Hegel non ha
mai pensato ad abbandonare P individuale ai poeti
e agli storici: egli dell'individuale ha fatto la fi-
losofia, quando ha fatto la filosofia della natura
e della storia. Per interpetrarlo al modo proposto,
bisognerebbe non già tagliar via dal suo sistema
alcune pagine incidentali e digressive; ma muti-
larlo d'interi libri e d'intere parti, di quelli che,
all'autore almeno, parevano organi vitali.
Una terza interpetrazione potrebbe essere esco-
gitata, fondandosi sopra un significato, di cui son
tracce anche in Hegel, della parola natura, in-
tesa come il momento negativo dello spirito, la
passività di fronte all'attività, il meccanico di
fronte al teleologico, il non-essere che si oppone
all'essere. In questo caso, spirito e natura non
sarebbero due concetti distinti, concetti di due
realtà, o di due forme di realtà; ma un unico con-
cetto, dell'unica realtà, che è sintesi di opposti,
dialettica e svolgimento; e l'unità sarebbe salva.
L'idea, che si aliena da sé come natura per tor-
nare a sé nello spirito, sarebbe lo spirito stesso,
inteso nella sua concretezza, che include il mo-
mento negativo. Il nostro Spaventa passò accanto
a questa interpetrazione, quando scrisse che: « il
logo cosi per sé non è realtà, se non in quanto è
Logica, cioè spirito come pensiero del pensiero
190 IL DUALISMO NON SUPERATO
(pensiero puro); e la natura, fissata come natura,
non basta a sé stessa, e perciò non solo presup-
pone idealmente il logo, ma ha come suo prin-
cipio reale, appunto perchè ha come suo fine
reale assoluto, l'assoluto spirito (*) » . — Se non
che, accanto a quel significato della parola na-
tura — negazione e non-essere, — come accanto
al significato della parola natura » individuale
e materia d'intuizione, — c'è in Hegel la natura
intesa come realtà, come l'altro dello spirito,
tè Scepov xaO'a&ttJ, l'altro in sé. Infatti, se così non
fosse, Hegel non avrebbe potuto mai pensare a co-
struire una filosofia del negativo, del non-essere,
di ciò che è una mera astrazione ; ed egli, invece,
fa proprio una filosofia della natura, il cui oggetto
è perciò inteso come un qualcosa di positivo.
Finalmente, si è cercato d' interpetrare la tri-
partizione hegeliana di logo, natura e spirito,
come se natura e spirito non fossero se non lo
spirito stesso concreto, diviso solo empiricamente
in due parti; e il logo starebbe a significare la
realtà vera che è in entrambi, la loro identità
nell'apparente divisione: che è lo spirito nella
sua universalità, e non quale appare nel solo
mondo, che si dice sociale o umano quando lo si
(1) Prineipii di etica, pp. 53-54.
IL DUALISMO NON SUPERATO 191
stacca empiricamente dal resto. Ma sarebbe im-
possibile cancellar la distinzione profonda, che
Hegel pone tra natura e spirito, e che si afferma
con la distinzione tra una logicità inconsapevole
e una logicità consapevole. Il panpsichismo era
lungi dalle intenzioni di Hegel: il pensiero era
per lui proprio dell'uomo ed estraneo all'ani-
male: nella natura non vi ha pensiero, ma de-
terminazioni di pensiero, il che è diverso: vi
ha, si, mxH intelligenza, ma, come diceva Schel-
ling (ed Hegel lo seguiva in ciò), vetrificata.
Perciò anche Hegel sosteneva che nella natura
le forme dello spirito siano non già, come nello
spirito consapevole, risolute runa nell'altra, ma
abbiano la posizione di esistenze separate: la ma-
teria e il movimento, per esempio, esistono, come
fatti, nel sistema solare; le determinazioni dei
sensi esistono come qualità dei corpi, e, anche
più separatamente, come elementi; e via dicendo
(Enc, § 380): la natura dialettica del concetto sta
come fatto naturale nei poli positivo e negativo
del magnete. Far della natura e dello spirito una
unica serie, che sia distinguibile in due sola-
mente air ingrosso, cosi come si distingue l'uomo
civile dal selvaggio, potrà essere un pensiero
giusto; ma era affatto estraneo all'intento di He-
gel. La sua distinzione di natura e spirito è, chec-
192 IL DUALISMO NON SUPERATO
che si sia affermato in contrario, qualitativa; se
qualitativa è la differenza tra esseri inconscienti
ed esseri coscienti, tra cose e pensanti.
Nel genuino pensiero di Hegel, quale si ricava
dalla sua filosofia della natura, spirito e natura
sono, dunque, due realtà: l'una di fronte all'altra,
o Tuna base dell'altra; ma, ad ogni modo, l'una
distinta dall'altra. Perciò egli ricorse a un terzo
termine, al logo: l'esigenza del dualismo da su-
perare lo spinse a cercar di superarlo con la forma
triadica, che gli aveva reso cosi eccellenti ser-
vigi per superare il dualismo degli opposti. Ma,
poiché natura e spirito non sono opposti nel suo
pensiero, non sono due astrazioni, ma due realtà
concrete; la forma triadica era inapplicabile. E
non era applicabile neppure la forma di critica,
ch'egli, anche con mirabili risultati, aveva usato
pei concetti di riflessione nella dottrina dell'es-
senza; giacché, per lui, natura e spirito, nel si-
gnificato in cui li prendeva, non erano concetti
di riflessione, malamente distinti: ma due con-
cetti ben distinti, di carattere determinato. Il
Logo, terzo termine, è, nella sua triade, il primo,
la tesi; ma, laddove del secondo termine, del-
l'antitesi, si sa quale sia il contenuto, essendo
nient'altro che l'insieme delle teorie matemati-
che, fisiche e naturali; e del terzo, della sintesi,
IL DUALISMO NON SUPERATO 193
il contenuto è, da una parte» la psicologia e, dal-
l'altra, la filosofia del diritto, dell'arte, della reli-
gione, e dello spirito assoluto; il primo, la tesi, il
Logo, non ha un contenuto suo; e lo piglia in
prestito dalle altre due parti, e specie dall'ultima,
mescolandovi una polemica contro le filosofie
inadeguate. Gli è che quel Logo, a chi lo separi
davvero dalla natura e dallo spirito e lo guardi
bene in faccia, si svela come non altro che il fondo
oscuro della vecchia metafisica: Dio, nel quale si
congiungevano le due sostanze di Cartesio; la
substantia sive Deus, che sopportava i due attri-
buti del pensiero e dell'estensione, di Spinoza; ed
è poi ancora l'Assoluto di Schelling, indifferenza
della natura e dello spirito; o la cieca (ma non
troppo cieca) Volontà di Schopenahuer, da cui
esce la natura e la coscienza ; o l'Incosciente di
Eduardo von Hartmann, che, anch'esso con molta
logicità, mette capo alla coscienza. Hegel aveva
rimproverato a Schelling di concepir l'Assoluto
come sostanza e non come soggetto. Ma il suo Logo
è poi un soggetto, che non si può pensare come
soggetto, o meglio, non si può pensar punto: è,
come Hegel stesso dice, « Dio nella sua eterna
essenza prima della creazione della natura e dello
spirito finito » ; e noi possiamo ben pensare Dio
nella natura e nello spirito finito, Deus in no-
13
94 IL DUALISMO NON SUPERATO
bis et nos, ma non già un Dio fuori o prima
della natura e dell'uomo. L'espediente triadico, e
il termine del Logo, cui ricorse Hegel, mostra
che egli è sempre preso nel dualismo: che vi si
dibatte contro gagliardamente, ma non ne esce.
In questo dualismo non superato, nel quale
s'impiglia, pel grave errore logico commesso,
l'idealismo assoluto di Hegel, è la ragione della
divisione della scuola hegeliana in una destra e
in una sinistra, spintasi poi quest'ultima sino ad
un'estrema sinistra. L'ala destra interpetrava
Hegel teisticamente: il soggetto, il Logo di He-
gel, era il Dio personale; e la relazione dell^ filo-
sofia hegeliana col cristianesimo non consisteva
soltanto nel riconoscimento del grande elemento
filosofico incluso nella teologia cristiana, ma in un
accordo ben altrimenti sostanziale. L'ala sinistra
si opponeva ad ogni trascendenza e ad ogni con-
cetto di un Dio personale ; e, dando rilievo al ca-
rattere d'immanenza del sistema, giungeva fino a
simpatizzare col materialismo filosofico, in quanto
anch'esso, a suo modo, ha carattere immanente
e non trascendente. Non sarebbe possibile deci-
dere quale delle due interpetrazioni fosse più fe-
dele al pensiero di Hegel; giacché entrambe si fon-
davano su dottrine hegeliane, ed erano opposte ed
avversarie l'una dell'altra, perchè quelle dottrine,
per l'appunto, erano contradittorie.
XI.
La critica e la continuazione
del pensiero di hegel.
Conclusione.
Con F interpetrazione, che ho data in questo
scritto, della filosofia di Hegel, ho detto in-
sieme, quale compito, a mio avviso, sarebbe spet-
tato ai critici e ai continuatori Si fronte ad essa.
Bisognava serbarne la parte vitale, cioè il nuovo
concetto del concetto, l'universale concreto, con la
dialettica degli opposti e la teorica dei gradi della
realtà ; rifiutare, appoggiandosi a quel nuovo con-
cetto e svolgendolo, ogni panlogismo, ed ogni co-
struzione speculativa dell'individuale e dell'em-
pirico, della storia e della natura; riconoscere
Fautonomia delle varie forme dello spirito, pur
nella loro necessaria connessione ed unità; e, in-
fine, risolvere la filosofia tutta in una pura filosofia
dello spirito (o logica-metafisica, che si fosse poi
voluto intitolarla). Bisognava trar fuori il pen-
196 LA CRITICA
siero hegeliano « dalla vagina delle membra
sue », cioè delle membra posticce, che gli erano
state malamente appiccicate ; e lasciar che si for-
masse membra sue proprie, rispondenti alla na-
tura del germe primitivo.
La scuola di Hegel falli totalmente a questo
compito. Divisa, come si è accennato, in destra
e sinistra, e suddivisa in frazioni secondarie,
nella questione del rilievo da dare alle intenzioni
di trascendenza o d'immanenza del sistema, essa
era poi tutta unita nel conservarne ed accre-
scerne l'intrigo dialettico, la confusione tra dia-
lettica degli opposti e dialettica dei distinti, dia-
lettica dell'assoluto e dialettica del contingente.
Il Michelet, per esempio, editore della filosofia
della natura, si baloccava a correggerne dialet-
ticamente qualche particolare; come il posto che
spetta alla quinta parte del mondo nella già ci-
tata dialettica della geografia, stimando egli che
le isole dell'Oceania rappresentino l'ultimo av-
venire del genere umano, lo svolgimento estremo
del selfgovernment democratico. E a coloro, che
non vedevano chiaro nei modi dialettici di ra-
gionamento, il Michelet rispondeva, che il me-
todo dialettico, come la creazione artistica, non
pretende all'accoglienza universale, ma deve re-
stare « un talento specifico del favorito -degli
E IL PENSIERO DI HEGEL 19-7
Dei ». Il che non era veramente far onore al
maestro; il quale aveva, con tanta insistenza e
profondo senso umano, affermato, che la filosofia
dev'essere non esoterica, ma essoterica. Il Ro-
senkranz, — altro dei maggiori rappresentanti
della destra, — dopo aver costruito, in modo che
mi contenterò di dire bizzarro, nella sua Este-
tica del brutto, tutte le parole della più grosso-
lana e volgare psicologia, — proponeva anch'egli
riordinamenti e correzioni alla filosofia della na-
tura:, per esempio, circa la dignità delle stelle
fisse, che Hegel aveva menomata a vantaggio
dei pianeti e della terra ; circa la divisione della
fisica dall'astronomia, che Hegel aveva mesco-
late a torto; circa il trasferimento del processo
di cristallizzazione dalla fisica all'organica; e si-
mili. Ma non abbandonava mai, per altro, il pre-
supposto hegeliano della filosofia della natura;
anzi, dove Hegel aveva colto un barlume del
vero col dichiarare impossibile una costruzione
dialettica della matematica, il Rosenkranz era
pronto a dargli sulla voce, esclamando: « Ciò non
si può ammettere. Perchè, se quello dialettico è
il metodo universale, la matematica ne dovrebbe
restare esclusa? >. Il Vera, — campione italiano
di codesti ortodossi, — continuava le prodezze
contro Newton; sosteneva che la scienza della
198 LA 0RITIC4
natura si fa con tre metodi, lo sperimentale, il
matematico, e lo speculativo, che ne costituisce
il coronamento; e scriveva tra l'altro: « Nous
disons qu'il y a un air, une lumière, et méme
un temps et un espace apparents et qui sont sen-
tis, et un air, une lumière, etc, qui n'apparais-
sent point et qui sont simplement pensés. »
Passando dall'estrema destra all'estrema si-
nistra, e fermandoci su uno scrittore che negli
ultimi tempi è stato molto divulgato e discusso
anche in Italia, a Federico Engels, — l'amico e
collaboratore di Carlo Marx, — si può vedere
com'egli liquidasse la filosofia, risolvendola nelle
scienze positive, e salvandone solo e la dottrina
del pensiero e delle sue leggi: la logica formale (!)
e la dialettica ». E di codesta dialettica, Ja
quale « non era altro che la scienza delle leggi
generali di movimento e di sviluppo delle so-
cietà umane e del pensiero », l'Engels dava e-
sempii cosiffatti. Un granello di orzo, messo nella
terra, germoglia, e, diventando pianta, viene ne-
gato ; ma dalla pianta vengon fuori altri granelli:
negazione della negazione. L'uovo è negato,
quando da esso esce la farfalla; ma la farfalla
produce daccapo l'uovo: negazione della nega-
zione. Nell'aritmetica, a vien negato nel - a; ma,
negando la negazione, si ha - a >< - a — a 2 ; cioè
E IL PENSIERO DI HEGEL 199
il primo a, elevato a potenza. Nella storia, la
civiltà comincia con la proprietà comune della
terra; la proprietà privata nega il comunismo
primitivo: il socialismo farà la negazione della
negazione, riproducendo il comunismo primitivo,
ma elevato a più alta potenza. Nella storia della
filosofia,* il primo momento è il materialismo
originario; questo viene negato dall'idealismo:
ma T idealismo ha la sua negazione della nega-
zione nel materialismo dialettico. Né si obietti,
— soggiungeva l'Engels, — che si può negare
un granello d'orzo col mangiarlo, un insetto col
calpestarlo, la grandezza positiva a col cancel-
larla; perchè la negazione dev'esser tale da
render possibile la negazione della negazione:
altrimenti, — dice egli ingenuamente, — non si
avrebbe processo dialettico! (').
Chi narrerà con copia di particolari gustosi le
lamentabili fortune del metodo dialettico presso
gli scolari di Hegel? Uno dialettizzava lo spirito
come il principio maschile; la natura come il
principio femminile; la storia come l'unione ma-
trimoniale. Un altro trovava nel mondo orientale
(1) Antiduhring, introd., pp. 9-11, o sulla negazione della negazione,
pp. 137-146. Questo brano si trova anche in italiano in appendice al
libro del Labriola, Discorrendo di socialismo e di filosofia (Roma, 1897),
pp. 168-178.
200 LA CRITICA
la categoria dell'essere; in quello classico, la
categoria dell'essenza; e nel mondo moderno, la
categoria del concetto. Per un altro ancora, l'anti-
chità era il regno dell'arte; il mondo moderno,
quello della filosofia; l'avvenire sarebbe stato il
regno della moralità; e, nell'antichità, Atene si fa-
ceva corrispondere all'elettricità dinamica, Sparta
all'elettricità statica, la Macedonia all'elettroma-
gnetica, la Persia alla luce, Roma al calore espan-
sivo ed assorbente (*). Queste stupidità s'incon-
trano a profusione in libri così illustrium come
óbscurorum virorum; né è a dire che quelle de-
gli uomini oscuri sieno poi le meno significative.
I migliori della scuola furon coloro che, non
sentendosi in grado di superare Hegel o non re-
putando i tempi maturi da ciò, si restrinsero a
preservare quasi sacro deposito le dottrine del
maestro, mettendone in rilievo, i profondi tratti
di verità, e astenendosi, quasi per un istinto del
vero, dall' insistere sulle parti scabrose (filosofia
della natura, filosofia della storia), pur senza rifiu-
tarle esplicitamente. E costoro mostrarono il loro
spirito cauto e critico anche col riportare, in certo
(l) Questi esempii, presi da C. Knapp, da A. v. Ciezcowski, ecc.,
in P. Barth, Oeaehichtsphilosophie Hegels u. d. Hegelìaner, pp. 29, 62.
Per altri esempii caratteristici, si veda la parte storica della mia
Estetica, e. XIII.
E IL PENSIERO DI HEGEL 201
modo, Hegel alle sue basi kantiane ; facendo con-
tinuo oggetto della loro disamina la necessità del
passaggio da Kant ad Hegel. Tali furono Kuno Fi-
scher in Germania, al quale si deve una lucida
trascrizione della logica hegeliana (*); Bertrando
Spaventa, in Italia; lo Stirling, nella Gran Bret-
tagna (*) ; e parecchi degli scolari, che essi for-
marono nei tre paesi. Lo Spaventa non superò o
trasformò Hegel; ma aveva chiaro il presenti-
mento, che ciò era necessario e doveva accadere,
e Nei filosofi, — egli avvertiva a questo propo-
sito, — nei veri filosofi, ci è sempre qualcosa sotto,
che è più di loro medesimi e di cui essi non hanno
coséienza; e questo è il germe di una nuova vita.
Ripetere macchinalmente i filosofi, è soffocare
questo germe, impedire che si sviluppi e diventi
un nuovo e più perfetto sistema ( 3 ). »
Quanto agli avversarli di Hegel, neppur essi fe-
cero il loro dovere ; e già, se l'avessero fatto, non
sarebbero stati avversarli, ma discepoli e conti-
nuatori del suo pensiero. Come i seguaci ad ol-
(1) Si veda la sua Logik und Metaphysik (1852), specie nella seconda
ediz. del 1865.
(2) J. H. Stirling, The secret of Hegel (Londra, 1865): « That secret
may be indicated at shortest thus: as Aristotle — with considerable
assistance from Plato — made explicit the abstract uni versai, that was
implica in Socrates, so Hegel — with lest considerable assistance from
Fichte and Schelling — made explicit the concrete uni versai, that was
implicit in Kant » (I, p. XI; cfr. p. 817).
(3) Prolusione e introduzione cit., pp. 182-183.
202 LA CRITICA
tranza conservarono tutta la dialettica, anche
nelle sue confusioni e false applicazioni, essi la
rifiutarono tutta; e caddero perciò in un errore
opposto, ma simile. Mettiamo da parte il bizzarro
Schopenhauer, che vomitava improperii contro
Hegel, ma ne discorreva ad orecchio, senza sa-
perne niente di preciso (*); e, infatti, in quelle
sue espettorazioni, non esce mai dal generico o
dall'aneddotico. Herbart, almeno, ben più equili-
brato, riconosceva in Hegel « uno dei rari uomini
nati per la speculazione »; e giudicava che la
filosofia hegeliana, pel gran rilievo che dà alle
contradizioni onde la realtà si presenta tutta
piena innanzi al pensiero, costituiva la migliore
propedeutica alla metafisica! (*). Ma chi legga le
confutazioni della dialettica hegeliana del Tren-
delenburg in Germania, del Rosmini in Italia,
dello Janet in Francia (per nominare solo i più
importanti), non può non sentirsi preso da un
senso di diffidenza; come quando ci si accorge che
un critico si rende troppo facile il suo compito,
sicché dalle stesse sue parole di condanna e di
disprezzo s'intravede che nella questione è qual-
(1) Tale è anche l'opinione dell' antihegeliano R. Hatm, nel suo
gaggio su Schopenhauer (ristampato in Gesammelte Aufsàtze, Berlino,
1903: cfr. pp. 330-1).
(2) Si veda la sua recensione dell'Enciclopédia, in Werke, ed. Har-
tenstetn, XII, 670, 685.
E IL PENSIERO DI HEGEL 203
che cosa di ben più profondo, che il critico non
ha saputo attingere. Senza dubbio, quei confu-
tatori ingegnosi mettevano in luce difficoltà, e
anche, talvolta, errori; ma gli errori non mostra-
vano poi nella loro genesi vera, come derivanti
dall'esagerazione di una nuova e grande verità.
« Confutare una filosofia, — aveva detto per
l'appunto Hegel, — importa nient'altro che su-
perarne i limiti, e abbassare il suo principio de-
terminato sino a farne un momento ideale ( 1 ). »
Se non che, agli avversarli filosofi successero
presto, contro Hegel, avversarli barbarici, nelle
nuove generazioni maturatesi dopo il 1848; le
quali in Hegel avversavano nient'altro che la
Filosofia stessa, che egli rappresentava in tutta
la sua grandiosa asperità: la Filosofia, che è senza
cuore e senza compassione pei deboli di mente e
pei neghittosi; la Filosofia, non placabile dalle offe
del sentimento e della fantasia, né dai cibi leggieri
della mezza scienza. Hegel era, per coloro, l'om-
bra invendicata del bisogno speculativo dallo spi-
rito umano; e un'ombra, che sembrava disposta
a far da sé, da un momento all'altro, le proprie
vendette. Di qui l'odio feroce contro Hegel: un
odio misto di rimorso e di paura, che non è moti-
(1) Enc., § 86 Zus.
204 VA CRITICA
vato di certo dalla conoscenza degli errori del si-
stema. Hegel aveva osservato che, dopo Fichte, la
filosofia si era di troppo affinata, e non poteva
esser più cosa del bel mondo e del pubblico colto,
come era stata nel secolo XVIII, prima di Kant ( l ).
Ma il regresso positivistico ridusse a tale stremo
le menti, da non distinguere più tra sensazione e
concetto, tra empiria e speculazione. Ora come
mai, — in questo smarrimento delle distinzioni
elementarissime, — sarebbe più stato possibile di
discutere.Hegel, che presuppone la cognizione e
risoluzione dei problemi elementari filosofici, e
si aggira col suo pensiero nelle questioni ultime
e più squisite, respira e vive sulle cime più alte?
Guardare ad Hegel in siffatte condizioni, era lo
stesso che svegliare in sé la coscienza dolorosa
dell'impotenza, con le sue agitazioni e irritazioni,
e con le sue feroci condanne delle gioie che non
è dato gustare.
Per fortuna, ai giorni nostri le disposizioni
degli animi sono mutate in meglio: più favore-
voli alla filosofia in genere, più favorevoli allo
stesso Hegel. Noi cominciamo ora ad avere una fi-
losofia dell' arte e del linguaggio, una teoria della
storia, una gnoseologia delle discipline matemati-
che e naturalistiche, che rendono impossibile il
(1) Gesch. d. Phil. », m, 577-8.
E IL PENSIÈRO DI HEGEL 205
risorgere di quegli errori, nei quali Hegel s'impi-
gliò. In particolare, il vecchio concetto di natura,
ereditato dalla scienza e filosofia del secolo XVII,
è in dissolvimento: diventa ogni giorno più chiaro
come la natura, nel suo concetto, sia un prodotto
della praxis dell'uomo, il quale, solo allorché di-
mentica per qual modo vi è pervenuto, se la trova
di fronte come qualcosa di estraneo, che lo atter-
risce con l'aspetto di mistero impenetrabile. D'al-
tra parte, rinasce dappertutto un certo romanti-
cismo filosofico, che è una condizione (benché
nient'altro che una condizione) per bene intendere
Hegel e tutti i filosofi del suo periodo; e si sospira
daccapo pel misticismo e pel sapere immediato,
al modo di JaGobi ; e si pone daccapo il vecchio
ideale schellinghiano di una contemplazione este-
tica, che dia allo spirito, assetato di verità e di con-
cretezza, quel che la scienza (naturalistica) non
può dare. Cosi, uno degli scrittori, che si collegano
a questo movimento, il Bergson, propugna come
metafisica dell'assoluto una conoscenza intuitiva,
« qui s' installe dans le mouvement et adopte la
vie mème des choses » (*). E non era questa per
l'appunto l'esigenza di Hegel, il suo punto di par-
tenza: — trovare una forma mentale, che sia mo-
bile come il movimento; che partecipi della vita
(1) Introduction à la rnétaphysique, in Revu* de métaph. et de mO'
rale, XI, p. 29.
206 LA CRITICA
delle cose; che tasti « il polso alla realtà », e ri-
produca mentalmente il ritmo dello svolgimento,
senza spezzarlo, irrigidirlo e falsificarlo?
Ma, per Hegel, tale veduta era solo un punto di
partenza; e non già una conclusione, come per
lo scrittore ora ricordato e per gli altri del suo
indirizzo. La rinunzia al pensiero si sarebbe a lui
chiesta invano. E aver mostrato che Y esigenza
della conoscenza concreta si soddisfa nella forma
del pensiero, è il suo alto merito, la sua immor-
tale scoperta. Di qui la necessità di studiare He-
gel criticamente, isolandone gli elementi vivi e
vitali da quelli morti. La coscienza moderna non
può né accettar tutto Hegel, né tutto rifiutarlo,
come si soleva cinquantanni fa: essa si trova,
verso di lui, nella condizione del poeta romano
verso la sua donna: nec tecum vivere possum,
nec sine te. Questa revisione critica dell'hege-
lismo non par che si possa ora averla dalla sua
patria tedesca: tanto dimentica del suo gran figlio,
che non ne ha più nemmeno ristampate le opere;
e che pronunzia di frequente intorno a lui giudizii,
i quali fanno stupire noi di questo estremo lembo
d'Italia, che non siamo riusciti mai a dimenticarlo
del tutto, e l'abbiamo, in qualche modo, fatto no-
stro, ricongiungendolo, come fratello, al nolano
Bruno e al partenopeo Vico. Assai più importanti
E IL PENSIERO DI HEGEL 207
degli studii tedeschi sono, intorno all'hegelismo,
quelli che si vanno compiendo, da oltre un tren-
tennio, in Inghilterra ; dove l'opera dello Stirling
è stata assai feconda, e dove Hegel è esposto con
chiarezza, interpetrato con verità, criticato con ri-
verenza e libertà mentale. In ricambio, lo spirito
possente di Giorgio Hegel ha svegliato per la pri-
ma volta a vita speculativa le menti degli inglesi,
che sono stati per secoli i fornitori mondiali della
filosofia empirica, e che ancora nel secolo XIX
sembravano non poter dare altri maggiori filosofi
che gli Stuart Mill e gli Spencer.
Se alcuno ora mi domandasse se bisogni es-
sere o no hegeliano, e se io sono hegeliano, po-
trei, dopo tutto ciò che ho detto, dispensarmi
dalla risposta. Pure, voglio qui, per giunta, dare
la desiderata risposta, quasi corollario. Io sono,
e credo che bisogni essere, hegeliano ; ma nello
stesso senso in cui chiunque abbia ai tempi no-
stri mente e coltura filosofica è, e si sente, tut-
t'insieme, eleatico, eracliteo, socratico, plato-
nico, aristotelico, stoico, scettico, neoplatonico,
cristiano, buddista, cartesiano, spinozista, leib-
niziano, vichiano, kantiano; e via dicendo. Nel
senso cioè, che ogni pensatore, e ogni movimento
storico di pensiero, non può esser passato senza
frutto, senza deporre un elemento di verità, che
206 LA CRITICA
fa parte, consapevole o no, del pensiero vivo e
moderno. Hegeliano, nel significato di seguace
servile e pedissequo, che professi di accettare
ogni parola del maestro, o di settario religioso
che consideri peccato il dissentire, nessuna per-
sona sennata vorrà essere; e neppur io. Hegel, .
insomma, ha anch'egli scoperto la sua parte di ve-
rità; e questa parte bisogna riconoscere e far va-
lere: ecco tutto. Se ciò non accadrà ora, poco
male. « L'Idea non ha fretta » , come Hegel amava
ripetere. Alla stessa verità si dovrà giungere, una
volta o l'altra, per diversa via; e, senza essersi
giovati dell'aiuto diretto di Hegel, si dovrà poi,
guardando indietro alla storia del pensiero, procla-
marlo, con molti gesti di meraviglia, precursore.
Ma la prima condizione per risolversi ad ac-
cogliere o a rifiutare le dottrine, che Hegel pro-
pone, è, — pur troppo, son costretto a ricordare
cosa, che piacerebbe sottintendere, — leggere i
suoi libri: cessando dallo spettacolo, tra comico e
disgustevole, di accusare e ingiuriare un filosofo,
che^jQLQfi ^si c onosce; di battagliare stoltamente
contro un fantoccio ridicolo, foggiato dalla pro-
pria immaginazione sotto l'impulso, tutt'altro che
nobile, della pigrizia mentale.
Fine.
SAGGIO
DI UNA
BIBLIOGRAFIA HEGELIANA (*)
(*) Le più ampie bibliografie, <.,hc si abbiano finora di Hegel, son
quelle contenute nel GrundrissP dell'UebcrwegrlIcinze, IV, pp. 49 51;
e nel Dìctionm-y of philosophy and psycholoyy, edito dal Baldwin,
(voi. Ili, parte I: BibUogi-aphy of philosophy, ecc., compilata da B. lland,
New-York, 1005), pp. 243 249.
Parte Prima.
OPERE DI HEGEL
I.
Pubblicate dall'A.
A.
Opere capitali.
1. System der Wissenschaft. Erster Theil, die Phd-
nomenólogie des Geistes (Bamberg u. Wiirzburg, bey
Joseph Anton Goebhardt, 1807).
2. Wissenschaft der Logik. Erster Theil : die objek-
tive Logik. Erste Abtheilung: die Lehre vom Sein.
Zweite Abtheilung : die Lehre vom Wesen (Niirnberg,
1812). Zweiter Theil: die svhjektive Logik oder die
Lehre vom Begriff (ivi, 1816).
3. Encyklopttdie der philosophisclien Wissenschaften
im Grundrisse. Zum Gebrauch seiner Vorlesungen
(Heidelberg, Osswald, 1817).
La seconda edizione fu pubblicata ivi, 1827, e può dirsi
del tutto rifatta e grandemente ampliata : tanto che, lad-
dove la prima contava pp. XVT-228, la seconda ne conta
XLII-534. La terza edizione, anche ampliata, fu pubbli-
cata, come le precedenti, ad Heidelberg, Osswald (Win-
ter),1830 (pp.LVHI-600).
212 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
4. Qrundlinien der Philosophie des Rechts oder
Naturphilosophie und Staatswissenschaft im Grund-
risse (Berlin, 1821).
Opuscoli.
5. Differem der Fichte'schen und Schelling' schen
Systems der Philosophie in Beziehung auf Reiriholds
BeitrOge zur leichteren Uèbersicht des Zustandes der
Philosophie bei dem Anfange des neunzehnten Jahr-
hunderts Erstes Heft (Jena, in der akademischen
Buchhandlung bei Seidler, 1801).
La pref. ha la data del luglio 1801.
6. Dissertatio philosophica de Orbitis planetarnm.
Pro venia legendi (Jenae, 1801).
L'abilitazione ebbe luogo il 27 agosto 1801.
e.
Articoli e recensioni.
7. Ueber das Wesen der philosophischen Kritik uber-
hauptund ihr Verhàltniss zum gegeniotirtigen Zustand
der Philosophie insbesondere (inserito nel Kritischès
Journal der Philosophie, hg. von Fr. Wilh. Jos. Schel-
ling n. G. Wilh. Fr. Hegel, Tubingen, in der J. G.
Cottaschen Buchhandlung, 1802-1803; voi. I, f. I).
8. Wle dergemeine Menschenver stand die Philosophie
nehme, dargestéllt an den Werken des Herrn Krugs
(ivi, voi. I, f. I).
P. I. OPERE DI HEGEL 213
9. Verhàltniss des Skeptizismus zur Philosophie,
Z>arstellung seiner verschiedenen Modiflkationen und
Vergleich des neuesten mit dem alten (ivi, voi. I, f. II).
9.* Ueber das Verhàltniss der Naturphilosophie zur
Philosophie iìherhaupt (ivi, voi. I, f. III).
Si è disputato se questo scritto sia di Schelling o di H.
Si vedano, tra gli altri, C. L. Michelet, Schelling und H.
oder Beweis der Aechtheit der Abhandlung, eoe. (Berlin,
1839); A. Schmid, Entwicklungsgeschichte d. hegels. Logik,
pp. 29-30; R. Haym, H., p. 395; e, in riassunto, K. Fischer,
H* Leben u. Werke, pp. 202-3. Ma pare, in verità, che
sia lavoro della penna di Schelling.
10. Glauben und Wissen: die Reflexionsphilosophie
der Siibjectivitttt in der Vollstàndigkelt ihrer Formen
als Kantische, Jaeobische und Fichtesche Philosophie
(ivi, voi. II, f. I).
11. Ueber die wissenschaftlichen Behandlungsarten
des Naturrechts, seine Stelle in der praktischen Phi-
losophie und sein Verhàltniss zu den positiven Rechts-
wìssenschaften (ivi, voi. II, f. II-III).
. 12. Ueber Fr. Jacobis Werke, dritter Band, Leipzig,
Fleischer, 1816 (recens. negli Heidelberger Jahrbil-
cher der Litteratur, 1817).
13. Beurtheilung der ira Druck erschienenen Ver-
handlungen in der Versammlung der Landstà'nde des
KOnigreichs Wurttemberg in denJahren 1815 und 1816.
Abtheilung I-XXXIII (ivi, 1817, n. 66-8, 73-7).
L'H. aveva diretto (1807-8) la Barnberger Zeitung ; ma
in quel giornale non si trova nessuno scritto di lui, che
abbia carattere originale o sia in qualche modo notevole :
cfr. Haym, o. e, p. 270 sgg., 505; e K. Fischer, o. e, p. 74.
214 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
14. Recensione di: Wilh. Humboldt, Uéber die unter
dem Nainen Bhagavad-Gita bekannte Episode des Ma-
habarata, Berlin, 1826 (nei Jahrbilcher filr wissen-
schafU. Kritik, 1827).
15. Recens. di: Solger, Nachgelassene Schriften
u?id Briefwechsél, hg. v. L. Tieck n. Fr. v. Raumer
(ivi, 1828).
16. Recens. di: Hamann, Schriften, hg. v. F. Roth,
Berlin, 1821-5 (ivi, 1828).
17. Recens. di: K.- F. G... 1 [Gflschel], Aphorisme?i
iiber Nichtwissen und absolutes Wissen ira Verhdltniss
zur christlichen Glaubenserkenntniss (ivi, 1829).
18. Recens. del libro: Uéber die hegelsche Lehre oder
absolutes Wissen und moderner Pantheismus, Leipzig,
1829 (ivi, -1829).
19. Recens. di: K. C. Schubarth u. L. Carganico,
Ueber Philosophie Uberhaupt und Hegels Encyklopddie
d. phil. Wiss. insbesondere, Ein Beitrag zur Beur-
theilung der letzeren, Berlin, 1829 (ivi, 1829).
20. Recens. di: A. L. J. Ohlert, Der Idealrealismus,
erster Theil (ivi, 1831).
21. Recens. di: J. G5rres, Uéber die Grrundlage,
Oliederung und Zeitenfolge der Weltgeschichte, drei
Vortràge (ivi, 1831).
22. Ueber die englische Reformbill (nella Allgemeinè
preussische Staatszeitung, 1831).
P.. I. OPERE DI HEGEL 215
D.
Varia.
23. Prefazione al libro di Hinrichs, Die Religion
im inneren VerMltnisse zur Wissenschaft (Heidel-
berg, 1822).
II.
Edizione completa delle opere,,
e ristampe parziali di queste.
Questa edizione, che è sempre Tunica raccolta che si
abbia delle opere complete di H., reca due frontespizii,
in uno dei quali è il titolo generale : — Georg Wilhelm
Friedrich Hegel' s WerJee. Vollstandige Ausgabe durch ei-
nen Verein von Freunden des Verewigten: D. Ph. Mar-
heinecke, D. J. Schulze, D. Ed. Gans, D. Lp. v. Hen-
ning, D. H. Hotho, D. K. Michelet, D. F. Forster; — e
il numero progressivo del volume. Con raggiunta della
Propàdeutik, edita dal Rosenkranz, e del Carteggio, edito
da K. Hegel, la raccolta novera 19 tomi, divisi in 23 volumi.
Fu pubblicata a Berlino, dalla casa Duncker ed Humblot,
dal 1832 al 1845 in prima edizione: fuorché la raccolta com-
pleta del Carteggio, che è del 1887. Il primo volume reca
il privilegio e l'elenco dei sottoscrittori (pp. I - XXX).
Nel febbraio 1840 fu diramato il manifesto per la ri-
stampa di parecchi volumi già esauriti.
I. Phitosophische Abliandlungen, hg. v. K. L. Mi-
chelet (1832).
Comprende gli scritti da noi segnati ai nn. 5, 9*, 10, 11. —
L'avvertenza del M. ha la data del 3 settembre 1832. La
seconda edizione è del 1845.
216 BIBLIOGRAFIA. HEGELIANA
IL Die PhtlnomenoZogie des Geistes, h. v. J. Schulze
(1832).
H. aveva riveduto l'opera per la ristampa fino a pa :
gina XXXVII della vecchia edizione 1^p. 25 della nuova).
L'aw. dell'editore ha la data del 29 novembre 1832. La
seconda edizione di questa ristampa è del 1841.
III-V. Wissenschaft der Logik, hg. v. L. Henning
(1834).
Anche quest'opera era stata riveduta in parte dall' a.
per la ristampa, cioè tutto il primo volume; e ne era stata
scritta la nuova prefaz. con la data del 7 novembre 1831 . —
Della ristampa del v. H. si ha una zweite unverànderte
Auflage del 1841.
VI- VII, 1-2. Encyklopàdie der philosophischen Wis-
senschaften ira Orundrisse.
— Erster Theil. Die Logik, herausgegeben und
nach Anleitung der vom Verfasser gehaltenen Vor-
lesungen mit Erklarungen und Zusàtzen versehen
von D. r Leopold von Henning (1840).
— Zweiter Theil. Vorlesungen iiber die Naturphi-
losophie, hg. v. D. Cari Ludwig Michelet (1842).
— Dritter Theil. Die Philosophie des Oeistes, hg.
v. D. Ludwig Bouinann (1845).
Questa ristampa dell' Enciclopedia, — che, oltre le An-
merkungeriy messe da H. alle ultime edizioni del 1827 e
1830, ha una lunga serie di aggiunte (Zustitze), tolte dai
quaderni di H. e dalle trascrizioni dei corsi fatte dagli
scolari, — si suol chiamarla la grande Enciclopedia; per-
chè, infatti, l'opera di H. è stata cosi portata quasi al
triplo della estensione, che aveva nell'edizione del 1830.
Alla Logica è unito anche il discorso inaugurale, tenuto
da H. all'università di Berlino nel 1818. -
P. I. OPERE DI HEGEL 217
Della grande Enciclopedia, furono ristampate la Logik
nel 1843, e, nel 1847, la Naturphilosophie, in una « zweite
verbesserte Auflage ».
L'eccessiva estensione, presa dall' Enciclopedia in que-
sta forma, fece sorgere il desiderio di riaverla nella forma
ultima, in cui l'aveva lasciata l'autore. Questo desiderio
fu soddisfatto dal Rosenkranz, che ristampò l'edizione del
1830 in una « vierte (senza contare cioè quella della grande
Enciclopedia) unverànderte Auflage mit einem Vorwort »
(Berlin, Duncker und Humblot, 1845).
Lo stesso Rosenkranz riprodusse questa edizione nella
Philosophische BibliotheJc, hg. v. J. H. v. Kirchmann, vo-
lume 33: « mit Einleitung und Erlàuterungen » (Berlin,
Heimann, 1870): le Erlàuterungen seguono in uno spe-
ciale volumetto (voi. 34), di pp. 152. — Di questa edi-
zione si ebbe una ristampa nel 1878.
Finalmente, nel passato anno, nella nuova edizione che
si va facendo della Philosophische BibliotheJc, nel voi. 33,
è ricomparsa V Enciclopedia : « in zweiter (sic) Auflage
neu herausgegeben von Georg Lasson, Pastor an s. Bar-
tholomaus, Berlin (Leipzig, Verlag von der Diirr 'schen
Buchhandlung, 1905, 8°, pp. LXXVI-522). Questa edi-
zione, — che reca anche il confronto del testo del 1830
con quello del 1827, — è ora la migliore di tutte. Vi è
aggiunto, come nella grande Enciclopedìa, il discorso
del 1818.
Si desidera sempre una ristampa dell' Enciclopedia,
nella concisa forma originaria, che ha nell'edizione, or-
mai rara, del 1817.
La Logik della grande Enciclopedia, con l'aggiunta del
1° capitolo della Naturphilosophie, è stata ristampata da
G. J. P. J. Bolland, prof, di filos. nell'univ. di Leyden
(Leyden, A. H.' Adriani, 1899).
Villi Grrundlinien der Philosophie des Rechts oder
Nattirrecht und Staatsicissenschaft im Grundrisse,
hg. v. E. Gans (1833).
218 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
Contiene circa 200 aggiunte (ZusUtee), rispetto all'edi-
zione del 1821. La ristampa ebbe una seconda edizione
nel 1840.
IX. Vorlesungen iiber die Philosophie der Geschi-
chte, hg. von E. Gans (1837).
Questo e i seguenti volumi di Vorlesungen (lezioni) fu-
rono condotti sui quaderni di H. e degli scolari. — La
seconda edizione della Philosophie der Geschichte, con
molte modificazioni, fu fatta nel 1840 e curata da Karl
Hegel; se ne ebbe anche una terza edizione, nel 1848.
X. 1-3. Vorlesungen iiber die Aesthetik, hg. v. D.
H. G. Hotho (1835-1838).
Furono ristampate nel 1842-3.
XI-XII. Vorlesungen iiber die Philosophie der Re-
ligion nebst eine Schrift iiber die Beweise vom Daseyn
Gottes, hg. v. D. Ph. Marheinecke (1832).
La seconda edizione « verbesserte » , 1840. Recentemente
se ne è avuta una ristampa : « mit einem Kommentar hg*.
v. Boi land » (Leiden, 1901); e un compendio: Hegels Re-
ligionsphilosojyhie in gelcUrzter Form, mit Einfuhrung, An-
merkungen und Erlauterungen, hg. v. A. Drews (Jena,
1905).
XIII-XV. Vorlesungen iiber die Geschichte der Phi-
losophie, hg. v. C. L. Michelet (1833-1836).
Se ne ebbe una seconda edizione « verbesserte », nel
1840-44.
XVI-XVII. Vermischte Schriften. hg. v. D. Fr. For-
ster u. D. Ludw. Bouinann (1834-1835).
Il primo volume contiene gli scritti da noi segnati ai
nn. 6, 7, 8, 9, 13, 14, 15; più cinque Gymnasial-Reden,
tenuti a Norimberga (1809-1815;.
Si noti che in questo volume è compresa una recen-
sione: Ueber Fr. Jacobi's Werke, Erster Band, pubbli-
P. I. OPERE DI HEGEL 219
cata negli Heidelberger Jahrbileher d. Litter., che non è
di H., ma di E. v. Meyer: cfr. K. Fischer, o. e, p. 1169.
Il secondo volume contiene : 1°) gli scritti da noi se-
gnati ai nn. 12, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 23; 2°) tre discorsi
latini tenuti ail'univ. di Berlino; 3°) alcuni scritti di ca-
rattere ufficiale ; 4°) € Aufsatze vermischten Inhalts » ; e
5°) una serie di lettere (pp. 4*71-634).
Gli scritti- composti per occasioni ufficiali concernono :
1°) Uéber den Vortrag der philosophischen Vorbereitungs-
wissenschaften auf Ggmnasien ; 2°) Uéber den Vortrag der
Philosophie auf Universitàten: 3°) Ueber den Unterricht
in der Philosophie auf Gymnasien; 4°) Ueber die Erri-
chtung einer kritischen Zeitschrift.
Gli « Aufs&tze » comprendono : 1°) Maximen des Jour-
nals der deutschen Literatur (1806); 2°) Wer denlct ab-
sh-aktf; 3°) Ueber Lessings BriefwecJisel mit seiner Frau;
4°) Ueber Wallenstein; 5°, Ueber die Belcéhrten; e 6°) lo
scritto da noi segnato al n. 22: Ueber die englische Re-
form-Billy che è qui pubblicato completo anche della
parte rimasta inedita.
Alle recensioni già segnate ai nn. 18-19, sono unite le
recensioni inedite di altre tre opere, per le quali vedi più
sotto, Parte II, i, B, nn. 3-5.
XVIII. Philosophische Propddeutik, hg. v. K. Eo-
senkranz (1840).
Cfr. su questa propedeutica, scritta da H. pel ginnasio
di Norimberga, K. Fischer, o. e, p. 82.
XIX. 1-2. Briefe vpn und an Hegel, hg. von Karl
Hegel (Leipzig, Duncker und Humblot, 1887).
Le lettere sono divise in tre sezioni: 1°) Stuttgart,
Bern, Frankfurt a. M., Jena (1785 al marzo 1807); 2°)
Bamberg, Niimberg (aprile 1807 all'ottobre 1816) ; 3°) Hei-
delberg, Berlin (1817-1831). — In appendice al volume
secondo, pp. 377-383, Ueber H.* Tod und die Herausgabe
seiner Werke aus Briefen seiner Wittwe ;j)j). 383-390, Cou-
sin, Schelling und H.
220 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
Vi sono comprese le lettere già edite nel voi. XVII.
— Ma di altre lettere, sparsamente pubblicate, è data,
in questa raccolta, la sola indicazione al posto relativo
nella serie cronologica, dei libri in cui sono inserite.
III.
Scritti sparsamente pubblicati.
1. In appendice aWIIegels Leben del Rosenkranz
(v. più sotto), pp. 431-566, sono pubblicati scritti
varii di II. Oltre alcuni lavori del tempo del ginna-
sio, vi si trovano : 1) Fragment zur Kritik der Theo-
logie, e Thesen d. theolog. Dissertation; 2) Tagébuch
der Reise in die Berner Oberalpen, 1796 ; 3) Fragmente
tlieologischer Studien; 4) Fragmente historischer Stu-
dien; 5) Begriff der Positivitàt der BeligUm, 1800;
6) Aphorismen aus der Jenenser und Berliner Pe-
riode. Nel testo della vita, il R. inserisce brani di
altri scritti, e specialmente del System der Sittlieh-
keit (1802), primo abbozzo del sistema hegeliano.
2. Pagine inedite di H. si trovano anche in Haym,
H. u. seine Zeit, inserite nelle Anmerkungen, in fondo
al volume (pp. 471-512).
3. Kritik der Verfassung Deutschlands, hg. v. D. r
Georg Mollat (Cassel, Verlag v. Th. G. Fischer u. C,
1893, vii-143).
4. System der Sittlichkeit, aus dem handschriftli-
chen Nachlasse des Verfassers, hg. v. D. r Georg
Mollat (Osterwieck-Harz, A. W. Zieckfeldt, 1893).
P. I. OPERE DI HEGEL , 221
Contiene i brani del System, non pubblicati dal Ro-
senkranz.
5. Per la corrispondenza tra H. e Cousin, si veda
J. Barthélemy-Saint Hilaire, M. V. Cousin, sa vie et sa
correspondance (Paris, Hachette e Alcan, 1895, 3 voli.).
I mss. di H. si trovano nella R. Biblioteca di Berlino;
e non sono stati ancora esplorati compiutamente e me-
todicamente.
IV.
Antologie.
1. C. Frantz u. A. Hillert, Hegels Philosophie in
wòrtliehen Ausziigen. Fùr Gebildete aus dessen Wer-
ken zusammengestellt und mit einer Einleitung hé-
rausgegeben (Berlin, Duncker u. Humblot, 1843).
2. Gust. Thaulow, Hegels Ansichten uber Erziehmig
und Unterricht, aus H. 8 sàmmtlichen Schriffcen ge-
sammelt und systematisch geordnet (Kiel, 1853-4).
Tre voli., in 4 tomi.
3. Hegels Gotteslehre und Gottesfurcht (Leipzig,
1846).
4. M. Schasler, H.: Popul&re Gedanken aus seinen
Werken (Berlin, 1870, 2* ed. 1873).
Anche di Adolph Lasson ho trovato citato: H.: Popu-
Icire Gedanken aus seinen Werken zusammengestellt (Ber-
lin, 1870). Ma sarà un equivoco con la raccolta dello
Schasler.
222 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
V.
Traduzioni.
A.
Italiane.
1. Filosofia della storia del mondo antico, trad. da
G. B. Passerini (Capolago, 1841).
2. Filosofia del dritto, tradotta dall'originale tede-
sco da Antonio Turchiarulo (Napoli, Fibreno, 1848).
3. La fenomenologia dello spirito, ordinata da Gio-
vanni Schulze, tradotta da A. Novelli (Napoli, Rossi
Romano, 1863).
Del traduttore di questo, come degli altri dieci voli., di
cui segue l' indicazione, non trovo notizia se non in uno
zibaldone di un V. Pagano, Galluppi e la filosofia italiana
(Napoli, Regina, 1897), pp. 115-116; dove si dice che il tra-
duttore di H. si chiamava Alessandro Novelli, era prete,
nativo del Molise, e scrisse un'Enciclopedia filosofica.
Costui, in pochi anni, tradusse in italiano, delle opere
di H., quanto non se ne è tradotto mai in nessun'altra
lingua. La Fenomenologia dello spirito, per esempio, non
è stata mai tradotta né in francese né in inglese -, e non
ve ne ha se non questa traduzione del N. La quale, per
altro, è semplicemente scellerata.
La Fenomenologia dello spirito fu presa a tradurre in
italiano anche da S. Spaventa, quando era ancora nel-
l'ergastolo di Santo Stefano, forse intorno al 1857. Una
parte del manoscritto dello Spaventa si conserva nella
biblioteca della Società Storica Napoletana.
P. I. OPERE DI HEGEL 223
4. La logica, con illustrazioni di L. di Henning,
tradotta da A. Novelli (ivi, 1863).
5. La filosofia detla natura, con illustrazioni di
Carlo Ludovico Michelet, trad. dall' originale per
A. Novelli (ivi, 1864). Due voli.
6. La filosofia dello spirito, illustrata da Ludovico
Boumann, traduzione dall'originale per A. Novelli
(ivi, 1863).
7. Filosofia del diritto, ossia il diritto di natura e la
scienza della politica, con illustraz. ni di Eduardo Gans,
traduzione dall'originale per A. Novelli (ivi, 1863).
8. Filosofia della storia, ordinata da Eduardo Gans,
3 a edizione fatta per cura di C. Hegel, traduzione
dall'originale per A. Novelli (ivi, 1864).
9. Estetica, ordinata da H. G. Hotho, traduzione
dall'originale per A. Novelli (ivi, 1864). Quattro voli.
10. Spemere omnia!, dal tedesco di G. G. F. Hegel,
traduzione di Vittorio Imbriani (néìl'Epomeo, strenna
pei danneggiati d'Ischia, Napoli, 1883).
11. Enciclopedia delle scienze filosofiche in compen-
dio, tradotta da B. Croce (Bari, Laterza, 1907).
E il primo volume dei Classici della filosofia moderna,
collana di testi e traduzioni italiane a cura di B. Croce
e G. Gentile. '— Per V Enciclopedia è seguita l'edizione
Lasson; e vi è premessa (pp. V-XXVI) un'introduzione
del traduttore sulla storia esterna dell'opera. Per la stessa
collezione si annunziano la traduzione della Fenomeno-
logia dello spirito, e di due volumi di scritti varii e pa-
gine scelte di Hegel.
224 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
B.
Francesi.
1. Cours d'esihètique, analisé et traduit par Char-
les Bénard (Paris e Nancy, editori Joubert, Hachette
e Aimo André, 1840-1852). Cinque voli.
Se ne ha una ristampa: YEsthétique (Paris, Germer Bail-
lière, 1875; due voli.); ed anche si ha, da parte, La poé-
tique, avec extraits de Schiller, Goethe, Jean Paul, etc.
(Paris, Ladrange, 1855; due voli.)
2. La logiqite subjective de H., traduite par H. Slo-
man et J. Wallon, suivie de quelques remarques par
IL Sloman (Paris, Ladrange, 1854).
3. Logiquc de H., traduite pour la première fois
et accompagnée d'une introduction et d'un commen-
taire perpétuel par A. Véra, docteur ès lettres de la
Faculté de Paris, ancien professeur de philosophie
do l'université de France (Paris, Ladrange, 1859).
Due voli.
Oltre la pref. e l'introd. del trad. (pp. I-VII, 1-159),
contiene il discorso inaugurale del 1818, e la prefazione
alla seconda edizione dell' Enciclopedia.
Il Vera fece una seconda edizione della sua traduzione,
assai più corretta della prima, e con tutti i Zustitee del-
l'edizione del v. Henning: « deuxième édition, revue et
corrigée » (Paris, Germer Baillière, 1874; due voli.).
4. Philosophie de la nature de H., traduite pour
la première fois et accompagnée d'une introduction
et d'un conimeli taire perpétuel par A. Véra, docteur
ès lettres etc, professeur de philosophie à l'univer-
sité de Naples (Paris, Ladrange, 1863-66). Tre voli.
P. I. OPERE DI HEGEL 225
5. Philosophie de l'esprit de H., traduite pour la
première fois et accompagnée de deux introductions
et d'un eominentaire perpétuel par A. Véra, etc.
(Paris, Germer Baillière, 1867-69). Due voli.
6. Philosophie de la réligion de H. } traduite par
A. Véra, etc. (ivi, 1876-8, non completa). Due voli.
Vedi su questa trad. K. Mariano, A. Vera (in Uomini
e idee, Firenze, Barbèra, 1905), p. 300.
a
Inglesi.
1. The subjective logie (London, Chapman, 1855).
E l'edizione inglese dell'opuscolo notato in B., 2.
2. Philosophy of the right: a summary, transl. by
T. C. Sanders (London, 1855).
3. Lectures on the philosophy of history, transl. by
J. Sibree, 1857 (2 a . ed., London, 1881).
4. Traduzione di parte della Wissenschaft der Lo-
gik e di parte della logica dell'Enciclopedia, in J. H.
Stirling, The secret of H. (v. più sotto): voi. I, 320-
465, First sectiòn, Quality; II, 1-234, comento; il
passaggio dalla qualità alla quantità, trad. dall'En-
ciclopedia, II, 235-261; sommario, traduzione e co-
mento della 2 a sezione della Wissenschaft d. Log.,
sulla Quantity, II, 262-397.
5. The logie of H., translated from the Encyclo-
paedia of the philosophical sciences by William Wal
lace (Oxford, 1874).
15
226 BrBLIOGBAFIA HEGELIANA
Ve ne ha una « second editi on,revised and augmented »
(Oxford, at the Clarendon Press, 1892). È preceduta da
una : Bibliographical notice on the three editions and three
prefaces of the Encyclopaedia
L' introduzione alla prima edizione è diventata in questa
seconda edizione uno speciale volume di Prólegomena to
the study of Hegels philosophy and espeeially of his logie
(ivi, 1894).
6. Introductlon to Hegels philosophy of fine art,
transl. by Bernard Bosanquet (London, 1886).
7. The philosophy of art, an introduction to the
scientific study of aesthetics, translated from the ger-
man, by W. Hastie (Edinburgh, 1886).
Vi è unita la filosofia dell'arte di C. L. Michelet. — Una
traduzione della seconda parte delle Vorlesungen iiber
Aesthetik fu fatta dal Bryant, e pubblicata a New- York,
Appleton e C. : vedi anche più sotto al n. 12.
8. Lectures on the history of philosophy, transl. by
E. G. Haldane (London, 1892-1896).
9. The philosophy ofmind, with five introductory
essays, by W. Wallace (Oxford, 1894).
10. Philosophy of right, transl. by S. W. Dyde
(London, 1896).
11. Lectures on the philosophy of religion, transl.
by E. B. Spiers and J. B. Sanderson (London, 1895).
Tre voli.
12. Nel Journal of speculative philosophy, fondato
a St.-Louis da W. T. Harris (1867-1879, poi dal 1880
a New York), sono tradotte moltissime parti delle
opere di H. D&W Estetica, I-III, trad. dalP esposizione
di Bénard, fatta da J. A. JMarling; V-VII, Philosophy
P. I. OPERE DI HEGEL 227
of art-chivalry, by S.A. Longwell; XI-XII, Symbolical
art, by W. M. Briant; XII, Classical art e Romantic
art, dallo stesso; XVI, Symbolism of the sublime,
transl. by J. H. Stirling. Dalla Fenomenologia, II,
brani tradotti da W. T. Harris. Dalla Logica, brani
varii, II; primi principi, III. Dalla Propedeutica, IV.
Dalla Storia della filosofia, brani su Platone, IV, su
Aristotile, V, su J. Bòhme, XII, su Bruno, XX. Dalla
Filosofia della religione, brani varii, XV-XXI. Dalla
Filosofia del diritto, brani, XVI. — Oltre i già men-
zionati, sono fra i traduttori anche Soldan e Mead.
Parte Seconda.
LETTERATURA INTORNO AD HEGEL
L
Letteratura tedesca.
A.
Biografìa.
1. Karl Rosenkranz, G. W. F. H.* Leben, be-
schrieben (durch K. R.) als Supplement zu H. 8 Werke
(Berlin, Duncker u. Humblot, 1844).
Si vedano anche Rosenkranz, Aus H.* Leben (nel Li-
terarisch-historisch. Taschenbuch, di Prutz, a. 1844, ed
a parte, Lipsia, 1845); Lochner, H. in Nilrnberg seit 1808,
Sendschreiben an Prof. Rosenkranz (nel Nilrnberger Ku-
rier, feuill., a. 1844, nn. 216-218); Stahr, H. als Politiker,
Bericht iiber H. s Leben von Rosenkranz, nei Jàhrbiicher
des Gegenwart, hg. v. Schwegler, a. 1844, pp. 945-971).
2. Kuno Fischer, H.* Leben, Werke una Lehre (Hei-
delberg, Winter, 1901).
È un voli, in due parti, di pp. 1192; e forma il volume
Vili della Geschichte der neueren Philosophie di Kuno Fi-
scher, Jvbilàums - Ausgabe.
3. J. Klaiber, Holderlin, H. und Schelling in ihren
schwàbiscTien Jugendjdhren (Stuttgart, 1877).
4. Acten den hundertjdhrigen Qeburtstag H.* betref-
fend, hg. von Dr. G. Thaulow, ord. prof. d. Philos.
230 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
an d. Univ. zu Kiel (Kiel, Universit&tsbuchhandlung,
1870-72).
5. Uebergabe der Hegel-Denkmal an die Stadi Berlin
(nei Philos. Monatshefte, voi. VII, 1871-2, pp. 132-144).
Contiene discorsi intorno ad H. dei proff. M&tzner,
Kòstlin, Vatke, ecc.
Ricordi intorno ad H. si trovano in Hotho, Vorstudien
fìlr Lében und Kunst (Tiibingen, 1835); A. Ruge, Aus
friiherer Zeit (Berlino, 1863-7); Alex. Jung, Vorlesungen
ilber die moderne Literatur der Deutschen (Danzig, 1842);
H. Laube, Beisenovellen (Mannheim, 1834-7, 2.* ediz.,
1846-7).
B.
Trattazioni generali.
Da questo elenco sono escluse : 1°) le prefazioni e intro-
duzioni degli edd. e tradd. delle opere, le cui edizioni
sono menzionate nella prima parte ; 2°) le esposizioni del
sistema hegeliano, che si leggono in tutte le storie gene-
rali della filosofia (come Tennemann, Wendt, Rixner,
Reinhold, Ueberweg, Erdmann, Schwegler, Eucken, ecc.,
ecc.); o in quelle della filosofia moderna (Erdmann, Win-
delband, ecc.); o in quelle della moderna filosofìa tedesca
(Michelet, Chalib&us, Zeller, Biedermam, Fichte, Ulrici,
ecc.). Alcune di queste esposizioni sono per altro note-
volissime, come ad es., quelle dell'Erdmann, Versuch
einer wissenschaftl. Darstellung d. neueren deutsch. Phi-
los., 1853, voi. Ili, sez. II, pp. 686-849; di Michelet, Ge-
schichte d. letzen Systeme der Philosophie von Kant bis
Hegel, 1838, II, 599-801; di Zeller, Gesch. d. deutsch. Phi-
losophie seit Leibniz *, 1875, pp. 623-672, ecc. ; 3°) i rife-
rimenti e discussioni d' idee di Hegel nei libri di teorìa
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 231
filosofica, come in Baader, Schelling, Schopenhauer,
Lotze, ecc. ecc ; 4°) le trattazioni teoriche della scuola
hegeliana, per le quali si vedano elenchi in Ueberweg,
Grundriss 9 , IV, 143-170 ; ed ivi anche per gli avversarti
di H., 171-185. — Notiamo anche qui in principio, delle
varie riviste della scuola : Der Gedanke, Organ der phi- .
losophischen Gesellschaft in Berlin, hg. v. C. L. Miche-
let (1861-1873).
1. Uéber die hegelsche Lehre oder àbsólutes Wissen
una moderner Pdntheismus (Leipzig, 1829, bei Chr.
E. Kollmann, pp. 236).
2. K. E. Schubart u. D. r L. A. Carganico, Ueber
Philosophie zUberhaupt und JET. S Efncyklopddie insbe-
sondere, Ein Beitrag zur Beurtheilung der letzeren
(Berlin, 1829, in der Euslin'schen Buchhandlung,
pp. 222).
3. Uéber Seyn, Nichts und Werden. Einige Zweifel
an der Lehre des Herrn Prof. H. (Berlin, Posen u.
Bromberg, bei E. S. Mittler, 1829, pp. 24).
4. E. A. Weisse (prof. a. d. Univ. zu Leipzig),
Uéber dem gegenwàrtigen Standpunkte der philosophi-
schen Wissenschaften in besonderer Beziéhung auf das
System H.* (Leipzig, 1829, Verlag v. J. A. Barth,
1829, pp. 228).
5. Briefe gegen die hegelsche Encyklopòldie d. phil.
Wissensch., Erstes Heft, vom Standpunkte d. Encycl.
u. d. Philosophie (Berlin, 1829, bei Joh. Chr. Fr. Eus-
lin, pp. 94).
Di queste cinque pubblicazioni fece H. stesso la recen-
sione, che è inserita in Werke, XVII: vedi sopra Parte
I, i, C, 18-19; il, 17.
232 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
6. fO. F. Grappe], Die Winde oder ganz absolute
Konstruktion der neueren Weltgeschichte durch Obe-
rons Horn gedichtet von Absolutus von Hegelingen
(Leipzig, Haack, 1831).
Per questa commedia satirica contro H., si cfr. Rosen-
kranz, Leben, p. 883. — Come si vede, l'inglese prof.
F. C. S. Schiller, — che nel 1901 pubblicò, per canzonare
gli hegeliani inglesi, un finto fascicolo della rivista
Mind, intitolato : Mindf a unique review of ancient and
modem philosophy edited by a Troglodyte, with the eoo-
peration of The Absolute and others, — aveva avuto, ot-
tantanni addietro, un precursore delle sue spiritosag-
gini.
7. Herbart, recensione della Encyklopddie, ediz. de
1827, nella Hallische Literaturzeitung, 1831, nn. 1-4.
(ristampata in Werke, ed. Hartenstein, XII, 1852,
pp. 664-686).
8. K. F. Gòschel, H. und seine Zeit Mit Riick-
sicht auf Goethe. Zum Unterrichte in der gegenwàr-
tigen Philosophie naeh ihren Verh<nissen zur Zeit
und nach ihren wesentlichen Grundztigen (Berlin,
Duncker u. Humblot, 1832).
9. Fortlage, Die Liicken des hegélschen Systems
(Heidelberg, 1832).
10. C. L. Michelet, Einleitung in H* Philosophische
Abhandlungen (Berlin, Duncker u. Humblot, 1832).
È un'introduzione, che era stata preparata pel voi. I
dei Werke; ma che non vi fu inclusa.
11. C. Fr. Bachmann, Ueber H.* System u. d. Noth-
wendigkeit einer nochmaligen Umgestaltung der Phi-
losophie (Leipzig, 1833).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 233
Contro il B. scrissero il Rosenkranz e rHinrichs. I1B.
replicò con VAntihegel, Àntwort an R. u. H. (Jena, 1835).
12. C. J. Hofftnann, H. in seiner Wahrheit v, Stan-
punkt d. strengsten Unbefangenheit (Berlin, 1833).
13. 0. A. J. J. Ruehle von Libenstern, Uéber Sein,
Werden und Nichts (Berlin, 1833).
14. H. Heine, Zur Geschichte der Religion und
Philosophie in Deutschland, libro IV: von Kant bis
H. (1834).
Fu pubblicato per la prima volta in francese nella Be-
vile des deux mondes; e si trova ora in tutte le edizz. delle
opere di Heine (per es., in quella di Hamburg, Hoffinann
u. Campe, 1885, voi. VII).
15. F. Schelling, Vorrede zu Becker' s Uébersetzung
einer Schrift Victor Cousins (1834).
E trad. in francese: Jugement de M. Schelling sur la
philosophie de M. Cousin, trad. Willm (Strasbourg-Paris,
1835).
16. J. F. I. Tafel, Geschichte u. Kritik d. Skeptizi-
smus... mit besonderer Rilcksicht auf H. (Tiibingen,
1834).
17. W. T. Krug, Schelling u. H., oder die neueste
Philosophie im Vernichtungskriege mit sich seìòst be-
griffen (Leipzig, 1835).
18. F. C. Biedermann, De genetica philosopandi ra-
tione... praesertim Fichtii... Hegelii (Lipsiae, 1835).
19. Schaller, Die Philosophie unserer Zeit, zur Apo-
logie und Erlauterung des hegelschen Systems (Lei-
pzig, 1837).
Cfr. Zeitschr. f. Phil. u. spek. Theol, 1, 1837, pp. 66-114,
161-201.
234 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
20. C. W. E. Mayer, Brief an eine Dame iiber die
hegelsche Philosophie (Berlin, 1837).
21. K. Taubner, Kritische Untersuchungen iiber die
hegelsclie Philosophie (Budapest, 1838).
22. — Die Idee der Seele nach H. (Budapest, 1839).
23. Job. A. Wendel, Beurtheilung der hegelschen
Philosophie nach ihren neueren Erklàrungen (Leipzig,
1839).
24. Àlexis Schmidt, Bdeuchtung der neuen schei-
lingischen Lehre... nebst... einer Apologie der Meta-
physik, insbesondere der hegelschen, gegen Schelling
u. Trendélenburg (Berlin, 1839).
25. J. G. H. Fichte, Die Voraussetzungen des hegel-
schen Systems (nella Zeitschrift f. PhiL u. spek.
Theologie, VI, 1839, pp. 291-306).
26. K. Rosenkranz, Kritische Erlauterungen des
hegelschen Systems (Konigsberg, 1840).
Il R. unì alcune Erldnterungen anche all'edizione del
1870 dell' Encyklopàdie: v. sopra, Parte I, n, nn. 6-7.
27. C. Hinkel, Die speculative Analysis des Begrijfs
« Oeist » mit Darlegung des Differentialpunkts zwi-
schen den hegelschen und neu-schellingschen Stand-
punkte (Rinteln, 1840).
28. H. Ulrici, Uéber Princip v/nd Methode der hegel-
schen Philosophie (Halle, 1841).
29. C. Steinhart, H. u. sein Werk (Naumburg,
1841).
30. C. L. Michelet, Entwickelungsgeschichte der
neuesten deutschen Philosophie, mit besonderer Ruck-
P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 235
sicht auf den gegenw&rtigen Kampf Schellings mit
der hegelschen Schule, dargestellt in Vorlesungen in
d. Friedrichs-Wilhelms Universitat (Berlin, 1842).
31. F. v. Sommer, H.* Philosophie widerlegt (Ber-
lin, 1842).
32. K. J. Thrandorff, Schelling und H. oder das
System H.* als letztes Resultai des Grundirrthums
in alien bisherigen Philosophiren (Berlin, 1842).
33. J. Salat, Schelling u. H., oder Eilckblicke
auf die hJóhere Geistesbildung im deutschen Silden u.
Norden (Heidelberg, 1842).
34. Leop. George, Princip u. Methode der Philoso-
phie mit besonderer Eilcksicht auf H. dargestellt (Ber-
lin, 1842).
35. Anon., Differem der schellingischen u. hegel-
schen Philosophie (Leipzig, 1342).
36. G. A. Gabler, Die hegelsche Philosophie, Bei-
tr&ge zu ihrer richtigen Beurtheilung und Wtirdi-
gung. Erstes Heft: Das Absolute und die Lbsung der
Grundfragen alter Philosophie bei H. im Unterschiede
von der Fassung andtrer Philosophen (Berlin, 1843).
Cfr. Zeitschr, f. PhiL u. spék. Theol., X, 1843, pp. 291-
318; XI, 1843, pp. 43-128.
37. K. Vogel, Schelling oder H. ? (Leipzig, 1843).
38. Conrad v. Orelli, Spinoza'* Leben und Lehre,
nebst einem Abriss der.., hegelschen Philosophie (Aa-
rau, 1843, 2* ed., 1850).
39. Fr. Ant. Staudenmaier, Darstéllung und Kritik
des hegelschen Systems, aus dem Standpunkte der
chrìstlichcn Pliilosophie (^lainz, 1844).
tMJkfctiu
236 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
40. K. P. Fischer, Spekulative Charakteristik ùnd
Kritik des hegelschen Systems (Erlangen, 1845).
Cfr. Zeitschr. f. PhOos. u. spek. TheoL XVI, 1846, pp.
103-134, XVII, 1847, pp. 289-300.
41. Reinh. Schmitt, Der philosophische Absoluti-
smus des hegelschen Systems (Berlin, 1845).
42. H. Brockhaus, Spekulative Er&rterung der in
//.• Einleitung zu seiner Encyklopadie der phil. Wis-
sensch. entlwltenen Principien (Ktaigsberg, 1846).
43. Anon., Orundlehren der neu-schéllingisehen und
hegelschen Philosophie (Reutlingen, 1847).
44. J. K. MtLglich, Die Hegel-Weisheit und ihre
Frilchte (Regensburg, 1849).
45. K. Rosenkranz, Meine Eeform der hegelschen
Philosophie, Sendschreiben an J. U. Wirth (Kdnigs-
berg, 1852).
46. Theod. Born, Quaestiones ex Hegelii philosophia
oriundas scripsit.. (Halae, 1852).
47. Theod. W. Danzel, Der verderbliche Einfiuss
der hegelschen Philosophie (Leipzig, 1852).
48. F. Dorguth, Dos Licht der wahrhafter kosmi-
schen dem Irrlichte der hegelschen Dialektik gegenilber
(Magdeburg, 1854).
49. R. Haym, H. und seine Zeit, Vorlesungen iiber
Entstehung und Entwickelung, Wesen und Werth
der hegelschen Philosophie (Berlin, R. Gaertner, 1857).
An.: H. und sein neuester Beurtheiler, nel Deuisches
Museum, 1858, n. 23, pp. 30-33.
50. K. Rosenkranz, Apologie H.* gegen D. r 2?. Haym
)Berlin, 1858).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 237
51. J. Hulsmann, Was wirklich ist, dà* ist ver-
nilnftig, ecc., Vortrag gehalten in wissenschaftl. Ve-
rein zu^Duisburg am 29 Juli 1858 (nei Philosophische
Monatshefte, VI, 1870-1, pp. 306-318).
52. H. Czolbe /Die^Grenzen utid der Urspruug d.
menschZ. Erkenntniss im Gegensatzejiu Kant u. H.
(Jena u. Leipzig, 1865).
53. K. Eosenkranz, H. als deutscJier Nationalphi-
losoph (Leipzig, Duneker u. Humblot, 1870).
Se ne ha una recens. di E. M&tzner, nei Philos. Mo-
natshefte, 1870-1, voi. VI, pp. 171-6. — Fu tradotto in in-
glese da G. S. Hall (St. Louis, 1874).
54. C. L. Michelet, H. } der unwiderlegte Weltphi-
losoph, eine Jubelsehrift (Leipzig, 1870).
55. K.rKostlin, H. inphilosophischer,politischerund
nationaler Beziehung, .far das dentsche Volk darge-
stellt (Tubingen, Laupp, 1870).
Recens. di J. B. (Julius Bergmann), nei Philosophische
Monatshefte, VI, 176-183.
56. Friedr. Harms, Zur Erinnerung an O. W.F. H.,
Vortrag gehalten in der Konigl. Friedrich- Wilhelms
Universit&t zu Berlin am 3 Juni 1871 (nei Philos.
Monatshefte, 1871-2, pp. 145-161).
57. G. Rumelin, Ueber H., 6 nov. 1870 (in Eeden
und Aufsòltze, Freiburg i. B. u. Tubingen, Mohr,
1875, serie I, pp. 32-62).
58. E. Feuerlein, Ueber die culturgeschichtliche Be-
deutung H.* (nella Historische Zeitschrift, 1870, vo-
lume XXIV, pp. 314-368).
59. Ed. v. Hartmann, Ueber die nothwendige Um-
238 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
btldung der hegelschen Philosophie aus ihrem Grrund-
princip heraus (nei Philos. Monatshefte, 1870, voi. V,
pp. 387-416).
Dello stesso : Schellings positive Philosophie als Einheit
von H. und Schopenhauer, 1869; H**Panlogismus, 1870
(ristamp. in Gesammelte Studien und Aufsàtze, 1876). Cfr.
Geschichte der Metaphysik (Leipzig, 1899-1900,{II, 207-255).
60. F. Chlebik, Die Philosophie des Bewussten u.
die Wahrheit d. Unbeivussten naeh H. u. C. L. Mi-
chelet (Berlin, 1870).
61. C. L. Michelet, H. und der Empirismus, zur
Beurtheilung einer Rede Eduard Zellers (Berlin, 1873).
62. K. Rosenkranz, Zur Greschichte der neuern deut-
schen Philosophie, besonders H. (in Neue Studien, Sch-
wedt, 1878).
63. Erdmann, H. (nella Allgemeine deutsche Biogra-
phie, voi. XI, 1880, pp. 254-274).
64. [R. Zimmermann?] H. (in Meyer's Conversations-
Lexicon, voi. Vili, 1887).
65. H. v. Treitsehke, Deutsche Geschichte im neun-
zehnten Jahrhundert, voi. Ili (Leipzig, Hirzel, 1885,
5 a ediz., 1903, spec. pp. 714-722: cfr. anche voi. IV,
intorno alla scuola hegeliana).
66. G. Plechanow, Zu H. % sechstigen Todestag (nella
Neue Zeit, X, di Stuttgart, 1901-2, voi. I, pp. 198-
203, 236-243, 273-282).
67. Samuel Eck, G. W. F. H. und der Entwicke-
lungsgedanke, Vortrag (Tiibingen u. Leipzig, 1901).
68. Kuno Fischer, Hegels Leben und Werke: vedi
sopra Parte II, i, A, n. 2,
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 239
c.
Sulla logica.
1. Ad. Trendelenburg, Logische Untersuchungen
(Berlin, 1840; 2 a ed., 1862; 3» ed., 1870).
2. K. Werder, Logik als Commentar und Ergàn-
zung zu H.* Wissenschaft der Logik (Berlin, 1841).
3. Ad. Trendelenburg, Die logische Froge im H*
System (Leipzig, 1843).
Sono due scritti pubblicati prima nella Neue jenàische
aUgemeine Litteraturzeitung, aprile 1842, n. 97 sgg., e feb-
braio 1843, n. 45 sgg. — In difesa di Trendelenburg
scrisse poi il Kym, nella Zeitschrift far Philosophie, LIV,
fase. II; e Philosoph. MonatsTiefte, IV, 6.
4. [L...], Construction und Kritik der hegelschen
Logik (Wiesbaden, 1844).
5. Cari L. W. Heyder, Kritische Darstellung der
aristotelischen u. hegelschen Dialektik (Erlangen,
1845).
6. H. Ulrici, Die falsche u. die wahre Dialektik'
(nella Zeitschrift f. Philosophie u. phil. Kritik, 1848,
p. 238 sgg.).
7. K. Fischer, Logik und Metaphysik, Lehrbuch
fur akademische Vorlesungen (Stuttgart, Scheiblin,
1852).
È assai accresciuta, ed ha notevoli mutamenti, nella se-
conda edizione : System der Logik und Metaphysik oder
WissenscJiaftslehre, zweite vòllig umgearbeitete Auflage
(Heidelberg, Bassermann, 1865).
8. E. v. Meysenburg, Zur Vollendung der Eikennt-
240 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
nisslehre mit besonderer Rucksicht auf H. (Berlin,
1855).
9. Aloys Schmid, Ihitwickelungsgeschichte der hegel-
schen Logik, Ein Hilfsbuch zu einem geschichtlichen
Studium derselben mit Berucksichtigung der neue-
sten Schriften von R. Haym und K. Rosenkranz
(Regensburg, Mainz, 1858).
10. Ferd. Lassalle, Die hegelsche und die rosenkran-
zische Logik und die Grundzilge der hegélschen Ge-
schichtsphilosophie im hegélschen Systeme (nella ri-
vista Der Gedanke, II, 1861, 123-150).
11. Ed. Zeller, Ueber Bedeutung und Aufgàbe der
Erkenntnisstheorie (Heidelberg, 1862).
È il celebre discorso in cui si propugna, contro la dia-
lettica di H., un ritorno a Kant.
12. Friedr. Reiff, Ueber die hegelsche Dialektik (Tti-
bingen, 1866; 2.* ed., 1867).
13. Ed. v. Hartmann, Ueber die dialektische Me-
thode, historisch-kritische Untersuchungen (Berlin,
1868).
14. G. Biedermann, Kants Kritik der reinen Ver-
nunft und die hegelsche Logik in ihrer Bedeutung
filr die Begriffswissenschaft (Prag, 1869).
15. F. Chlebik, Dialektische Briefe (Berlin, 1869).
16. C. Stommel, Die Differenz Kants und H.* in
Beziehung auf die Erkldrung der Anthwmien, Inau-
gural-Dissertation (Halle, 1876).
17. C. Hermann, H. und die logische Froge der
Philosophie in der Gcgenwart (Leipzig, Sehàfer, 1878).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 241
18. Friedr. Engels, Herrn Eugen Dilhring's Urn-
zvàlzung der Wissenschaft (l a ed., 1878; 3 a rived. e
aum., Stuttgart, Dietz, 1894).
19. A. Bullinger, H.* Lehre vom Widerspruch Miss-
verstòindnisse gsgenilber vertheidigt, Programm (Dil-
lingen, Kolb; e Mtinchen, Ackermann, 1884).
20. Eug. Heinr. Schmitt, Dos Geheimnlss der he-
gelschen Dialéktik, beleuchtet vom concret-sinnlichen
Standpunkte (Halle a. S., Pfeffer, 1888).
21. C. L. Michelet u. G. H. Haring, Històrische-
kritische Darstellung der dialektischen Methode H.*
(Leipzig, 1888).
22. Eug. Heinr. Schmitt, Michelet und das Gè-
heimniss der hegelschen Dialéktik (Frankfurt, 1889).
Cfr. Archiv far Gesch. d. Philos., Ili, 147-154.
23. Max Eackwitz, H. s Ansicht Uber die Aprio-
ritdt von Zeit u. Raum u. die kantìsche Kategorien,
Eine philosophische Kritik nach H. 8 Phanomenologie
des Geistes (Halle, 1891).
24. G. Kent, Die Lehre H.* vom Wesen der Er-
fahrung u. ihrer Bedeutung filrs Erkennen (Chri-
stiania, 1891).
25. A. Bullinger, Hegélsche Logik und gegenwttrtig
herrschender Unver stand, mit einem Vorwort uber
den gegenw&rtigen Zustand der Philosophie und die
modernste (Strassburger) Evangelien-Kritik (Mtin-
chen, Ackermann, 1900).
26. W. Purpus, Die Dialektih der sinnlichen Ge-
ni issheit bei II. dargestellt in ihrem Zusammenhang
16
242 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
mit der Logik u. der antiken Dialektik (Niiraberg,
Schrag, 1905).
27. M. Rubinstein, Die logischen GrunoZlagen des fc
hegeUchen Systems und das Ende der Geschichte (nei
Kantstudien, XI, I, 1906).
D.
Sull'estetica.
1. Theod. W. Danzel, Ueber die Aesthetik der 7ve-
gelschen Philosophie (Hamburg, 1844).
Lo stesso autore scrisse intorno all'estetica di H. nel
saggio : Ueber den gegenwdrtigen Zustand der Philosophie
der Kanst und ihre nàchste Aufgabe (nella Zeitschr. far
Philos. del Fichte, 1844-5, poi ristampato in Gesammelte
Aufstìtze, ed. Jahn, Leipzig, 1855, pp. 1-84).
2. Rob. Zimmermann, Geschichte der Aesthetik als
philosophischer Wissenscìmft (Wien, Braumiiller,
1858); si veda L. IV, e. II.
3. H. Lotze, Geschichte der Aesthetik in Deutschla?id
(Miinchen, 1868); si veda spee. L. I, e. VII.
4. M. Schasler, Kritische Geschichte der Aesthetik
(Berlino, 1872): si vedano pp. 774-799. .
5. Ed. v. Hartmann, Die deutsche Aesthetik seit
Kant (Berlin, 1886); si vedano spec. pp. 107-129.
6. J. Cohn, H.* Aesthetik (nella Zeitschrift filr Phi-
losophie, Leipzig, 1902, fase. H, pp. 160-186).
P. n. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 243
E.
Sull'etica e filosofia del diritto.
Per la bibliografia della filosofia hegeliana del diritto
si veda l'appendice del Mollat al System der Sittlichkeit,
(cfr. sopra P. I, ni, n. 4), pp. 69-71, dove sono anche
notate le opere generali (Ahrens, Bluntschli, Stahl,
Thilo, ecc.), in cui si discorre della filosofia giuridica diH.
1. HugOj H* Grundlinwn der PhUosophie des Eechts
(nei Gòttingische gelehrte Anzeige, 1821, pp. 601-607).
2. Herbart, recensione della Philosophie des Eechts
di H., nella Leipziger Literaturzeitung, 1822, nn. 45-7
(ristampata in Werke, ed. Hartenstein, XII, 419-435).
3. Anon., recensione della detta opera (nella Allge-
meine Literaturzeitung di Schutz ed Ersch, I, 1822,
pp. 305-317).
4. [BuhlJ, JET. 8 Lehre vom Staate und seine Philo-
sophie der Geschichte (1837).
5. Schubarth, Ueber die Unvereinbarkeit der Tiegel-
schen Staatslehre mit dem oberBten Lebens-und Ent-
wicklungsprincip des preussischen Staates (Breslau,
1839).
6. Scheidler, Hegelsche Philosophie und Schule,
insbesoiidere ZT. 8 Naturrecht und Staatslehre (nello
Staatslexicon, hg. v. Rotteck u. Welcker, l a ediz.,
voi. VII, 1839, pp. • 607-646).
7. C. M. Kahle, Darstellung und Kritik der he-
gelschen Rechtsphilosophie (Berlin, 1845).
8. A. Ruge, Ueber das Verhàltniss von Philosophie,
244 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
Politile und Religion (in Sttmmtliche Werke, 2 a ed.,
1847, IV, 254-297).
9. Karl Marx, Zur Kritik der hegelschen Rechts-
philosophie (nei Deutsch-franzòsische Jahrbilcher, di
Ruge e Marx, Parigi, 1844, pp. 71-85).
Trad. ital. negli Scritti di C. Marx, F. Engels, F. Las-
salle, pubbl. a cura del Ciccotti, dall'ed. Mongini di
Roma, 1899.
10. K. Prantl, H. und die Hegelianer (nel Deut-
sches Staats-Wórterbuch, hg. v. Bluntschli u. Brater,
V, 1860, pp. 45-86).
11. K. Rosenkranz, H. Uber Re forra der Universi-
tdten (Der Gedankc, 1861, p. 244 sgg.).
12. [An.], H., articolo nello Staais-und Gesell-
schafts-Lexicon, hg. v. Wagener, 1862, voi. IX, pp.
222^8.
13. K. Rosenkranz, H. und hegelsche Philosophie in
Bezug auf Rechi u. Staat (nello Staatslexicon, hg. v.
Rotteck u. Welcker, 3. a ediz., voi. VII, 1862, pp.
654-667).
14. Franz Chlebik, Die Philosophie des Bewusst-
seins u. die Wahrheit des Unbewussten in der dialekt.
Grundlinien der Freiheit und Rechtsbegriffs nach H.
und Michelet (Berlin, 1870).
15. G. Sodens, Die Staatslehre Kants und H.* } Dis-
sertation (Erlangen, 1893).
16. W. Fickler, Unter wélchen philos. Vorausset-
zungen hot sich bei H. die Wertschàtzuìig des Stcudes
entwickelt und tuie ist diese zu beurtheilen (nella Zeit-
schr. f. Philosophie, voli. 122 e 123, 1903).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 245
F.
Sulla filosofìa della religione.
1. Eschenmayer, Die hegélsche Religionsphilosophie
verglichen mit dem christlichen Princip (Tubili gen,
1834).
2. L. Feuerbach, Philosophie und Christenheit in
Beziehung a. d. d. hegélschen Philosophie gemacht Vor-
iviirf der Unchristlichkeit (Mannheim,1839).
3. Keinh. Schmitt, Christliche Religion u. hegélsche
Philosophie (Berlin, 1839).
4. K. F. E. Thrandorff, Wie kann der Supranatura-
lismus sein Recht gegen H. behaupten? (Berlin, 1840).
5. Mor. Carriere, Die Religion in ihrem Begriff,
ihrer weltgeschichtlichen Entwickelung und Vollen-
dung, ein Beitrag zum Verstandniss d. hegélschen
Philosophie (Weilburg, 1841).
6. [Bruno Bauer], Die Posaune des jilngsten Ge-
richts tvider H., den Atheisten and Antichristen
(Leipzig, 1841).
7. — JET. 8 Lehre von Religion und Kunst (Leipzig,
1842).
8. J. J. Rohowsky, Unvereinbarkeil der liegelschen
Wissenschaft mit dem Cristenthum (Breslau, 1842).
9. Ph. Marheineke, Einleitung iiber die Bedeu-
tung d. hegélschen Philosophie L d. christl. Theologie
(Berlin, 1842).
10. J. Thiirmer, Versuch d. Anhdnger JET. 8 u. Schei-
246 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
lings durch eine vernunftgemdss. Offenbarungslehre
zu versOhnen (Berlino, 1843) -
11. De Valenti, Hegel-Strauss und der Christen-
glaube (Basel, 1843).
12. Ed. Zeller, Uéber H. % theologische Entivickelung
(nei Theolog. Jdhrb., 1845, voi. IV, f. I).
13. Ludw. Noack, Der Religionsbegriff H. a (Darm-
stadt, 1845).
14. P. Romang, Meine Oppositiva gegen die Jung-
hegelschen Tendenzen und mein Verh<niss z. d. bisher
gélienden christlichen Lehre (Bern, 1847).
15. A. E. Biedermann, TJnsere junghegélsche WeU
tanschauung oder der sogenannte neueste Pantheismtis
(Zfirich, 1849).
16. M. Ehrenhauss, H. % Grottesbegriff in seinen
Grundlinien u. nàchsten Folgen, aus den Quellen
dargelegt (Wittenberg, 1880).
17. 0. Hering, Vergleichende Darstellung und Beur-
theilung der Religionsphilosophie JET. 8 und Schleier-
machers (Jena, 1882).
18. Joh. Werner, H.* Offenbarungsbegriff: ein re-
ligionsphilosophischer Versuch (Leipzig, 1887).
Cfr. Arch. f. Gesch. der PhiL, III, 1889, pp. 154-156.
19. E. Vowinkel, Dos Verhàlùniss des einheitlichen
Wesens der Religion zur historischen MannigfaltigkeU
der Religionen bei Schleiermacher und H., Disserta-
tion (Erlangen, 1896).*
20. Hans Richert, H. % Réligionsphilosophie, in ihren
Grundzilge dargestéllt und beurtheilt, Programm
(Bromberg, 1900).
P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 247
21. E. Ott, Die Beligionsphilosophie H.* in ihrer
Genesis dargesL u. in ihrer Bedeutung f. d. Gegenwart
gevriLrdigt (Berlin, 1904).
22. C. Thilo, Die Beligionsphilosophie des àbsoluten
Idealismus: Fichte, Schelling, H. u. Schopenliauer
(Langensalza, Beyer, 1905).
G.
Sulla psicologia.
1. H. Exner, Die Psychólogie der hegélschen Schule
(Leipzig, 1843-44).
2. Weisse, Die hegelsche Psychólogie u. die Exner-
sche Kritik (nella Zeitschrift filr Philosophie u. spe-
kulative Theologie, 1844, XIII, p. 258 sgg.).
H.
Sulla filosofìa della storia.
1. Ant. H. Springer, Die hegelsche Geschichtsan-
schauung (Tiibingen, 1848).
2. Jul. Bahnsen, Zur Philosophie der Geschichte,
Eine kritische Besprechung der hegel-hartmannschen
Evolutionismus ans Sehopenhauersehen Principien
(Berlin, C. Duncker, 1872).
3. K. Dieterich, Buckle u. H. (nei Preussische Jahr-
bilcher, 1873, voi. 32).
4. P. Barth, Die Geschichtsphilosophie H. 9 und
der Hegelianer bis auf Marx und Hartmann, Ein
kritischer Versuch (Leipzig, Reisland, 1890).
248 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
5. F. Tonnies, Neuere Philosophie der Geschichte:
H., Marx, Comte (in Archiv filr Geschichte der Phi-
losophie, hg. v. L. Stein, voi. VII, 1894, pp. 486-515).
6. P. Barth, Zu H. % und Marx 7 Geschichtsphi-
losophie (in Arch. cit., Vili, 1895, pp. 241-255,
315-335).
Si veda anche la letteratura sulla storia della filosofia
della storia, citata in E. Bernhcira, Lehrbuch d. hi&to-
rischen Methode u. d. Geschichtsphilosophie (3*-4 a edi-
zione, Leipzig, Duncker u. Humblot, 1903).
I.
Sulla filosofìa della natura.
1. Wilde, Geschichte der Optik (Berlino, 1843).
Contiene II, 153-218, una difesa, delle teorie di Newton
contro H.
2. M. J. Sehleiden, Schéllings und H.* Verhàltniss
zur Naturwissenschaft (Leipzig, 1844).
3. Herm. Schwarz, Versuch einer Philosophie der
Mathematik, verbunden mit einer Kritik der Ausstel-
lungen H.* iìher den Zweck und die Natur der hòhe-
ren Analysis (Halle, 1853).
4. K. Rosenkranz, H.* Naturphilosophie und ihre
Bearbeitung durch den italien. Philosophen A. Vera
(Berlin, 1868).
5. F. Chlebik, Kraft u. Stoff oder d. Dynamis-
mus d. Atome aus hegeVschen Prdmissen abgeleitet
(Berlin, 1873).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 249
6. A. Bullinger, H.* Naturphilosophie in vollen
Recht gzgenilber ihren Kritikastrem (Mtinehen, Acker-
Diann, 1903).
K.
Sulla storia della filosofìa.
1. A. L. Kyra, H.* Dialektik in ihrer Anwendung
auf die Geschichte der Philosophie (Ziirich, 1849).
2. C. Monrad, De vi logicce rationis in describenda
philosophice historia (Christiania, 1860).
Risponde alle obiezioni di Ed. Zeller, nella prefazione
alla sua Philos. d. Grriecheìi, contro il metodo di H. (e
già nei Jahrb. d. Gegenwart, 1843, p. 209 segg.).
3. E. Bratuscheck, Wie H. Plato auffasst (in Phi-
los. Monatshefte, voi. VII, 1871-2, pp. 433-463).
4. Gust. Ad. Wyneken, H.* Kritik Kants, zur Ein-
leitung in die hegelsche Philosophie (Greifswald,
1898).
5. W. Windelband, sulla storiografia della filosofia
nel secolo XIX (in Die Philosophie im Beginn des
zwanzigsten Jahrhunderts, Festschrift fiir K. Fi-
scher, Heidelberg, 1904-1905, II, 175-200).
L.
Varia.
1. W. von Schutz, H. und Gilnther (Leipzig, 1842).
2. K. Rosenkranz, Ueber' Schelling u. H., Send-
schreiben an Pierre Leroux (Kònigsberg, 1843).
250 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
3. J. H. Fichte, H.* Magister-Dissertation u. sein
VerlUtltnUs zu Schelling (nella Zeitschrift filr PhiL u.
spek. Theol., XII, 1844, pp. 142 186).
4. F. Rehm, Goethe und 27., eine historische^Pa
rallele (Oels, 1849).
5. K. P. Fischer, Zur hundertjàhrigen Géburts-
feier Franz voti Baader s. Versuch einer Charakte-
ristik sciner Theosophie und ihres Verhdltnisses zu
den Systemen SdielUngs u. H.* (Erlangen, 1865).
6. Fr. Hoffmann, H. u. Baader (lettera del 12 ot-
tobre 1865 a Bertrando Spaventa, pubblicata nella ri-
vista la Critica, di Napoli, IV, 1906, pp. 224-230).
7. — H. Rosenkranz u. Baader (nei Philosoph. Mo-
natshefte, III, 1869, pp. 1-25, 93-110, 185-208).
L' Hoffmann tocca spesso del rapporto tra H. e B. nelle
sue introduzioni ai Gesammelte Werke del B. (Leipzig,
1851-1860); e negli altri suoi scritti.
8. — Die hegélsche Philosophie in St. Louis in den
Vereinigten Staaten Nordamerikas (nei Philos. Mo-
natsh., VII, 1871-2, pp. 58-63).
9. F. Engels, Ludvrìg Feuerbach und der Ausgang
der klassischen deutschen Philosophie (nella Neue Zeit,
1886, fase. 4-5; poi in opusc, Stuttgart, Diete, 1886;
2 a ed., ivi, 1895).
Della letteratura tedesca circa il materialismo storico,
in cui si tocca spesso dei rapporti tra il pensiero di H. e
quello del Marx, noteremo anche : Th. G. Masaryk, Die
philosophiscTien und sodologischen Grundlagen des Mar-
xismus (Wien, 1899); Ludw. Woltmann, D. histor. Mate-
rialismus, Darstellung u. Kritik der marxistischen Welt-
anschauung (Dusseldorf, 1899); Dav. Koigen, Zur Vorge-
P. n. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 251
schichte des modernen phUosophiscken Socialismus in Deut-
schland, Zur Geschichte der Philosophie und Socialphi-
losophie des Junghegelianismus (Beni, 1901); P. Nerrlich,
Uéber das VerMltniss L. Feuerbach^ zu H. (nei Preuss.
JahrbUcher, voi. 80°, 1895).
10. Th. Flathe, H. in seinen Briefen (nella Histo-
rische Zeitschrift, N. S., voi. XXIV, 1888).
11. Max Runze, H. u. Franz v. Baader (nei Vor-
tràge der phUos. Gesellschaft zu Berlin, 1892).
12. Ch. Bonnier, H. u. Marx (nella Neue Zeit, IX,
voi. II, 1891, pp. 653-661).
13. Rud. Eucken, Hegel to-day, transl. by Thomas
J. Me Connack (nel Monist, VII, 1897, pp. 321-339).
II.
LETTERATURA ITALIANA.
Per la letteratura non tedesca intorno ad H., abbiamo
creduto opportuno di tener conto anche delle più note-
voli trattazioni in libri generali. Delle introduzioni e pre-
fazioni dei traduttori non si ripete l' indicazione, bastando
rinviare alla Parte I, v, sez. A, B, C.
Le opere francesi e inglesi dell 1 italiano Vera, sono
state indicate nelle sez. III e IV.
1. Ottavio Colecchi (1773-1847), Frammenti di Que-
stioni filosofiche sulla logica e sulVestetica di H. (nel
Giambattista Vico, di Napoli, 1857, I, 335-392, II,
123-136, III, 68-96).
2. G. B. Passerini, Sullo stato attuale della filosofia
in Germania (Capolago, 1844).
Da una citazione, che ne fa il Gioberti (Prolegomeni,
Brusselle, 1845, pp. 323-4), risulta che vi si critica la
dialettica hegeliana.
252 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
3. Antonio Rosmini-Serbati, Saggio storico-critico
sulle categorie e la dialettica, 1846-7.
Fu pubblicato come « opera postuma » (Torino, stamp.
Unione tipogr. editr., 1883). Si vedano L. I, C. Vili: Della
partizione deWente secondo H.; e il L. II, che contiene la
critica della dialettica di H.
4. Vincenzo de Grazia, Su la logica di H. e su la
filosofia speculativa, discorsi (Napoli, tip. de' Ge-
melli, 1850);
5. B. Spaventa, Studi sopra la filoso/in di H. (estr.
dalla Rivista italiana, n. 5, fase, di nov., pp. 1-30,
e dee, pp. 31-78, 1850, Torino, tip. G. Paravia).
6. B. e S. Spaventa, Lettere varie intorno alla .fi-
losofia hegeliana (nel voi. di B. Croce, S. Spaventa,
dal 1848 al 1861, scritti, lettere, documenti, Napoli,
Morano, 1898).
7. B. Spaventa, Recens. dello scritto di H. Stein-
thal: La scienza della lingua di G. di Humboldt e la
filosofia hegeliana (nel Cimento, di Torino, luglio 1855,
VI, 60-5).
8. — H. confutato da Rosmini, saggio primo (nel
Cimento, maggio 1855, V, 881-906), a proposito delle
critiche mosse all'hegelismo da A. Rosmini, nella
sua Logica (Torino, Pomba, 1854).
È ristampato in B. Spaventa, Da Socrate ad H., nuovi
saggi, a cura di G. Gentile (Bari, Laterza, 1905). Nel Ci-
mento, VI, 730-41, segui sul proposito una polemica col
Tommaseo : Sopra alcuni giudizii di N. T.
9. Floriano del Zio, Prolusione al corso di lezioni
sulla Enciclopedia delle scienze filosofiche di H. (Na-
poli, S. Marchese, 1861).
i
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 253
10. B. Spaventa, Prolusione e introduzione alle le-
zioni di filosofia nella Università di Napoli, 23 novem-
bre-23 dicembre 1861 (Napoli, F. Vitale, 1862).
Su H. si vedano specialmente pp. 167-205.
11. A. Labriola, Contro il ritorno a Kant propu-
gnato da E. ZelUr (Difesa della dialettica di H.),
1862 (in Scritti varii di filosofia e politica, a cura di
B. Croce, Bari, 1906, pp. 1-33).
12. L. Longoni, Il sistema filosofico di G. G. F. H.
(Milano, 1863).
13. G. Allievo, Sulla critica dell'hegelismo, lettera
a L. Ferri (nella Rivista ital. di se. lett. ed arti, di
Torino, 23 giugno 1862; é in Rivista contemporanea,
1864)
14. B. Spaventa, Le prime categorie della logica di
H. (in Atti della R. Acc. di se. mor. e poi., voi. I,
1864, pp. 123-185: ristampata in Scritti filosofici,
ed. Gentile, Napoli, 1900, pp. 165-252).
15. G. Caroli, H. in Italia (appendice al libro del-
l' ab. Maigno, Matematica e panteismo, trad., Bolo-
gna, 1864).
16. G. Allievo, Saggi filosofici (Milano, 1866).
Cont. : pp. 119-143, La logica ordinaria e la logica he-
geliana; pp. 294-306, Sulla critica dell' Hegelianismo.
17. B. Spaventa, Principii di filosofia, voi. I La
conoscenza - La logica (Napoli, Ghio, 1867).
Interrotta a p. 248. Comprende l'esposizione della Fe-
nomenologia fino alla dottrina dell'autocoscienza, e quella
della Logica } fino al principio della dottrina dell'essenza.
Notiamo questo volume dello Spaventa, come la migliore
254 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
rielaborazione italiana della logica di H.; avvertendo per
altro, che, come per la letteratura tedesca, cosi per l'ita-
liana e per le altre, non abbiano indicato i molti lavori
teorici ispirati ai principii hegeliani. Tali quelli degli
scolari dello Spaventa (De Meis, Maturi, Jaia, Ragnisco,
D'Ercole, ecc.); degli scolari del Vera (R. Mariano); di
hegeliani d'altra provenienza (M. Florenzi Waddington);
di hegeleggianti (P. Ceretti); ecc.
18. A. Galasso, Del sistema hegeliano e sue 'pra-
tiche conseguenze (Napoli, Fibreno, 1867).
Estr. dal Campo dei filosofi italiani. È un lavoro scritto
per concorso al premio Ravizza del 1865 sul tema: « Quali
conseguenze pratiche derivano dall' idealismo assoluto di
Giorgio Hegel nella Morale, nel Dritto, nella Politica e
nella Religione ».
19. G. Prisco, Lo hegellianismo considerato nel sito
svolgimento storico e nel suo rapporto con la scienza
(Napoli, Manfredi, 1868).
Fu prima inserito nel periodico : La scienza e la fède.
— L'a. è ora cardinale arcivescovo di Napoli.
20. G. Allievo, L' hegellianismo, la scienza e la
vita, monografia che riportò il premio al concorso
Ravizza, ricomposta e notevolmente ampliata (Mi-
lano, Agrelli, 1868).
21. P. Siciliani, Gli hegeliani in Italia (in Rivista
bolognese, II, fase. VI, 1868).
22. B. Spaventa, Studi sulVetica di H. (in Atti
della R. Accad. di se. mor. e polit. di Napoli, IV,
1869; ristampata col titolo di: Principii di etica, a
cura di G. Gentile, Napoli, Pierro, 1904).
23. F. Masci, Le categorie del finito e dell'i?ifi?iito
di H. (nella Rivista bolognese, 1869).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 255
24. — La dialettica del limite nella logica di H.
(nella Biv. bolognese, 1869).
25. F. Acri, Su la natura della storia della filo-
sofia (Bologna, 1872).
26. F. Fiorentino, Sul concetto della storia della
filosofia di H., lettera al prof. F. Acri (nel Giornale
napoletano di fllos. e lettere, marzo 1872; ristamp. in
Scritti varii di letteratura, filosofia e critica, Napoli,
1876, pp. 331-347).
27. P. Ragnisco, Storia critica delle categorie dai
primordii della filosofia fino ad H. (Napoli, 1870).
Due voli.
28. V. Fornari, Dell'arte del dire (Napoli, Fibreno,
1866-72, 4 a ediz.).
Nel voi. IV, è una critica dell'estetica diH. Risposero
V. Imbriani, V. Fornari estetico (in Giorn. napol. di fi-
losofia e lettere, 1872) ; e F. Fiorentino, La filosofia contem-
poranea in Italia (Napoli, Morano, 1876).
29. L. Miraglia, I principii fondamentali dei di-
versi sistemi di filosofia del diHtto e la dottrina
giuridica di Giorgio G. F. H. (Napoli, Giannini,
1873).
30. B. Spaventa, Idealismo o realismo ? Nota sulla
teoria della conoscenza: Kant, Herbart, H. (in Ren-
diconti della E. Accad. di se. mor. e polit., aprile-
giugno 1874, pp. 87-97; ristamp. in Scritti filosofici,
ed. Gentile, pp. 353-366).
•31. P. Sala, I trionfi del papato sulla filosofia hege-
liana (Palermo,. 1874).
32. P. d'Ercole, La pena di morte e la sua oboli-
256 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
e ione dichiarata teoricamente e storicamente secondo
la dottrina hegeliana (Milano, 1875).
Scrissero allora variamente intorno alla pena di morte
in relazione con la filosofia di H., lo Spaventa, l'Imbriani,
il Vera, ed altri; le cui opinioni possono vedersi ricor-
date nel volume del D'E.
33. L. Miraglia, La filosofia del diritto di H., di
Trendelenhurg e di Ahrens, e la scienza economica
(nel Giorn. econom. di Padova, 2°, 1875-6).
34. F. Fiorentino, Manuale di storia della filosofia
(Napoli, Morano, 1881), voi. Ili, capp. XXII e XXVII.
35. B. Spaventa, Esame di un'obiezione del Teich-
milller alla dialettica di H. (in Atti d. B. Acc. di se.
mor. e poi. di Napoli, voi. XVIII; ristamp. in Scritti
filosofici, pp. 253-276).
Sono da vedere, per altro, intorno alla dottrina hege-
liana, tutti gli scritti dello Spaventa; dei quali cfr. bi-
bliografia in Scritti filosofici, ed. Gentile.
36. P. Ragnisco, Il principio di contradizione: H.
(in Filosofia delle scuole italiane, 1883).
37. G. Levi (Gielle), La dottrina dello stato di H.
e le altre dottrine intorno allo stesso argomento : I-III
(Roma, 1884).
38. A. Vera, Dio secondo Platone, Aristotile ed H*
(negli Atti d. B. Accad. di se. mor. e poi. di Na-
2?oli, 1886, t. XX).
39. L. Ferri, La dottrina della conoscenza nell'he-
gelianismo (in Rivista italiana di filosofia, IV, voi. .1,
1889: a proposito deiropera postuma di B. Spaventa,
Esper. e metafisica).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 257
40. V. de Lucia, UH. in Italia (Vasto, 1891).
41. S. Maturi, L'idea di H. (Napoli, 1891).
Del M. son da ricordare anche : L'ideale del pensiero
umano ossia la esistenza assòluta di Dio (Avellino, 1882);
Uno sguardo generale sulle forme- fondamentali della vita
(Napoli, 1888); La filosofia e la metafisica (ivi, 1894); Prin-
cipii di filosofia (ivi, 1897-8).
42. P. d'Ercole, C. L. Michelet e Vhegelianismo
(nella Riv. ital. di fllos., IX, 1894, voi. I).
43. G. Allievo, Esame deW hegelianismo (Torino,
tip. subalpina, 1897).
44. C. Cantoni, Storia compendiata della filosofia,
4 a ediz. corretta ed aumentata (Milano, Hoepli, 1897:
è il voi. 3° del Corso elementare di filosofia: si ve-
dano su H. pp. 394-401).
45. A. Labriola, Discorrendo di socialismo e filo-
sofia (Roma, Loescher, 1898).
Sulla negazione della negazione ; sugli hegeliani di Na-
poli. — Sui rapporti tra H. e Marx scrissero, in Italia,
il Labriola, Saggi sulla concezione materialistica della sto-
ria (2 a ed., Roma, Loescher, 1903); G. Gentile, La filosofia
di Marx (Pisa, Spoerri, 1898); e B. Croce, Materialismo
storico ed economia marxistica (Palermo, Sandron, 1900;
2* ediz., 1907).
46. G. Gentile, Della vita e degli scritti di B. Spa-
venta (Napoli, 1900).
Questa monografìa serve d' introduzione agli Scritti fi-
losofici cit. dello Spaventa; ed è il più ampio lavoro in-
torno all'hegelismo italiano.
47. B. Varisco, Razionalismo ed empirismo, a pro-
posito del voi. citato di- Scritti filosofici dello Spa-
venta (nella Rivista di fllos. e se. affini, di Bologna,
marzo 1902).
17
258 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
48. G. Gentile, Filosofia ed empirismo (risposta:
ivi, maggio-giugno 1902).
49. B. Varisco, Per la critica (replica: ivi, otto-
bre 1902).
50. G. Gentile, Polemica hegeliana, ultima replica
al prof. B. Varisco (Napoli, Pierro e Veraldi, 1902).
51. B. Croce, Estetica, teoria e storia (Palermo,
Sandron, 1902; 2* ediz., 1904): sull'estetica di H.,
pp. 307-316, 353-4, 373-6.
52. G. Gentile, Dal Genovesi al Galluppi, ricer-
che storiche (Napoli, ediz. della Critica, 1903).
Notizie sull'hegelismo a Napoli prima del 1848.
53. F. Masci, La libertà nel diritto e nella storia
secondo Kant ed H., appunti critici (in Atti d. R. Acc.
di se. mor. e poi. di Napoli, 1903).
54. G. Gentile, Introd. alla ristampa dei Principii
di etica, di B. Spaventa: vedi sopra n. 22.
Sottopone a critica l'opuscolo del M., indicato al n. 53.
55. G. Gentile, recensione del libro di J. B. Baillie,
The origin and significance of H.* Logic: v. più sotto,
sez. Ili (nella Critica, rivista di letteratura, storia
e filosofia, diretta da B. Croce, II, 1904, pp. 29-45).
56. B. Croce, Siamo noi hegeliani? (ivi, II, 1904,
pp. 261-264).
57. B. Spaventa, Da Socrate ad H., nuovi saggi
di critica filosofica, a cura di G. Gentile (Bari, La-
terza, 1905).
58. G. Papi ni (Gian Falco), Il crepuscolo dei filo-
sofi: Kant, H., Schopenhauer, ecc. (Milano, Soc. -
editr. lomb., 1906).
P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 259
Su H., pp. 45-94. Si veda la recens. di B. Croce, nella
Critica, IV, 1906, pp. 140-144.
59. B. Croce, La preistoria di un paragone (nella
Critica, IV, 1906, pp. 87-88).
Sulla derivazione da H. del noto paragone tra la filo-
sofia kantiana e la rivoluzione francese.
60. B. Croce e G. Gentile, Documenti inediti sul-
l'hegelismo napoletano, dal carteggio di B. Spaventa
(nella Critica, IV, 1906, nn. 3° e 5°, in contin.).
III.
Letteratura francese.
* 1. V. Cousin, Fragments pJiilosophiques (Paris,
1826; ed. in quattro voli., ivi, 1843-7).
Del Cousin (oltre la corrispondenza citata, cfr. Parte I,
ni, n. 5), son da vedere, rispetto ad H., i Souvenirs d'Al-
lemagne (nella Revue des deux mondes, t. XI, 1857,
pp. 545-560, t. LXIV, 1866, pp. 594-619: cfr. anche Frag-
ments et souvenirs, Paris, 1860). Contro questi Souvenirs,
scrisse A. Vera, nella Riuista contemporanea, giugno 18(50,
un articolo* (rist. in Mélanges pJiilosophiques, Paris-Na-
ples, 1862, pp. 155-172).
2. J. Willm, Essai sur la philosophie de H. (Strass-
bourg,- 1836).
3. A. Lèbre, H., son école: nouveau système de Schel-
ling (nella Revue des deux mondes, 1 gennaio 1843).
4. Ad. Ott, H. et la philosophie allemande, ou
exposé et examen critique des principaux systèmes de
la philos. allem* depuis Kant, et spec. de celui de J£.
(Paris, 1844).
260 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
5. Dictionnaire des sciences philosophiques (Parigi,
Hachette, 1844-52): artic. su H.
6. Prevost, H.: esposition de sa doctrine (Toulouse,
1845).
7. C. de Remusat, De la philosophie allemande,
avec une introduction sur les doctrines de Kant,
Fichte, Schelling et H. (Paris, 1845).
8. A. Véra, Platonis, Aristoteli* et Hegelii de medio
termine doctrina (Paris, 1845).
9. É. Saisset, Travaux publiés en France sur Kant,
Fichte, Schelling et JET. (nella Revue des deux mondes,
febbraio 1846).
10. Saint-René Taillandier, H., de la crise de la
philosophie hégélienne (nella Revue des deux mondes,
15 luglio 1847).
11. J. Willm, Histoire de la philosophie allemande
(Paris, 1849): quattro voli.
12. Chr. Bartholmèss, Histoire critique sur les doc-
trines religieuses de la philosophie moderne (Paris,
1855), H, 237-423.
13. Gratry, La logique (Paris, 1855), voi. II.
Contiene una confutazione della dialettica hegeliana,
col titolo: Une elude sur la sophistique contemporaine.
Se ne veda la recens. di B. Spaventa (in Rivista contem-
poranea, 1856, Vili, 276-88).
14. A. Véra, Introduction à la philosophie de H.
(Strassbourg, Silbermann, 1855).
Se ne pubblicò nel 1864 una: « deuxième édition re-
vue et augmentée de notes et d'une nouvelle préface »
(Paris, Ladrange, 1864). La pref. è rivolta contro il li-
P: n. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 261
bro del Foucher de Careil (v. n. 25.), e contro le Log,
Unters. del Trendelenburg.
15. É. Saisset, La philosophie moderne depuis Ra-
musjusqu'à H. (nella Revue des deux mondes, marzo
1856).
16. A. Dantier, La philosophie Mgèlienne et Vécole
popùlaire en Allemagne (in Revue contemporaine, vo-
lume 26°, 1856).
17. A. Nefftzer, H. et la philosophie allemande (nella
Revue germanique, 1858, 3°-4°, sett.-nov.).
18. J. F. Nourrisson, Tableau des progrès de la pen-
sée humaine depuis Thalès jusqu'à H. (Paris, 1858,
4 a ed., 1868).
19. A. Laugel, La logique de H., traduite par M. A.
Véra (nella Revue des deux mondes, 15 sett. 1859).
20. É. Saisset, Le pantheisme de H. (nei suoi Es-
sais de philosophie religieuse, Paris, 1859, e 1862).
21. — Leibnitz et JET., d'après de nouveaux do-
cumenta (nella Revue des deux mondes, 15 dicem-
bre 1860).
22. P. Janet, Études sur la dialectique dans Pia-
ton et dans H. (Paris, Ladrange, 1861).
A proposito di questo libro scrisse A. Franck, nel
Journal des débats, 22 dicembre 1860.
23. A. Véra, L'hégelianisme et la philosophie {Pei-
ris, Ladrange, 1861).
Concerne specialmente i rapporti del pensiero di H,
con Platone, Newton e Leibniz ; e risponde al Saisset, al
Janet, al Franck, ecc. — Tutti gli scritti del V. trattano
di H. ; e tra essi sono ancora da notare (oltre le introdu-
202 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
zioni alle traduzioni francesi), le MéLanges philosophiques
già cit., e i Saggi filosofici (Napoli, Morano, 1885).
24. Edm. Scherer, H. et Vhégelianisme (nella Re-
vue des deux mondes, 15 febbraio 1861, pp. 812-856;
ristampato nei Mélanges d'histoire religieuse, Paris,
1864, 2* ed., 1865).
25. A. Foucher de Careil, H. et Schopenhauer (Pa-
ris, 1862).
Trad. ted. di J. Singer (Wien, 1888). Cfr. Vierteljahr-
sehrift filr ivissensch. Philos., XII, 348-353; Archiv fìlr
Gesch. der Philos., Ili, 161-8.
26. E. Caro, L'idée de Dieu et ses nouveaux cri-
tiques (Paris, 1864).
27. E. Vacherot, Métaphysique de la science: voi. Il:
La philosophie du XIX siècle.
28. E. Beaussire, Antécédents de Vhégelianisme dans
la philosophie frangaise (Paris, Germer Baillière,
1865).
Cfr. su questo libro P. Janet, Un précurseur francais de
H., Dom Deschamps (nella Eevue des deux- mondes, 1 lu-
glio 1865); e, contro, Rosenkranz, H. als deutsch. Natio-
nalphilosoph, ecc., pp. 298-9.
29. Alfred Weber, Introduction historique à la phi-
losophie hégélienne (Strasbourg, 1866).
30. C. L. Michelet, U hégélianisme en 1867 (in Théol.
et Philos., 1867, pp. 130-143).
31. J. A. Marrast, La philosophie du àroit de H.
(Paris, 1869).
32. É. Beaussire, Le centenaire de H. en 187Ò (nella
Eevue des deux mondes } X gennaio 1871).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 263
33. P. Bertauld, De la méthode. Méthode spinosiste
et méthode hégelienne (2 a ediz., Paris, 1871).
34. É. Beaussire, La philosophie politique de H.
(nei Comptes-rendus de IJAcad. des sciences morales et
pólitiques, XXV, 1871).
35. G. Valbert (Victor Cherbuliez), La correspon-
dance de JFL (nella Revue des deux mondes, 1 luglio
1887).
Si legge anche in ispagnuolo nella Espana moderna,
ottobre 1890.
36. Lévy-Bruhl, La théorie de Vétat dans H. (in
Séances et travaux de l'Acad. des sciences morales et
pólitiques, N. S., XXXII, 1889).
37. G. Plekhanow, La philosophie de U. (in L'ère
nouvelle, di Parigi, ott.-nov. 1894).
38. G. No61, La logique de H. (Paris, Alcan, 1897:
inserito prima, in forma di articoli, nella Revue de
métaphys. et de morale),
39. Alfred Weber, Histoire de la philosophie euro-
péenne (Paris, Fischbacher, 1905); cfr. su H. pp. 504-
543.
IV.
Letteratura inglese.
1. Ch. Hodge, The school of H. (nella Princeton
Review, gennaio 1840).
Nella stessa rivista: J. W. Alexander, Life of H.,
XX, 561 sgg.
2. J. B. Stali s, General principles of the philoso
264 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
phy of nature... embracing the philosophical systems
of... Hegel (Boston, 1848).
3. T. C. Sandars, H* philosophy of right (negli
Oxford Essays, London, 1855, pp. 213-250).
4. A. Vera, Inquiry info speculative and experi-
mental science with special reference to H.* doctrine
(London, 1856).
Accenni ad H. fecero anche il Coleridge e il Ferrier:
cfr. Ueberweg, 9 IV, 474, 475; e Stirling, The secret of H. t
I, p. XXIV, 13. Si veda anche l'opera del Lewes, Bio-
graphical history of philosophy f ecc. (London, 1845).
5. James Hutchison Stirling, The secret of H.: being
the hegelian system in origin, principle, forra, and mat-
ter (London, Longman, Green, ecc., 1865). Due voli.
Di quest'opera capitale per V hegelismo inglese, si è
fatta una t new-edition carefully revised », in un sol
volume (London-Edinburgh, 1898).
Cfr. Zeitschr. f. Phil. u. philos. Kritik, LIV, 1869,
pp. 182-5; e H. James, nella North American JReview,
voi. CII, pp. 264 sgg.
6. W. T. Harris, Paul Janet and H. (nel Jottrn.
of spemi, phil., I, 1867, pp. 250-256).
7. T. Collins Simon, H. and his conneocion with
British thought (in The Contemporary Beview, Parte I
e II, gennaio e febbraio 1870).
8. J. S. Henderson, H. as a politician (in The
Fortnightly Beview, 1870, 2°).
9. — Mr. G. H. Lewes and H. (in The contem-
porary review, 20°, 1872).
10. J. Hutchison Stirling, Lectures on the philo-
sophy of law (London, 1873).
P. n. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 265
11. W. R. Smith, D. r Stirling, H. and tlte matJie-
maticism (nella Fortnightly Rewiew, 1873, 1°).
12. W. T. Harris, II.* philosophic metJwd (nel Journ.
of spemi. Philos., Vili, 1874, pp. 35-48).
13. G. L. Lewes, Lagrange and H.: the speculative
method (nella Contemporary Review, 1874, voi. 24°).
14. R. Flint, The philosophy of history in France
and Oermany (London, 1874).
Trad. francese di L. Carrau (Paris, Germer-Bailliére,
1878, due voli.).
15. T. M. Lindsay, Recent hegélian contribution io
english philosophy (nel Mina, II, 1877, pp. 476-493).
16. R. B. Haldane, Hegelianism and psychology (nel
Mind, in, 1878, pp. 568-571).
17. A. J. Balfour, Trascendentalism (nel Mind, IH.
1878, pp. 480-505).
18. J. S. Hall, Notes on H. and his critics (nel
Journ. of. specul. Philosophy, XII, 1878, pp. 93-103).
19. J. Rae, The socialism of K. Marx and the young
hegelians (in The Contemporary Review, 40°, 1881).
20. Andrew Seth, The development from Kant to
H., with chapters on the philosophy of religion (Lon-
don, 1882).
Recens. di G. Fonsegrive, nella Revue philosophique,
1885, XIX, 332-343; e cfr. Mind, VII, 1882,pp. 409-413 —
Dello stesso Seth: H.: an exposition and a criticism,
nel Mind, VI, 1881, pp. 513-530.
21. W. James, On some hegelisms (in Mind, 1882,
pp. 186-208).
22. W. T. Harris, H. % four paradoxes (nel Jour-
nal of specul. philosophy, XVI, 1882, pp. 113-122).
2h6 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
23. Edw. Caird, H. (Edinburgh-London, Black-
wood, 1882, nella serie Philosophical Classics; nuova
ediz., 1903).
Cfr. recensione di R. Adamson, in Mind, voi. Vili,
pp. 432-13H; e in Hevue philosophique, XX, 619.
24. W. P. Ker, Philosophy of art (negli Essays in
philosophical criticismi London, 1883).
25. Walter B. Wines, H* idea .of the nature and
sanction of the law (nel Journal of speculative philo-
sophy, XVIII, 1884, pp. 9-20).
26. W. James, Absolutism and empiricism (nel
Mind, IX, 1884, pp. 281-286).
27. John Steinfort Kedney, f/. 8 Aesthetics, a cri-
ticai exposition (Chicago, 1885: in Grigg's Philoso-
phical classics).
28. S. Alexander, Hs conception of nature (in Mind,
II, 1880, pp. 494-523).
29. F. L. Soldan, H* philosophy of religio?i (nel
Journal of speculative philosophy, XX, 1886, XXI,
1887).
30. A. Seth, Hegelianism and personality (Edin-
burgh-London, 1887, 2. a ed., 1893).
Su questo libro si vedano PhilosophiscTie Monatshefte,
XXVII, 1891, pp. 216-221, e il Mind, XIII, 1888, pp. 256-
263.
31. G. S. Morris, H.* philosophy of the state and of
history (Chicago, 1887; London, 1888).
32. A. M. Fairbairn, H.* philosophy of réligion
(Chicago, 1888, in Griggs Philos. Classics).
P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 267
33. R. B. Haitiane, H. and his recent critics (nel
Mind, XIII, 1888, pp. 585-589).
34. A. Seth, JET. and his recent critics (nel Mind,
XIV, 1889, pp. 116-119).
35. — The present position of the philosophical
sciences (Edinburgh, 1889)
36. .Will. T. Harris, H* Logic: a book on the
genesis of the categories of mind, a criticai expo-
sition (Chicago, Griggs, 1890).
37. J. Me Bride Sterret, Studies in H* philosophy
of religion (London, e New- York, 1891).
38. B. Bosanquet, History of aesthetics (London,
1892).
39. A. Fraser, The psychological basis of hegelism
(nell' American Journal of Psychology, aprile-luglio
1893, V, 472-493).
Cfr. Bevue philosophique, 1893, II, 671.
40. J. Me Bride Sterret, The ethics of H. (Bo-
ston, 1893).
Fu già pubblicato in parte nell' Intern. Journal of ethics
II, 1891-3, pp- 176-200. — Lo stesso autore scrisse: H.*
Aesthetics, in Church Bevieio, XLI, 372, e Hegelianism,
ivi, XLVII, 525.
41. A. J. Balfour, A criticism of current idealistic
theories, (nel Mind, XVIII, 1893, pp. 425-440)!
42. David G. Ritchie, Darwin and H., with other
philosophical studies (London, 1894).
43. J. Watson, The problem of H. (in Philosophical
revieiv, III, 1894, pp. 655-671).
268 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
44. 8. W. Dyde, H* conception of freedom (ivi,
III, 1894).
45. A. Seth, Hegélianism and ite critics (nel Mind,
N. S., Ili, gennaio 1894).
46. W. Wallace, Prolegomena to the study of H*
philosophy and especially of his Logic, second edition
revised and augmented (Oxford, Clarendon Press,
1894).
V. sopra Parte I, v, C, n. 5. Cfr. Bevue philos., 1894,
II, 638-40.
47. R. B. Haldane, H. (in Contemporary review,
voi. 67°, 1895).
48. J. Me Taggart Ellis Me Taggart, Studies in
the hegelian dialectic (Cambridge, Univ. Press, 1896).
I cap. 4° e 5° furon prima pubblicati nel Mind, N. S.,
nn. 1, 2, 8, 10, e in parte nella Itevue de métaphys. et
de morale, 1893. Vedine recensione del Wallace, in Mind,
N. S., V, 1896, pp. 539-554. Cfr. M. Glossner, Ein kritisclier
Anhdnger IL* in England (nel Jahrb. filr Philos. u. spekul.
TheoL, voi. XII, 1893, pp. 383-404).
49. E. Digby, //.• monism and christianity (nel
Monist, ott. 1896).
50. J. A. Leighton, H. % conception of Ood (nella
Philosophical review, V, nov. 1896, pp. 601-618).
51. J. Aug. Me Vannel, JET. 8 doctrine of the will }
a contribution to philosophy (New-York, 1896).
52. H. Haldar, Some aspeets of H.* philosophy (in
Philosophical Review, V, 1896, pp. 263-277).
53. F. L. Luqueer, H. educator (New- York, 1896).
54. E. B. Me Gilvary, The presuppositùm quesUon
P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 269
in H* logie (in Philosophical review, VI, sett. 1897,
pp. 497-520).
55. J. E. Me Taggart, H.* treatement of the cate-
gories of the subjective notion (in Mind, N. S., VI,
1897, pp. 164-181, 342-358)
56. — recens. del libro del Noél, La logique de
H.: v. sopra (in Mina, N. S., VI, 1897, 573-575).
57. E. S. Haldane, Jacob Bòhme and his relation
to H. (in Philosophical Review, marzo 1897).
58. B. Bosanquet, H. s theory of the politicai orga-
nista (in Mind, N. S., voi. VII, 1898, pp. 1-14).
59. — H. % theory of punishement (in Philosophical
Review, VII, I, 1898).
60. E. B. Me Gilvary, The dialectical method (in
Mind, N. S., VII, 1898, pp. 55-70, 233-242, 388-403).
61. D. G. Ritchie, Philosophy and the study of
philosophers (ivi, VIII, 1899, pp. 1-24).
62. J. E. Me Taggart, //.* treatement of the cate-
gories of the óbjective notion (ivi, Vili, 1899, pp. 35-62)
63. — H. % treatement of the categories of Idea (ivi,
IX, pp. 145-183).
64. A. K. Rogers, The àbsolute of H. (in Mind,
N. S., voi. IX, 1900, pp. 332-348).
65. — The hegelian conception of thought (in Philo-
sophical review, IX, 1900), pp. 152-166, 293-310).
66. J. E. Me Taggart, Studies in hegelian cosmo-
logy (Cambridge, Univ. Press, 1901).
I cap. V e VII erano stati già pubblicati neir Interna-
tional Journal of ethics, luglio 1896 e luglio 1897. Re-
270 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA
con sion e di questi stridii, in Philosophical Reviezv, marzo
1903, pp. 187-193.
67. Mac Lcnnan, Trans -subjective realism and
hegelian ism (nella Philosophical Review, voi. X, 1901,
fase. VI).
G8. J. B. Baillio, The origin and significante of'H*
Logic, a generai introduction to H." system (London,
Macmillan, 1901).
G9. J. S. Mackenzie, The hegelian poìnt of view
(nel Mind, gennaio 1902).
70. J. Grier Hibben, H.* Logic, an essay in inter-
pretation (New-York, Scribner, 1902).
71. R. Mackintosh, H. and hegelianism (Edinburgh,
Clark, 1903: nella collezione The world's epoch-
mahrrs).
72. H. A. Overstreet, The process of « reinterpre-
tatioìi » in hegelian dialectic (nel Journal of philos.
psychol. a. scienti fic methods, I, 20).
Si vedano anche, nel libro del Mackintosh, notizie sulla
letteratura hegeliana inglese.
Alcuni articoli anon, su H. si leggono in Nation. Quart.,
XVIII, 108; Contemp. Eev., XX, 529; Journ. of spec.
Philos., Ili, 1869. pp. 344-350. Intorno bXVEnglish hege-
lianism and its religion, nel Church Quart. Eev., XVII,
257 e nel Living age, CLX, 493. Su H. and pantheism, nel-
VAmer. Church Rev., XXI, 382. — Su H. scrisse anche J.
Royce, in Atlantic Mo. } LXVII, 45 sgg.
P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 271
V.
Altre letterature.
1. F. V. Ch. Sibbern, Bemarkninger og Under so-
gélser, fomemmeling betrceffende Hegels Philosophze
betragtet forkoed til vor Jid (Copenhagen, 1838).
2. A. P. Adler, Populceer foredrag over H. B óbiectiv
Logik (Copenhagen, 1842).
3. S. Ribbing, Den hegelska Methodens (in Eri-
stiska Blad, ecc., I, Upsala, 1852).
4. J. Stròm, Om hegelska filosophiens fbrhtìllande
till kristendomer, paraZlelismer, ecc. (Upsala, 1854).
5. Ernest Naville, Het stelsel vari H* ('S Grave-
nhage, 1867).
6. Th. Weber, De Hegelii notionibus finiti infini-
tique commentatio (Vratislaviae, 1868).
7. Eeinbold Geijer, Hegelianism och Positivism
(Lund,1883: in Lunds Universitets Arsskrift, t. XVIII).
8. M. Rodriguez, Ensayo critico sobre los sistemas
filoso ficos de Kant, Fichte, Schelling y H. (Oviedo,
1885).
9. M. Menendez y Pelayo, Historia de las ideas esté-
ticas en Espana, Tomo IV, voi. I (Madrid, 1888):
si veda cap. V, pp. 274-319 « La estética de H. ».
Si veda anche su H. la Historia de la filosofia di C. Gon-
zales (Madrid, 1879).
10. H. Hòffding, Storia della filosofia moderna (in
danese; trad. tedesca di Benedixen, Lipsia, 1895, 2
voli.; trad. ital. in corso, Torino, Bocca, 1906).
Correggere: p. 68, 1. 15 : sola =» solo; p. 81, 1. 25: nell'umanità = del-
l'umanità; p. 119, 1. 13: definitivo =* defluito; p. 183, 1. 11: della
scienza =- dalla scienza; p. 184, 1. 18: o il testamento = e il testa-
mento.
INDICE
Avvertenza Pag. v
Sommario > vii
I. La dialettica, o la sintesi degli op-
posti » 1
II. Chiarimenti circa la storia della dia-
lettica . » 33
III. La dialettica e la concezione della
realtà » 51
IV. Il nesso dei distinti, e la falsa appli-
cazione della, forma dialettica . » 77
V. La metamorfosi degli errori in con-
cetti particolari e gradi della ve-
rità N (La struttura della logica) . . > 97
VI. ' La metamorfosi dei concetti partico-
lari in errori filosofici. I. L'arte e
il linguaggio (Estetica) . . .* . » 115
VII. — II. La storia (Idea di una filosofia
della storia) » 129
Vili. — ILE. La natura (Idea di una filo-
sofia della natura) ..... » 145
IX. La costruzione delle false scienze
e l'applicazione della dialettica
all' individuale e all'empirico . . » 169
274 INDICE
X. Il dualismo non superato. . . . Pag-. 185
XI. La critica e la continuazione del
pensiero di Hegel. — Conclusione » 195
Saggio di una bibliografia hegeliana.
Parte I. Opere di Hegel » 211
I. Pubblicate dall'autore. II. Edizione com-
pleta delle opere e ristampe parziale di
esse. III. Scritti pubblicati sparsamente.
IV. Antologie. V. Traduzioni: a) italiane,
ì>) francesi, e) inglesi.
Parte II. Letteratura intorno ad Hegel > 229
I. Letteratura tedesca: a) biografia, b) trat-
tazioni generali, e) sulla logica, d) sul-
r estetica, e) sull'etica e filosofia del di-
ritto, f) sulla filosofia della religione,
g) sulla psicologia, h) sulla filosofia della
storia, i) sulla filosofia della natura,
k) sulla storia della filosofia, l) varia.
II. Letteratura italiana. III. Letteratura
francese. IV. Letteratura inglese. V. Altre
letterature.
GIUS. LATERZA & FIGLI editori . BARI
CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA
COLLANA DI TESTI E DI TRADUZIONI ITALIANE
a cura di B. CROCE e G. GENTILE
Nel presente risveglio degli studii filosofici italiani ci
pare giunto il momento di apprestare ad essi quel po-
tente sussidio, che fin oggi è loro mancato, dell'agevole
lettura dei classici. Pur troppo, le opere che rappresen-
tano i momenti principali nella storia del pensiero filo-
sofico moderno, sono nate, quasi tutte, fuori d* Italia, e
sono scritte in una lingua straniera. Di quelle poche, che
sono state scritte da italiani, e in italiano, come de' Dia-
loghi di Bruno e della Scienza nuova di Vico, non senza
grandi difficoltà si riesce ad acquistare oggi una buona
edizione. È vero che dal 1860 in qua la conoscenza delle
lingue straniere si è diffusa tra i nostri studiosi, e che
parecchi ora leggono non solo i filosofi francesi, ma gli
inglesi e i tedeschi nella loro lingua originale. Ma nes-
suno ha numerati questi parecchi; e e' è ragion di temere
che non siano poi quanti si immaginerebbe dai facili giu-
dizi che corrono in fatto di storia della filosofìa, e dal
tono sicuro di essi. La verità è, che la conoscenza dei
classici è generalmente attinta dalle esposizioni, dalle
monografie, dai manuali, attraverso i quali il più divin
s 1 invola. Ai clàssici si ricorre, volta per volta, per riscon-
276 CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA
trare nel testo passi già riferiti, già noti, già discussi;
e se ne leggono pagine, capitoli, brani di libri; ma non
si leggono i libri; e col sistema, con lo spirito degli
autori non s'acquista familiarità. V è, quindi, l'erudito,
magari ; ma manca il dotto, e non si ha nemmeno lo stu-
dioso colto. Diciamo, generalmente; perchè d'ordinario
non si perviene ad avere delle lingue straniere tal padro-
nanza da leggerne la letteratura senza fatica; e anche
perchè dei libri stranieri non si hanno ristampe italiane,
adatte alle condizioni economiche di quelli che per solito
coltivano in Italia questi s.tudii. Le edizioni straniere, per
lo più molto costose, si ricercano nelle pubbliche biblio-
teche, dove non sempre si trovano le migliori, le più re-
centi. Ma chi non sa che i libri, che si studiano meglio,
sono quelli che ci appartengono?
C'è, d'altronde, una classe di studiosi, la più nume-
rosa e la più importante per l'avvenire della scienza,
quella degli studenti, alla quale l'uso delle fonti della
storia della filosofia moderna riesce quasi impossibile. En-
trano nelle università sforniti di ogni cognizione di lin-
gue straniere. Secondo i programmi, dovrebbero pur co-
noscere il francese ; ma, per quel difetto di letture e abuso
di grammatiche che son proprii delle nostre scuole di
oggi, accade che, quando i ragazzi escono dal ginnasio
e hanno già compiuto e per lo più quindi tralasciano lo
studio di questa lingua, non sono in grado di leggere
seguitamente, intendendola, una pagina di uno scrittore
classico. Quando escono dal liceo, non ne sanno poi certo
di più. Sentono bensì tosto il bisogno di rifarvisi, e an-
che d' imparare almeno il tedesco, per poter profittare ne-
gli studii scientifici. Ma, appunto, mentre imparano, essi
CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 277
dovrebbero leggere i classici ; e non possono. Quel poco,
che hanno imparato prima di addottorarsi, basta appena
a leggiucchiare la « letteratura dell'argomento » per la
tesi di laurea. E gli studii si terminano senza il fonda-
mento necessario a una schietta cultura filosofica : la co-
noscenza diretta della storia del pensiero. Poi bisognerà
« tenersi al corrente »; e per l'antico, cioè per le fon-
damenta, non ci sarà più né tempo né voglia. Gl'inse-
gnanti di storia della filosofìa sanno bene quali e quante
difficoltà tocca loro di superare, se vogliono dedicare, come
è pur necessario, un corso di conferenze alla lettura e
alla illustrazione di un testo moderno. Onde tornano per
lo più alla filosofia greca, per la quale quel tanto di greco,
che si porta dai licei, basta, col sussidio delle traduzioni,—
che non mancano, — a far le spese della lettura di un
testo.
La filosofia, pertanto, cominciata e continuata a stu-
diare nella bibliografia, nella erudizione"e nella critica,
diventa e resta ne' cervelli dei 'dottori di essa una ma-
teria morta di memoria, o, al più, un soggetto indiffe-
rente di disquisizioni e indagini filologiche; ma non ap-
parisce mai qual'è per la natura sua, e quale si agita
nella ricerca ansiosa e nella trepida esposizione del filo-
sofo, come vita intima e palpitante dello spirito: non
illumina e non riscalda.
Non v'ha dubbio che questa sia stata una delle cause
principali della mediocrità filosofica italiana nell'ultimo
cinquantennio. Non è mancata l'erudizione e la critica;
ma non c'è stata la filosofia, né l'animo [filosofico /Come
non v'ha dubbio che l'innegabile incremento delle spe-
culazioni filosofiche, avvenuto in Francia in questo me-
278 CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA
destino periodo, sia in gran parto dovuto all'intimo con-
tatto che gli studiosi francesi han potuto avere con le
filosofie straniere, specie la tedesca, mercè le traduzioni,
molte buone, alcune ottime, che si son procurate delte
opere maggiori di quella letteratura filosofica. Del solo
Kant, che non si può dire non sia stato studiato in Ita-
lia, chi non conosce le traduzioni francesi del Tissot e
del Barai? La Critica detta ragion pura fu tradotta éal-
l'una e dall'altro; e ora entrambe le traduzioni sono esau-
rite, e già se ne annunzia una terza a cura dei signori
Pacaud e Tremesaygues con prefazione. dell'HannequiiK
La Ragion pratica è stata tradotta due volte, prima, im-
perfettamente, dallo stesso Barai, e recentemente,, molto
bene, dal prof. Picavet. E in Francia non leggono e ado-
perano queste versioni i soli scolari e profani, ma gli
stessi maestri; segno che esse entrano proprio nella let-
teratura filosofica nazionale. E in Italia? Chi può ricor-
dare la vecchia traduzione — per altro, irreperibile —
della Ragion pura, pubblicata a Pavia da un cav. Man-
tovani del 1822 al 1826? Essa fu subito dimenticata,, e
gli storici del kantismo in Italia ne sanno il valore. Tutta
la cultura kantiana, che il pensiero francese certo ha ri-
cevuto dalle menzionate traduzioni e da quelle di altre
opere kantiane che gli diedero il* Tissot stesso e lo stesso.
Barai, è interamente mancata al pensiero italiano. Tanto
lievito potentissimo di meno ! Oggi noi italiani non ab-
biamo una traduzione né anche della Ragion pura, men-
tre gl'inglesi ne hanno una classica dovuta a Max Mùller,
e perfino gli spagnuoli ne hanno avuta una da D. José del
Perojo, preceduta da una vita di Kant e dalla storia delle
origini della Critica di K. Fischer. Gl'inglesi hanno trar
CLASSICI DELIA FILOSOFIA MODERNA 279
dotto quasi tutte le principali opere straniere della filo-
sofia moderna. I tedeschi hanno nella loro lingua la
grande Philosophàsehe Bibliothek, o raccolta delle opere
principali della filosofia antica e moderna, intrapresa
nel 1868 dal Kirchmann ; hanno anche tradotto i dialoghi
di Bruno, e, ciò che era più difficile, tutta la Scienza
nuova di Yico. E sono i tedeschi, ossia la nazione della
più ricca letteratura filosofica.
In Italia il desiderio d'impinguare il materiale della
cultura filosofica fa sentito appunto negli anni dopo il
1815, quando, per note ragioni, si senti più forte il bi-
sogno-speculativo, e si preparò infatti la 'fioritura del
nuovo risorgimento, dal Galluppi al Gioberti, anzi alio
Spaventa. E a Pavia dal 1818 al '26 la tipografia Biz-
zoni stampò più di 40 volumi di una Collana di classici
metafìsici, in cui si diedero tradotte opere di Cartesio,
Malebranche, Locke, Cudworth, Condillac, Hume, Kant,
Destutt de Tracy, Laromiguière. Ma a chi diresse la rac-
colta, se può dirsi che questa abbia avuta una direzione
(collettori si chiamavano coloro che la curarono, G. Ger-
màni, L. Bolla e D. Sacchi), mancò la preparazione ne-
cessaria alla scelta dei testi e alla revisione delle tra-
duzioni; come mancò ai traduttori la conoscenza suffi-
ciente delle lingue straniere e della propria e l'adeguata
cultura filosofica. Di quelle traduzioni gli stessi eruditi
non ricordano se non quella di Kant, fatta dal Manto-
vani; e la ricordano per dire che fu pessima. Pure, quei
libri dovettero esser letti, e far pensare. Nel 1832 l'edi-
tore Antonio Fontana di Milano imprese a pubblicare
una Biblioteca dell 'intelletto, ossia Scélta raccolta di opere
italiane e straniere antiche e moderne destinate alla col-
280 CLA8SICI DELLA FILOSOFIA MODERNA
tura della mente; incominciando coi due volumi del Ma-
nuale della storia della filosofia del Tennemann, trad. da
F. Longhena, con note e supplementi dei professori
G. D. Romagnosi e B. Poli. E questa biblioteca avrebbe
dovuto dirigerla Romagnosi, che non sarebbe stato certo
un « collettore », come già dimostrano le sue note al
Tennemann; ma ne uscirono solo alcuni volumi, conte-
nenti opere del Genovesi, del Jannelli, del Talia e di
qualche altro.
Il disegno nostro non è di procurare una qualsiasi rac-
colta di filosofi moderni tradotti, senza un principio e
senza un ordine; anzi di fornire, a chi voglia procurarsi
in Italia cultura filosofica, una serie facilmente acces-
sibile di testi, che nel suo complesso rappresenti diret-
tamente e pienamente la storia della filosofìa moderna
ne' suoi momenti principali: una storia, com'è naturale,
quale si disegna alla nostra mente, e informata ai prin-
cipii che si propugnano nella rivista La Critica, che da
tre anni andiamo pubblicando. Delle opere latine e ita-
liane pensiamo di dare il testo originale, criticamente
corretto; delle straniere, una traduzione quanto più fe-
dele è possibile e in buona forma italiana. Le latine non
crediamo opportuno tradurre, e perchè il latino è, e deve
sperarsi che resti, un elemento immancabile dell'educa-
zione d'ogni persona colta d'Italia; e perchè il latino del
Novum organum e dell 'Etilica è cosi intimamente conna-
turato al pensiero che esprime, che svestire questo delle
sue formule native varrebbe troppo apertamente sfigu-
rarlo. Tutti i testi saranno illustrati da note sobrie, pu-
ramente storiche e filologiche, per non sovraccaricare le
opere classiche del peso delle tante discussioni cui la
y
CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 281
loro interpretazione ha dato luogo, e per non impedirne
la genuina impressione. Lasciamo parlare i filosofi \ Per
soddisfare il bisogno d'indicazioni critiche e bibliogra-
fiche, sarà dato ai lettori, nel corso della pubblicazione
della serie, o alla fine di essa, uno speciale volume, con-
tenente un sommario critico della filosofia moderna, cor-
redato di scelte notizie bibliografiche.
A questo modo noi speriamo, nel giro di non molti anni,
di poter provvedere il pubblico italiano di edizioni accu-
rate e a buon mercato di libri, ora così poco alla mano,
come i Dialoghi di Bruno; il De sensu rerum di Campa-
nella; il Novum organum e le parti principali degli altri
scritti baconiani; il Discorso, le Meditazioni, i Principii di
filosofia e le Passioni dell'anima di Cartesio ; il Leviathan
diHobbes; V Ethica e le Epistole di Spinoza; il Saggio
di Locke; il Trattato sui pHncipii della conoscenza umana
e i Dialoghi tra Hylas e Filonbus di Berkeley; la Teo-
dicea, la Monadologia, i Principii della natura e della gra-
zia, i Nuovi saggi e altri scritti minori di Leibniz ; la se-
conda Scienza nuova di Vico ; il Trattato e la Ricerca sul-
l'intelletto umano di Hume; le tre Critiche di Kant; la
Dottrina della scienza di Fichte ; il Sistema dell' idealismo
trascendentale di Schelling ; la Fenomenologia, Y Enciclo-
pedia e altri scritti di Hegel ; l' Introduzione alla filosofia
di Herbart; e qualche altra opera, delle più notevoli,
che si stimerà d'aggiungere a queste menzionate. La
collezione intera sarà chiusa in venticinque o trenta
volumi.
I sottoscritti avranno collaboratori alcuni amici, valenti
negli studi filosofici e nella conoscenza delle lingue stra-
niere e dello scrivere italiano; ma, col rileggere tutte
282 CLAS8ICI DELLA FILOSOFIA MODERNA
le traduzioni e col determinare le note necessarie, pro-
cureranno di serbare alla collezione l'unità del metodo
indicato.
Napoli, gennaio 1905.
B. Croce
G. Gentile
Noi primi giorni del novembre 1906 saranno pub-
blicati:
1. G. G. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filo-
sofiche in compendio, tradotta da B. Croce.
2. Giordano Bruno, Dialoghi metafisici, con note
di G. Gentile.
3. Emmanuele Kant, Critica del Giudizio, tradotta
da A. Gargiulo.
GIUS. LATERZA & PIGLI ' Editori
Biblioteca di Cultura Moderna
1.° Paolo Orano — Psicologia sociale. . L 3,00
2.° B. King e T. Okey — L'Italia d'oggi . » 4,00
3.° Ettore Cicciotti — Psicologia del Movi-
mento socialista . » 3,00
4.° 6. Amadori- Virgili — L'Istituto fami-
gliare nelle società primordiali ...» 2,50
5.° A. Martin — L'Educazione del carattere » 5,00
6.° Q. De Lorenzo — India e Buddhismo antico » 3,50
7.° V. Spinazzola — Le origini ed il cam-
mino dell'Arte » 3,50
8.° Remt de Gourmont — Fisica dell'Amore
(Saggio sull'istinto sessuale) . . » 3,50
9.° C. Cassola — I sindacati industriali. Car-
telli - Pools - Trusts » 3,50
10.° G. Marchesini — Le finzioni dell'anima.
Saggio di Etica pedagogica ...» 3,00
11. E. Reich — Il successo delle Nazioni . » 3,00
12.° C. Barbagallo — La fine della Grecia antica » 5,00
13.° P. Novati — Attraverso il Medioevo . . » 4,00
14.° I. E. Spingarn — La Critica letteraria nei
Rinascimento > 4,00
15.° T. Carlyle — Sartor Resartus . . » 4,00
16.° F. Carabellese — Nord e Sud attraverso
i secoli » 3,00
17.° B. Spaventa — Da Socrate a Hegel . . » 4,50
18.° A. Labriola — Scritti vari di filosofia e
politica a cura di B. Croce ...» 5,00
19.° A. I. Balfour — Le basi della fede. . . » 3,00
20.° C. De Freycinet — Saggio sulla Filosofia
delle Scienze » 3,50
21.° B. Croce — Ciò che è vivo e ciò che è morto
della filosofia di Hegel > 3,50
22.° L. Hearn -y- Kokoro (Cenni ed echi del-
l'intima vita giapponese) .... » 3,50
23.° F. Nietzsche — Le origini della tragedia » 3,00
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